Picariello: «Sul palcoscenico riesco a esprimere me stesso»

L'inizio nei laboratori teatrali a scuola

Maurizio Picariello
Maurizio Picariello
Domenica 22 Gennaio 2023, 10:46
4 Minuti di Lettura

Poco più che quarantenne, Maurizio Picariello è già un attore di lungo corso, vincitore di numerosi premi ed impegnato nel teatro sociale, per il recupero delle fasce emarginate. Il suo Teatro di Gluck è una costola del 99 Posti di Mercogliano, dove, ormai da anni, tiene i laboratori per gli adolescenti dagli 11 ai 18 anni. I suoi maestri sono stati Gianni Di Nardo, Paolo Capozzo, con cui recita spesso, partecipando alle proposte artistiche di genere contemporaneo. Il suo grande mentore è stato il compianto Federico Frasca, antesignano delle nuove tendenze. Grazie alla sua attività, ha incontrato anche l'amore, sposando l'attrice Elena Spiniello.
Picariello, come si è avvicinato al Teatro?
Studiavo all'ITE Amabile, dove si tenevano dei laboratori teatrali. I nostri insegnanti erano Paolo Capozzo, Nunzia di Somma, Espedito Giaccio e Francesca Battista.
Cosa l'appassionava?
La possibilità di sperimentarsi, di mettersi alla prova, di conoscere la letteratura per la messa in scena. Inizialmente, fu una scommessa con me stesso. Ero timidissimo e pensai che, avvicinandomi al teatro, avrei potuto vincere i miei timori. Poi, ho scoperto di sentirmi a mio agio sul palcoscenico, dove riuscivo ad esprimere me stesso, grazie anche agli ottimi maestri che ho avuto.
Come ricorda Federico Frasca?
Era un uomo dalla sensibilità straordinaria, un intenditore del teatro, che riusciva ad aggregare tante persone anche con proposte sperimentali. Credo che abbia influito molto sulla diffusione della cultura teatrale in città.
Quando era studente, negli anni '90, che atmosfera si respirava in città?
Posso dire che nella mia scuola c'era un gruppo di giovani che hanno continuato a fare teatro anche dopo la fine degli studi. Tra questi, mia moglie Elena Spiniello, con cui lavoriamo insieme. Era diffusa la voglia di teatro, il desiderio di conoscere le proposte artistiche, che aiutano la crescita del tessuto sociale.
Ci può fare un esempio?
In quel periodo il Samantha Della Porta, organizzava un'importante rassegna di teatro contemporaneo, Scena Aperta. Eravamo nel '93, quando giunsero in città personaggi straordinari, come Alessandro Baricco, Moni Ovadia, Marco Baliani, Judith Melina, l'anima del Living Theatre.
Di cosa si occupava in quegli anni?
Facevo teatro per ragazzi ed animazione teatrale. Inoltre, accompagnavo gli artisti, mi occupavo dell'accoglienza delle compagnie che si esibivano al Centro Sociale.
Cosa provava?
Mi sentivo molto piccolo rispetto a questi giganti. Allo stesso tempo, ero affascinato ed emozionato. Nel tragitto, questi nomi di prestigio erano curiosi della nostra città. Secondo me, per Avellino è stata un'occasione importante per implementare la sensibilità culturale verso il teatro, anche se il cartellone non ha avuto il seguito auspicato. Di contro, però, c'è stata la possibilità di conoscere nomi di nicchia della cultura, che poi sono diventati più popolari con il tempo, rappresentando dei punti di riferimento del teatro e della scrittura contemporanea.
Quando tiene i laboratori, cosa nota nelle nuove generazioni irpine?
Gli adolescenti di oggi riservano tante sorprese. Bisogna conoscerli, aprirsi ed ascoltarli. Mi accorgo che hanno un mondo interiore davvero ricco, smentendo il luogo comune che li definisce annoiati, apatici. Per me, è molto bello notare che hanno un'attitudine all'inclusione davvero naturale. Sono ragazzi che costruiscono le relazioni includendo anche persone più difficili, ritrose. Così, oltre a frequentare il laboratorio, diventano amici, vanno al cinema, formano un gruppo, condividono ansie ed aspettative.
È una sua sensazione personale?
No, anche i loro genitori notano il cambiamento e mi dicono che, finalmente, i loro figli frequentano degli amici.
Da 15 anni, con Elena Spiniello, tiene il laboratorio di recitazione alla Casa sulla Roccia.
Sì, siamo davvero felici di sostenere il recupero ed il reinserimento degli ospiti della comunità anche con il teatro. Abbiamo dato vita ad un luogo di creatività, offrendo la possibilità di sperimentare le emozioni, su cui i ragazzi lavorano. In tal modo, anche il laboratorio rientra nel percorso terapeutico, che libera l'animo dalle ansie per costruire una condivisione, generando una complicità sul palcoscenico.
Per questi ragazzi difficili cosa rappresenta il percorso teatrale?
Una forma di espressione di sé stessi, ma anche un obiettivo della loro vita, la realizzazione delle loro aspirazioni. Ogni anno chiudiamo la formazione con lo spettacolo finale. Per i ragazzi è un modo per restituire ai loro familiari la serenità che gli hanno tolto, cadendo nella tossicodipendenza. Inoltre, gli spettacoli si rivolgono ad un pubblico ampio. In passato, eravamo al Gesualdo, quest'anno, invece, saremo al Partenio.
Un altro laboratorio è con il Teatro d'Europa per uno spettacolo su Pasolini.
E' una formazione che diventa percorso culturale, attraverso lo studio del teatro, della poesia, del cinema di Pasolini, per approdare alla messa in scena della sua Antigone. C'è molto entusiasmo da parte di ragazzi di tutte le età, che si confrontano con esperienze diverse.
Ricorda lo spettacolo che l'ha reso popolare?
Certo, era un testo di Paolo Capozzo, Al di là del Mare, un musical di grande successo, che ha girato l'Italia. Era uno spettacolo lungimirante, che poneva l'accento sull'immigrazione e la diversità, divenuti fenomeni di grande attualità molti anni dopo.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA