Coronavirus, al Moscati di Avellino
​continuano i contagi tra il personale

Coronavirus, al Moscati di Avellino continuano i contagi tra il personale
di Antonello Plati
Domenica 8 Novembre 2020, 12:03
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Il Covid 19 colpisce ancora all'interno dell'ospedale: sono risultati positivi un tecnico di Radioterapia, un anestesista (assegnato al reparto di Ostetricia e Ginecologia) e un'infermiera di Geriatria dell'Azienda Moscati. Il primo si sarebbe contagiato per contatto diretto con un paziente entrato in reparto per una prestazione programmata (che soltanto dopo aver effettuato la terapia ha comunicato la positività); l'altro, invece, avrebbe scoperto di aver contratto il nuovo coronavirus a seguito dello screening periodico effettuato sul personale; mentre l'infermiera, dopo aver avvertito i primi sintoni della malattia, ieri mattina s'è recata in pronto soccorso dove le è stato somministrato il tampone molecolare che ha confermato il contagio.

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Sempre ieri, una donna di 34 anni di Solofra, già positiva al Covid 19, ha dato alla luce un bambino.

In mattinata, avvertendo chiari segnali dell'imminenza del parto, la giovane aveva allertato la centrale operativa del 118. Non avendo ricevuto disponibilità immediata da parte del policlinico Federico II di Napoli (individuato dall'Unità di crisi come centro di riferimento regionale per la gestione delle donne in gravidanza positive al Covid 19), gli operatori del 118 si sono rivolti al Moscati. Qui è stato attivato il percorso predisposto per l'accoglienza e il trattamento delle partorienti infette. Nel pomeriggio, in ambiente protetto, è nato Giovanni Antonio: il piccolo è in buone condizioni, pesa poco più di 3 chili, e si trova in isolamento nell'Unità operativa di Patologia neonatale.Anche la mamma non presenta alcuna complicazione. Nelle prossime ore si conoscerà l'esito del tampone naso-faringeo effettuato al nascituro.

Tornando ai «contagi interni», la situazione comincia a preoccupare. L'altra settimana erano risultati positivi un altro anestesista e un infermiere del reparto di Anestesia e Rianimazione (non nel Covid Hospital, ma nella città ospedaliera), due Oss in Medicina d'urgenza e un'infermiera in Geriatria. In totale, dall'inizio di questa seconda ondata epidemica, sono 19 gli operatori sanitari che hanno contratto il virus sul posto di lavoro (nella prima fase dell'emergenza pandemica erano stati più di 50 solo al Moscati). Mentre sono 11 i pazienti entrati in ospedale per curare altre patologie e che hanno finito per infettarsi in corsia. Ancora in affanno il pronto soccorso. Sono ripresi gli accessi di utenti che provengono dal Napoletano, diversi quelli arrivati da Nola e zone limitrofe sia a bordo delle ambulanze sia con mezzi privati.

Nel pomeriggio, la centrale operativa 118 avrebbe comunicato la chiusura del pronto soccorso dell'ospedale Santa Maria della Pietà di Nola (afferente all'Asl Napoli 3, tra quelle più in difficoltà in questo momento nell'intera regione) a seguito di un'ispezione del Nas dei carabinieri. Quindi il dirottamento, quasi obbligato, dei mezzi di soccorso su Avellino. Affollata, come sempre, l'area covid (15 posti letto), dove nelle ultime 24 ore sono transitati diversi pazienti critici tra i 40 e 50 anni. Intanto, le parti sociali sono in agitazione. Domani, a supporto della manifestazione nazionale presso il Ministero della Salute, l'Unione sindacale di base (Usb) terrà un presidio presso l'Asl di Avellino, in via degli Imbimbo.

«La trasmissione del contagio è fuori controllo», fanno sapere dalla sede territoriale di Avellino. «Gli ospedali non riescono già più a garantire le prestazioni no Covid, con l'aumento del tasso di mortalità e un impatto devastante sull'aspettativa di vita nel medio e lungo periodo». Medici, infermieri e personale sanitario sono di nuovo alle prese con carichi di lavoro insostenibili, mentre aumentano i casi di contagio tra gli operatori e continuano a non essere garantite le condizioni di lavoro in sicurezza: «In Campania, il governatore De Luca impegnato nella sua campagna elettorale non è riuscito a rafforzare né i dipartimenti di prevenzione e neanche la medicina territoriale; non sono aumentati stabilmente i posti letto né sono stati riaperti reparti e ospedali dismessi. Non sono stati previsti percorsi separati, rendendo di fatto insicure le cure per tutti».

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