Ricciardi: «Nuova commissione d'indagine sulla ricostruzione»

La proposta formulata in aula anche alla luce del dibattito su federalismo e autonomia differenziata

L'intervento di Ricciardi in Parlamento
L'intervento di Ricciardi in Parlamento
di Gianni Colucci
Giovedì 24 Novembre 2022, 09:27 - Ultimo agg. 19:09
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«Alle 19.34 di 42 anni fa, in un territorio dove Cristo non c'era mai stato, in 90 secondi si consumò la più immane catastrofe della nostra storia repubblicana: il terremoto dell'Irpinia. Abbiamo il dovere politico, civile e soprattutto scientifico di analizzare attraverso una Commissione d'indagine conoscitiva, come sono realmente andati i fatti e cosa sono divenuti oggi, a distanza di 42 anni quei luoghi». Il ricordo del terremoto dell'80 in Parlamento ieri è stato affidato al deputato irpino Toni Ricciardi del Pd che propone una commissione d'indagine. La richiesta: verificare i reali effetti della ricostruzione privata e industriale e spazzare via l'IrpinIagate.


A un trentennio della commissione d'Inchiesta Scalfaro sul terremoto 80 (operò dall'89 al 91), Ricciardi rilancia una richiesta di approfondimento, in una fase come quella attuale in cui ritorna forte, sull'onda del dibattito sul federalismo, il dibattito sulle due Italie. «Quell'evento, va detto chiaramente - ha detto Ricciardi -, fu usato da una parte politica come germe di un nuovo anti-meridionalismo e divenne - in questo senso - un momento di frattura insanabile tra Nord e Sud poiché, proprio allora, venne sdoganato definitivamente il luogo comune del Meridione palla al piede, inefficiente e incapace di spendere».


Lo storico delle migrazioni appena eletto in Parlamento nella circoscrizione estera aggiunge: «In tanti ricorderanno l'Irpiniagate.

La dicotomia tra Nord e Sud si è talmente accresciuta da fare ritenere la ricostruzione in Irpinia come uno degli sprechi più ingenti del secondo dopoguerra. La storia ci dice l'esatto contrario; ci parla di un Mezzogiorno che ha conosciuto la modernità non con il boom industriale, non con la ricostruzione, ma con l'emigrazione e con le rimesse che le donne e gli uomini di quei luoghi. La zona del cratere, paradossalmente, si è vista scippare anche il terremoto. 2914 vittime, 9000 feriti, 280 mila sfollati hanno aperto uno squarcio profondo su un pezzo di mondo sconosciuto che sembrava riportare le lancette dell'orologio a un secolo prima. Improvvisamente assursero alla cronaca nazionale ed internazionali, paesini fino ad allora sconosciuti: Balvano, Castelnuovo di Conza, Conza della Campania, Lioni, San Mango sul Calore, Sant'Angelo dei Lombardi».


«Quel drammatico evento - dice Ricciardi - fu probabilmente l'ultimo grande momento di unione del nostro Paese; un momento in cui si manifestò una solidarietà nazionale e internazionale senza precedenti. Il terremoto dell'Irpinia segnò un punto di svolta sia in tema di gestione delle emergenze territoriali, grazie a Zamberletti nacque al Protezione civile, e cambiarono anche le norme in materia di ricostruzione nelle zone altamente sismiche a 42 anni di distanza molte delle pagine scritte dalla Commissione parlamentare d'inchiesta andrebbero analizzate e riviste alla luce dei fatti. Il terremoto rase al suolo il 95% del patrimonio edilizio: quali sono stati gli interventi di rifondazione e ricostruzione? E in merito alla ricostruzione industriale cosa doveva essere fatto e cosa è stato effettivamente realizzato? Dovremmo avere la forza e il coraggio di avviare un'indagine conoscitiva e mettere la parola fine a una vicenda sulla quale anche gli storici stanno finalmente indagando in maniera scientifica».
L'esortazione della senatrice Giulia Cosenza di FdI è invece di «uscire dalla cultura del dopoterremoto». «Il vero dramma del dopo terremoto, al di là degli scempi urbanistici, delle commistioni affaristiche e del depauperamento dei territori, è stato aver modificato le coscienze, prosciugando quella forza interiore tipica delle genti delle aree interne, che non a caso avevano dato i natali a uomini come Guido Dorso che diceva che il Mezzogiorno non ha bisogno di carità, ma di giustizia; non chiede aiuto, ma libertà. Purtroppo ancora oggi paghiamo quella modificazione delle menti e delle coscienze e, quindi, l'impegno della attuale classe dirigente deve essere quella di far crescere una mentalità nuova, che riscopra l'orgoglio e la dignità dei migliori figli di queste terre e che attraverso un rinnovato anelito di libertà e di autodeterminazione ritorni ad elaborare un pensiero di sviluppo scevro da logiche vetero-assistenziali».

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