Ruspe al Papillon Rouge, va giù un pezzo di storia del by night avellinese

Villa Battista, in via Tagliamento, tra gli anni '70 e gli anni '90 ha rappresentato, con la discoteca Papillon Rouge, il cuore dell'aggregazione avellinese

Villa Battista e il Papillon Rouge
Villa Battista e il Papillon Rouge
di Lino Sorrentini
Giovedì 29 Febbraio 2024, 11:32 - Ultimo agg. 15:48
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“Papillon Rouge” solo pronunciare queste due parole tra gli over 50 avellinesi significa riaccendere le luci su quei ricordi fatti di balli e musica, innamoramenti ed emozioni. 

La notizia dell’imminente abbattimento della villa che ospitava il mitico locale per far spazio ad un palazzo di nuova costruzione ha riaperto la valigia dei ricordi in modalità flash back.

Eh sì, perché il “Papillon Rouge” non solo è stata una discoteca memorabile ma è soprattutto un ricordo che resiste al tempo, un legame indissolubile con un'epoca in cui Avellino brillava di una luce tutta sua, unica e irripetibile, e che ora, seppur distante, appare più vivo che mai.
Per chi, come chi scrive, ha vissuto da protagonista gli anni d'oro della movida avellinese, queste due parole non sono solo un richiamo a una discoteca o a un luogo di ritrovo, ma rappresentano il simbolo di un'era, quella dell’Avellino by night, caratterizzata da eleganza, esclusività e una vivacità sicuramente “effimera” ma che ha segnato profondamente chi l'ha vissuta.

Tra la fine degli anni '70 e fino ai primi anni del 2000, Il Papillon Rouge è stato il cuore pulsante di questa scena, un tempio dell'eleganza dove l'abbigliamento da sera era d'obbligo.

Giacche e cravatte per gli uomini, abiti sfavillanti per le donne, lustrini e paillettes a decorare ogni angolo della “Villa della famiglia Battista” dove le feste, centellinate durante l’arco dell’anno, erano esclusive, elegantemente organizzate, con un'attenzione particolare alla musica, all'ambiente e, soprattutto, alla compagnia.

Ho sempre sostenuto che è “la gente che fa il locale” e non lo rinnego ma il Papillon Rouge è l’eccezione che conferma la regola.

Era il locale che dettava lo stile.

Le automobili, non di rado costose e sempre immacolate, allineate davanti all'ingresso, erano il biglietto da visita di chi frequentava il Papillon Rouge.

Ogni sera era un'occasione per esibire il meglio di sé, in un continuo gioco di apparenze, sorrisi e cortesie, che nascondeva, a volte, la profonda ricerca di appartenenza e identità che facevano rima con apparenza ma che era lo specchio dei tempi di un'epoca in rapida trasformazione.
Le serate trascorse al Papillon Rouge erano molto più di semplici momenti di svago; erano l'espressione di un desiderio collettivo di evasione, di vivere intensamente ogni istante, in un periodo storico contraddistinto da profondi cambiamenti sociali e culturali e che ha visto la città soffrire con il terremoto dell’80 e rifiorire con lo sfarzo fugace e transitorio del dopo terremoto. E la discoteca, a quei tempi, rappresentava uno spazio di libertà. 

Forse sara stato solo un caso, ma è proprio intorno alle strade del Campo Coni che il by night avellinese aveva il suo “epicentro”. 

Nel corso di 3 decenni (70-80-90) in quella zona, hanno segnato un’epoca locali come il “Ristorante Mupo” in via Morelli e Silvati noto per i mitici Mak P 100 studenteschi dove imperversavano band locali e nazionali, il “Ranch Bar” e, successivamente, le discoteche “Popeye” e “Big Slam” tutte e tre situate in via Tagliamento.

Poi sulle ceneri dell’esperienza “Le puit”, sempre in via Morelli e Silvati, arrivò il Papillon Rouge fondato dal dottore Emilio Battista e brillantemente guidato negli anni seguenti prima dal figlio Attilio e poi dalla figlia Alessandra, a prendersi lo scettro.
Con la fine degli anni '90, l'epoca d'oro del Papillon Rouge ma anche di locali come il Kiwi Club in via Colombo, dell’East Side sulla variante e del Miss in via Roma ed in generale dell’Avellino by night si è gradualmente conclusa, lasciando posto a nuove forme di intrattenimento e a differenti modi di vivere la notte.

Tuttavia, per chi ha avuto la fortuna di viverla, quella stagione rimane un periodo irripetibile, un tuffo in un passato in cui tutto sembrava possibile, e la notte non era solo buio, ma un infinito orizzonte di luci, colori e soprattutto emozioni.

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