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Pronto soccorso del Moscati, i medici minacciano l'azione legale

Un gesto estremo dettato dalla mancata risoluzione a una serie di problematiche

di Antonello Plati
Articolo riservato agli abbonati
Venerdì 27 Gennaio 2023, 09:35
4 Minuti di Lettura

In rivolta. I medici del Pronto soccorso di Avellino (10 su 16) diffidano la direzione strategica dell'Azienda ospedaliera Moscati. E minacciano l'avvio di una battaglia legale. Un gesto estremo, dettato dalla mancata risoluzione a una serie di problematiche più volte sollevate. Dunque, in assenza di risposte, le vie legali. Con una diffida curata dagli avvocati Vincenzo De Falco e Francesco Arrotta (entrambi del foro di Nola), i medici del pronto soccorso chiedono al manager Renato Pizzuti una svolta gestionale e il rispetto del contratto collettivo nazionale.

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«L'intento è quello di porre in essere una serie di misure organizzative in grado di risollevare le sorti di un reparto allo stremo», spiega uno dei due legali, Vincenzo De Falco, che è anche professore associato di Diritto pubblico comparato e Diritto dell'ambiente all'Università della Campania Luigi Vanvitelli. «Ci sono una serie di disfunzioni continua l'avvocato con condizioni di illegittimità in relazione al modo in cui i medici sono costretti lavorare».

In particolare, «il numero di medici in organico non è adeguato alla gestione delle situazioni di emergenza-urgenza. Questa condizione, associata alla riduzione del numero di posti letto nei reparti di degenza ordinaria, sta avendo inevitabili ripercussioni sulla qualità dell'assistenza ai pazienti, che spesso stazionano impropriamente diversi giorni prima di riuscire ad essere allocati nei reparti di destinazione». Attualmente, per il pronto soccorso e per la Medicina d'urgenza (che conta 12 posti letto) a fronte di un minimo previsto di 24 medici ne sono in servizio 16, di cui soltanto 12 sono in forza all'Emergenza: «Pertanto, c'è un elevato rischio clinico sia per gli operatori che per l'utenza». La direzione sanitaria si legge nella diffida - «non ha posto in essere strategie efficaci per la risoluzione dei problemi. E gli atti adottati (ripetuti bandi di concorsi che restano vacanti, personale mutuato da altri reparti non adeguato a far fronte alle emergenze o spesso non equipollente all'incarico di medico di pronto soccorso) non hanno in alcun modo risolto le problematiche, aumentando di conseguenza il rischio di insoddisfazione dell'utenza e il burn-out degli operatori».

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Un quadro aggravato dall'impegno richiesto ai medici nel fronteggiare l'emergenza pandemica: «Senza alcun tipo di potenziamento del personale, come invece avvenuto per altri reparti, mentre tutti i pazienti positivi ricoverati sono comunque transitati e continuano a transitare nell'area-covid del pronto soccorso». Violato, continuamente, il contratto collettivo nazionale. Innanzitutto, i camici bianchi effettuano un numero di notti al mese superiore al limite previsto dalla contrattazione: «Parliamo spiega il legale di almeno 6-8 notti espletate contro le 5 al mese previste e che frequentemente aumentano per esigenze di servizio, come reperibilità o malattia e spesso sono concentrate in una settimana o in più giorni consecutivi». Queste circostanze «non rendono possibile il recupero psico-fisico». Inoltre, il riposo settimanale obbligatorio (ogni 6 giorni di lavoro) «spesso non è osservato». Ma c'è dell'altro: dalla programmazione dei turni di lavoro - «portata a conoscenza soltanto due giorni prima della fine del mese» - al piano di programmazione ferie - «i medici sono costretti ad accumularne un numero di arretrate non consentite e non è possibile fruire di 15 giorni continuativi nei mesi estivi»; dall'aggiornamento professionale - «impossibile per carenza di personale» - al piano di attività formative - «che l'Azienda non si impegna a fornire».

Infine, gli straordinari: «Non vengono retribuiti né riconosciuti come giorni di riposo». Finora non c'è stato alcun riscontro rispetto a queste istanze (l'ultima nota è stata protocollata il 17 novembre scorso) nonostante tutte le disfunzioni siano state «anche ripetutamente segnalate dal direttore della Medicina d'urgenza e pronto soccorso, Antonino Maffei, senza sortire nessun effetto». A mali estremi, estremi rimedi: «I medici chiedono alla direzione strategica di adottare tutti i provvedimenti per il ripristino della legalità e per la risoluzione di tutte le problematiche» nello stesso tempo pretendono «il pagamento delle competenze retributive» e diffidano «dal mantenere un comportamento meramente». Altrimenti, «trascorsi 30 giorni», saranno costretti a valutare le azioni legali del caso «in difesa dei loro interessi e a tutela dell'utenza».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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