«In aumento le minori vittime di revenge porn: venite a denunciare»

ll vicequestore Aurilia: "In un anno 129 interventi in codice rosso"

ll Vicequestore Aurilia
ll Vicequestore Aurilia
di Katiuscia Guarino
Sabato 25 Novembre 2023, 09:50
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Botte, minacce, vessazioni psicologiche, revenge porn con minorenni coinvolti. Dall'inizio dell'anno la Questura ha effettuato 129 interventi di codice rosso in Irpinia. Il vicequestore Gianluca Aurilia, capo della Squadra Mobile di Avellino, con i colleghi di via Palatucci e dei commissariati porta avanti un'attività costante e delicata per trattare questi casi. Numeri importanti, che sono leggermente inferiori alle cifre registrate lo scorso anno: 262 nel 2022.
Vicequestore Aurilia, quale la situazione in Irpinia?
«Dall'inizio dell'anno gli interventi di codice rosso sono stati 129. Pensiamo che entro la fine del 2023 si possa aggiungere un'altra cinquantina di casi. Abbiamo constatato che eseguiamo un intervento ogni tre giorni».
Come si procede per queste attività particolarmente delicate che spesso toccano la sfera familiare e coinvolgono i bambini?
«Gli interventi per codice rosso sono relativi a stalking, maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale. In tali casi, sentiamo la vittima entro tre giorni sotto il coordinamento della Procura. Comunque, noi cerchiamo di fare ciò nell'immediato, al fine di capire se esistono rischi per l'incolumità della vittima. Quando agiamo verifichiamo subito se ci sono bambini o testimoni».
Quali richieste d'aiuto giungono alla vostra attenzione?
«Sono diverse. Devo dire che le violenze spesso non sono solo fisiche, ma anche verbali. Parliamo di vessazioni psicologiche. E non mancano gli episodi di mariti violenti che chiudono in casa le donne, costringendole così a non uscire».
Le vittime sono anche minorenni.
«Abbiamo ricevuto denunce di revenge porn con minorenni vittime. Episodi che, talvolta, sono venuti fuori perché la ragazzina lo ha confidato all'amica e quest'ultima a qualche docente. Il contributo della scuola è importante».
Dopo la richiesta di intervento e la presa in carico della vittima, che accade?
«Gli interventi di codice rosso dunque sono tanti. Ma capita, non di rado, che la vicenda viene archiviata perché la vittima, pur essendo maltrattata, chiede la non punibilità del marito o compagno».
Perché si verifica questo?
«Spesso è dovuto alla mancanza di prospettive. Le donne non hanno indipendenza economica e quindi si sentono costrette a tornare da chi le aggredisce. Capita anche di non avere elementi sufficienti che ci consentono di proseguire. La difficoltà nostra è dimostrare cosa accade tra le mura domestiche. In ogni caso non lasciamo le donne da sole. Svolgiamo un'attività di monitoraggio frequente, al fine di tutelare chi ha chiesto aiuto».
In che modo?
«Possiamo contare su personale specializzato, composto prevalentemente da donne che accolgono e ascoltano la vittima. Cerchiamo quindi di rassicurarla e raccogliere quanti più elementi di prova. Se non abbiamo referti o testimonianze bisogna capire che tipo di maltrattamenti subisce la persona. In base a ciò che abbiamo riscontrato, il giudice adotta le misure cautelari».
Che tipo di reato si registra con maggiore frequenza?
«I maltrattamenti in famiglia. E ancora vessazioni psicologiche e violenze fisiche, con la donna malmenata fino a finire in ospedale. Abbiamo riscontrato casi in cui il marito è violento sia con la moglie, sia con i figli. Questa situazione abbraccia tutte le fasce d'età e principalmente coppie consolidate e con bambini piccoli. Abbiamo anche episodi di anziane maltrattate. Il livello culturale dei mariti o dei compagni violenti è medio-basso e in tanti abusano di alcol e droga. Comunque, alla base c'è un'indole violenta. La violenza nei confronti delle donne è anche quella perpetrata da parte di figli nei confronti delle madri o delle sorelle. In questi casi però c'è una problematica di fondo: disagi psicologici, uso di stupefacenti o abuso di alcol».
Quale appello si sente di rivolgere alle donne?
«La denuncia è l'unico strumento per poter essere aiutate. L'appello è anche di fidarsi e rivolgersi ai centri antiviolenza. Attraverso il loro supporto riusciamo a procedere».
 

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