Veleni dalla fabbrica in fiamme,
l'ombra della regia criminale

Veleni dalla fabbrica in fiamme, l'ombra della regia criminale
di Gianni Colucci
Sabato 14 Settembre 2019, 08:00 - Ultimo agg. 14:20
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Bisognava escludere che ci fosse qualsiasi legame con l'incendio di Battipaglia. È stato l'obiettivo che la procura di Avellino ha ritenuto prioritario per tutto il pomeriggio di ieri. Lo stesso sottosegretario agli interni Sibilia ha voluto avere continue informazioni su come procedessero le attività di spegnimento dell'incendio e si è informato presso gli inquirenti. In serata l'esponente irpino del governo ha incontrato gli uomini direttamente sul luogo del disastro. «Sono stato aggiornato in tempo dal Comitato Ordine e Sicurezza - ha detto - Il danno ambientale sarà valutato dall'Arpac affinché si possa tutelare la salute dei cittadini in una zona, già di per sé profondamente complicata».
 
L'idea che una fabbrica fosse finita nel mirino ha serpeggiato per tutto il pomeriggio di ieri, anche a causa delle informazioni ufficiose che arrivavano dai dirigenti dello stabilimento, raccolte anche da Mattino: «Non posso escludere che possa esserci stato un atto doloso alla base dell'incendio: per mesi, anche quando ci sono state temperature torride non abbiamo mai avuto problemi», dice il direttore dello stabilimento Icm, Franco Vena. Ed è quanto intende appurare la procura della Repubblica di Avellino che, su disposizione del procuratore Rosario Cantelmo, ha immediatamente avviato un'inchiesta. Una procedura sprint cominciata sostanzialmente mentre i vigili del fuoco stavano ancora domando le fiamme. Alla ricerca di ogni elemento buono per l'indagine, gli uomini del nucleo investigativo e quelli dei carabinieri del Noe. Insomma non si voleva in alcun modo che la scena potesse essere modificata una volta spente le fiamme, e anche durante l'attività che ha consentito di circoscrive, in una decina di ore di lavoro le fiamme, si sono raccolti elementi utili: sia sulla scena, dove c'era un'area praticabile e dall'alto con i droni.

«È prematuro valutare le dinamiche e le cause che hanno determinato l'evento nonché l'entità dei danni a fabbricati (condotti in locazione), merci e impianti. Non risultano danni a persone e il materiale incendiato è costituito da cassette in plastica (esclusivamente polipropilene)», spiegano dalla Seri industriale di cui l'azienda irpina è una partecipata. La pista del dolo è scatta immediatamente. Innanzitutto perché l'area interessata si trova nei pressi di altri importati stabilimenti, e presso il sito di IrpiniAmbiente, l'azienda che cura il ciclo dei rifiuti in provincia di Avellino e gestisce un'area di stoccaggio di ecoballe, comprese quelle che sono bloccate per l'indisponibilità dell'inceneritore di Acerra in manutenzione.

Dolo ma anche una cattivo funzionamento del sistema anti-incendio del sito. Ecco la seconda delle piste che battono gli inquirenti. «Non siamo al momento in grado di individuare le cause dell'incendio. Sarebbe azzardato dire che cosa ha a completamente distrutto il sito industriale a Pianodardine», dice il procuratore aggiunto D'Onofrio che per ore, con la mascherina sulla bocca ha perlustrato la zona. Il magistrato si è avvalso degli uomini del Noe e dell'Arpac per ricostruire momento per momento per momento l'incidente, sia per quantificare la situazione di contaminazione.

La zona destinata agli insediamenti produttivi di Avellino è sostanzialmente una bomba ecologica. A poche centinaia di metri dalla fabbrica distrutta, sorge l'area dell'ex Isochimica, imbottita di amianto. A poche centinaia di metri sorge lo Stir che stocca ecoballe.

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