Vini Doc Campania, Capaldo lancia la sfida: «Investire sul brand»

Il patron di Feudi di San Gregorio sulla proposta della Regione

Antonio Capaldo, patron di Feudi di San Gregorio
Antonio Capaldo, patron di Feudi di San Gregorio
di Alberto Nigro
Sabato 8 Luglio 2023, 10:08
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«La Doc Campania può essere un'occasione di crescita per il territorio. Non dobbiamo discutere di cosa si fa, ma di come si fa». Antonio Capaldo, presidente di Feudi di San Gregorio, si inserisce nel dibattito relativo alla proposta di istituire una Doc Campania per i vini lanciata dall'assessore regionale all'Agricoltura, Nicola Caputo. Dibattito che nei giorni scorsi ha fatto emergere non poche perplessità da parte di produttori e addetti ai lavori della provincia di Avellino e che sembra destinato ad ampliarsi con il trascorrere delle settimane. «Complessivamente - afferma - il mio parere rispetto alla proposta è positivo. C'è un problema oggettivo che riguarda la valorizzazione del vino e la conoscenza del territorio e la Doc, in tal senso, può essere un'occasione». Capaldo, però, evidenzia due fattori che vanno per forza di cose tenuti in considerazione: «Innanzitutto, è necessario capire che la sola Doc non può bastare a risolvere i problemi sollevati, ma deve essere affiancata da un articolato piano promozionale e culturale. In secondo luogo, bisogna stare attenti a come la Doc nascerà, per fare in modo che preservi, anzi, valorizzi le sottospecificità territoriali».

Su questo secondo aspetto, il produttore irpino è netto: «La Doc può sicuramente essere una base di partenza su cui investire risorse, ma è necessario che come step successivo ci sia una promozione delle eccellenze del territorio, e penso sia alle produzioni dell'Irpinia che a quelle delle altre zone maggiormente vocate della Campania. Insomma, immagino una narrazione che parta dalla regione per arrivare ai singoli territori, altrimenti anche io sarei contrario». Naturalmente, il patron di Feudi di San Gregorio comprende le preoccupazioni espresse in questi giorni dei colleghi irpini. «Il rischio che, seguendo questa strada, si raggiunga un punto medio superiore e si perdano le punte di qualità chiaramente c'è, tuttavia, non mi sembra questa l'intenzione dell'assessore Caputo». Venendo al tema dell'utilizzo del nome dei vitigni sull'etichetta della Doc, che potrebbe confondere i consumatori e danneggiare altre denominazioni, invece, chiarisce che «già oggi è possibile utilizzarli con la Igt», ma il punto vero è comprendere «se è davvero utile passare dalla Igt alla Doc considerato anche il notevole appesantimento burocratico che tale operazione comporta».

La discussione, dunque, deve ancora entrare nel vivo e proprio per questo Capaldo invita tutti a riflettere attentamente. «Personalmente - dice - visto che il mio è un marchio conosciuto, potrei anche dire che non c'è alcun problema. Tuttavia, ritengo che sia importante far crescere il territorio e il percorso avviato dalla Regione, se fatto in un certo modo, può rappresentare una buona opportunità per tutti, soprattutto grazie alle risorse che la Doc potrebbe sbloccare sul fronte della promozione». A tal proposito, Capaldo ricorda che «dagli anni Novanta si registra una grande attenzione da parte della stampa specializzata nei confronti dell'Aglianico.

Se ne parla - dice - come di un vitigno straordinario, ma non riesce ad emergere come dovrebbe e questo accade perché all'attenzione non è mai stato affiancato un piano promozionale incisivo».

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Insomma, l'invito è ad evitare di fare battaglie ideologiche: «Se dovessi essere chiamato in cabina di regia - dichiara - andrei a verificare le modalità con cui si procede. Ribadisco che comprendo perfettamente le preoccupazioni del consorzio e di molti produttori irpini, ma la discussione è importante. «Inoltre - conclude Capaldo - negli anni scorsi ho sempre notato un grande disinteresse da parte della Regione nei confronti del nostro comparto, mentre stavolta c'è attenzione ed è certamente un elemento positivo». Insomma, il confronto continua ad ampliarsi mentre si valutano i pro e i contro della proposta regionale. Di sicuro, se, come accaduto a più riprese negli ultimi giorni, davvero si vuole accostare l'esperienza fatta in Sicilia a quella che si vuol fare in Campania bisognerà lavorare molto e non sulle denominazioni, ma sul brand». Gli obiettivi appaiono tutti molto chiari, ora bisognerà cominciare ad organizzare un sistema virtuoso anche con la partecipazione degli uffici preposti della Regione Campania. La sfida è appena iniziata. 

 

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