In rivolta. I medici del Pronto soccorso di Avellino (10 su 16) diffidano la direzione strategica dell'Azienda ospedaliera Moscati. E minacciano l'avvio di una battaglia legale. Un gesto estremo, dettato dalla mancata risoluzione a una serie di problematiche più volte sollevate. Dunque, in assenza di risposte, le vie legali. Con una diffida curata dagli avvocati Vincenzo De Falco e Francesco Arrotta (entrambi del foro di Nola), i medici del pronto soccorso chiedono al manager Renato Pizzuti una svolta gestionale e il rispetto del contratto collettivo nazionale.
«L'intento è quello di porre in essere una serie di misure organizzative in grado di risollevare le sorti di un reparto allo stremo», spiega uno dei due legali, Vincenzo De Falco, che è anche professore associato di Diritto pubblico comparato e Diritto dell'ambiente all'Università della Campania Luigi Vanvitelli. «Ci sono una serie di disfunzioni continua l'avvocato con condizioni di illegittimità in relazione al modo in cui i medici sono costretti lavorare».
In particolare, «il numero di medici in organico non è adeguato alla gestione delle situazioni di emergenza-urgenza.
Un quadro aggravato dall'impegno richiesto ai medici nel fronteggiare l'emergenza pandemica: «Senza alcun tipo di potenziamento del personale, come invece avvenuto per altri reparti, mentre tutti i pazienti positivi ricoverati sono comunque transitati e continuano a transitare nell'area-covid del pronto soccorso». Violato, continuamente, il contratto collettivo nazionale. Innanzitutto, i camici bianchi effettuano un numero di notti al mese superiore al limite previsto dalla contrattazione: «Parliamo spiega il legale di almeno 6-8 notti espletate contro le 5 al mese previste e che frequentemente aumentano per esigenze di servizio, come reperibilità o malattia e spesso sono concentrate in una settimana o in più giorni consecutivi». Queste circostanze «non rendono possibile il recupero psico-fisico». Inoltre, il riposo settimanale obbligatorio (ogni 6 giorni di lavoro) «spesso non è osservato». Ma c'è dell'altro: dalla programmazione dei turni di lavoro - «portata a conoscenza soltanto due giorni prima della fine del mese» - al piano di programmazione ferie - «i medici sono costretti ad accumularne un numero di arretrate non consentite e non è possibile fruire di 15 giorni continuativi nei mesi estivi»; dall'aggiornamento professionale - «impossibile per carenza di personale» - al piano di attività formative - «che l'Azienda non si impegna a fornire».
Infine, gli straordinari: «Non vengono retribuiti né riconosciuti come giorni di riposo». Finora non c'è stato alcun riscontro rispetto a queste istanze (l'ultima nota è stata protocollata il 17 novembre scorso) nonostante tutte le disfunzioni siano state «anche ripetutamente segnalate dal direttore della Medicina d'urgenza e pronto soccorso, Antonino Maffei, senza sortire nessun effetto». A mali estremi, estremi rimedi: «I medici chiedono alla direzione strategica di adottare tutti i provvedimenti per il ripristino della legalità e per la risoluzione di tutte le problematiche» nello stesso tempo pretendono «il pagamento delle competenze retributive» e diffidano «dal mantenere un comportamento meramente». Altrimenti, «trascorsi 30 giorni», saranno costretti a valutare le azioni legali del caso «in difesa dei loro interessi e a tutela dell'utenza».