L'ascesa in Valle Caudina
con «l'aiuto» dei casertani

L'ascesa in Valle Caudina con «l'aiuto» dei casertani
di Gianni Colucci
Martedì 22 Febbraio 2022, 07:43 - Ultimo agg. 07:44
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Il diktat era: profilo basso. Come era sempre accaduto fino ad ora. Ma qualcosa si è rotto e i due che hanno agito sabato pomeriggio a Cervinara sono andati ben oltre le direttive dei responsabili delle piazze di spaccio. Non era previsto che i due prendessero iniziative autonome, era indispensabile che ogni diatriba fosse passata al vaglio dei loro referenti, in ogni caso mai agire in maniera plateale. Invece non è andata così e Maglione addirittura si è portato un complice giovanissimo con lui, incurante del sistema di telecamere, senza una attenzione minima alle precauzioni che raccomanda l'organizzazione. E quella che doveva essere una discussione, che al massimo poteva diventare un pestaggio, si è tramutata in un'esecuzione.


Le forze dell'ordine hanno individuato subito i giovani, data la disponibilità di immagini dei sistemi di videosorveglianza. E subito hanno ricostruito legami, storie familiari, trascorsi. E si è aperto un nuovo file nella testa degli investigatori. A chi rispondono Maglione e Moscatiello? C'è una data che appare significativa ed è quella del 31 marzo 2019, che le cronache ricordano come il giorno della strage di Durazzano.

Il capoclan Mario Morgillo e il genero, Andrea Romano, furono uccisi a fucilate da Francesco D'Angelo, poi subito arrestato. A settembre una bomba sotto casa Morgillo, il capoclan dei «Pecorari», il clan Massaro che gestiva droga e armi tra Arienzo e San Felice a Cancello. Allora si aprì una contesa per lo spaccio nella Valle di Suessola, al confine con la Valle Caudina. Fu il momento in cui nei rapporti tra il clan Massaro e i Pagnozzi ci fu una svolta.


Il 26 marzo del 2020 la chiusura indagini sugli uomini del clan Pagnozzi operanti nel racket in Valle Caudina. La Direzione distrettuale antimafia strinse il cerchio su un gruppo attivo nella Valle Caudina, il pubblico ministero della Dda Luigi Landolfi ricostruì lo scenario dell'attività di Pietrantonio Morzillo che con altre dieci persone, in particolare il sammartinese Rinaldo Clemente, e i fratelli Biagio, Alessandro e Pasquale Massaro di Airola, era accusato in concorso di estorsione e associazione per delinquere con le aggravanti «di aver commesso il fatto avvalendosi della condizioni di assoggettamento e di omertà al fine di agevolare l'organizzazione camorristica clan Pagnozzi». Il clan, scriveva il magistrato è «operante nei comuni di Moiano, Montesarchio e San Martino Valle Caudina e paesi limitrofi». L'organizzazione sulla quale si chiusero le indagini operava al fine di affermare la supremazia dell'organizzazione dei Pagnozzi sul territorio.

Questa massa di informazioni al vaglio degli investigatori conduce dritto dritto alla faida che si è aperta dal giorno in cui, era appunto il settembre 2020, venne ucciso Orazio De Paola. La morte di Nicola Zeppetelli e l'agguato dell'11 febbraio scorso in cui rimase gravemente ferito Fiore Clemente, 60 anni, considerato dagli investigatori un esponente di primo piano negli anni ruggenti del clan Pagnozzi, affondano in quell'humus.


Entrambi i fatti di sangue incrocerebbero gli interessi di nuovi clan, in particolare il clan Massaro della provincia di Caserta, a raccogliere l'«eredità» del declinante clan che conobbe il suo periodo di massima espansione nei primi anni Ottanta, quando a guidarlo era Gennaro Pagnozzi, detto o Giaguaro, morto nel 2016 per infarto dopo una udienza in tribunale.Agli investigatori il compito di comprendere se è in atto uno scontro, una nuova guerra di camorra tra esponenti collegati direttamente o indirettamente, al clan Pagnozzi e che oggi sono in lotta tra loro per assumere posizioni di guida anche con il sostegno del clan Massaro. Non a caso la villetta di Arienzo dove sono stati catturati dai carabinieri Maglione e Moscatiello è di proprietà di un uomo molto vicino all'ex capozona del clan Massaro, Michele Rivetti era un capoclan ad Arienzo , patrigno di Maglione, e sta scontando una condanna a trent'anni di reclusione. Rivetti uccise nel 2011 Elisa Affinita, 40 anni, madre di Maglione, in un quartiere popolare di Cervinara. Il presunto killer di Zeppetelli aveva allora 17 anni
 

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