Ecosistema urbano, da Legambiente
sonora bocciatura per Avellino

Ecosistema urbano, da Legambiente sonora bocciatura per Avellino
Martedì 9 Novembre 2021, 08:47
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Poco verde e maltenuto, aria inquinata, trasporti pubblici profondamente carenti, zero piste ciclabili e reti che fanno acqua da tutte le parti. La sedicente verde Avellino è tra le città meno «green» d'Italia. La nuova bocciatura, numeri alla mano, arriva dal rapporto «Ecosistema urbano», di Legambiente e Ambiente Italia e fa male. Verde urbano, qualità dell'aria, mobilità pubblica, piste ciclabili e dispersione idrica: le 5 categorie dello studio vengono declinate alla luce di 18 parametri, e sulla base dei dati del 2020. Viene fuori che Avellino si piazza al settantaquattresimo posto in Italia su 105 capoluoghi di provincia. In Campania, fa meglio di Napoli e Salerno, ma decisamente peggio di Benevento e Caserta. La città che non ha nulla a che vedere con Copenaghen o Amsterdam registra alcune performance disastrose. In particolare, è ottantaquattresima per il verde urbano e addirittura novantaquattresima per la presenza di smog. Nulla di nuovo sotto al sole, nel capoluogo in cui gli alberi continuano ad andare giù, le nuove piantumazioni somigliano a una chimera, e le polveri sottili regnano incontrastate. Sul versante idrico, mentre Alto Calore si gioca il proprio futuro nel Tribunale fallimentare di Napoli, siamo novantesimi per la dispersione della rete e centotreesimi per i consumi. Ma è sui trasporti che l'attuale amministrazione comunale sembra avere le responsabilità più gravi. Avellino è novantaduesima per presenza di piste ciclabili e addirittura novantottesima per l'offerta del trasporto pubblico. Va leggermente meglio, ma non è certo una buona performance, rispetto al dato della presenza dei passeggeri, che ci vede cinquantaseiesimi. Sarà colpa dei ritardi della metro leggera - il cui futuro si deciderà oggi a Napoli - e dell'Autostazione, della mancata manutenzione dell'unica pista ciclabile esistente (a via Palatucci) o dello scempio di viale Italia su quella da un anno interrotta? Avellino è anche la città in cui il trasporto su ferro è stato praticamente azzerato.

Esclusa dall'Alta Velocità, la sua stazione, quella di Borgo Ferrovia, è chiusa da 2 anni.

Gli altri parametri, meno disastrosi, consegnano comunque l'imperativo categorico che bisogna invertire la rotta, passando dagli annunci ai fatti. Avellino è ventottesima per la presenza del solare pubblico e quarantottesima per l'uso efficiente del suolo. Per la presenza di isole pedonali, il capoluogo - che vanta il corso principale inibito al traffico - è trentasettesimo. Nei rifiuti, siamo quarantaduesimi per il tasso di differenziata e quarti per la produzione pro capite. Qui incide positivamente la svolta voluta nel 2017 dall'amministrazione Foti, con l'eliminazione dei cassonetti e il sistema del porta a porta esclusivo. Ma dal rapporto emerge una radiografia dei tanti punti su cui l'attuale amministrazione deve necessariamente fare di più. E che fa il paio con le pessime performance sulla qualità della vita e il gradimento del sindaco, ormai in picchiata. A sorpresa, se lo smog è dovunque, l'ozono ci vede primi in Italia.

 

E siamo tra i migliori, cioè secondi, anche per l'efficienza della depurazione. Inutile dire come l'intero Mezzogiorno esca ancora ridimensionato dalla classifica. Tra le prime 20 (il podio è appannaggio di Trento, Reggio Emilia e Mantova), ci sono solo città del Nord. Ad eccezione di Cagliari, che è sedicesima. In Campania, Benevento ci stacca piazzandosi al cinquantasettesimo posto, Caserta è sessantaseiesima. Pessimo il dato di Napoli, novantunesima, e fa ancora peggio Salerno, al novantaquattresimo posto. Il gap ambientale della città di Avellino è ormai un fatto drammaticamente noto. Il capoluogo - dati Arpac - ha già sforato 48 volte le soglie massime di Pm10, rispetto ad un limite annuo di 35, e non riesce ad incidere per arginare le emissioni. Venerdì mattina, la Prefettura ha convocato il sindaco Gianluca Festa, e tutti i primi cittadini dell'hinterland, più Asl, Arpac e Forze dell'Ordine, per immaginare un piano di azione contro l'emergenza. Ciò che mancano, almeno secondo i dati del rapporto, sono la programmazione di medio e lungo periodo e l'attività ordinaria.

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