Agricoltori a oltranza: «Le istituzioni assenti»

La mobilitazione prosegue, centinaia i trattori alla rotonda dei Pentri

Agricoltori a oltranza: «Le istituzioni assenti»
Agricoltori a oltranza: «Le istituzioni assenti»
di Giuseppe Di Martino
Giovedì 1 Febbraio 2024, 10:07
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Secondo giorno di mobilitazione a Benevento della filiera agroalimentare, ormai in presidio fisso alla rotonda dei Pentri, contro le politiche agricole dell'Unione europea. Dopo la maxi manifestazione di martedì, quando lungo le strade della città hanno sfilato oltre cento trattori, ieri il fulcro della manifestazione si è concentrato alle spalle della statua di Padre Pio, all'ingresso della zona Ovest del capoluogo. Qui, in una sorta di quartier generale costruito ad hoc dai manifestanti, è giunta nel corso della giornata una folta delegazione di agricoltori e allevatori dei territori del Fortore, ma in molti sono arrivati anche da altre zone sannite e non solo.

Gli agricoltori in rivolta hanno affrontato il freddo e il gelo della notte, attrezzati di tende, fuochi e bevande calde, in attesa di novità per la categoria, mentre con il passare delle ore si è allargata ancor di più la spaccatura con il mondo delle associazioni di categoria, ancora una volta grandi assenti dell'iniziativa.

«Noi da qui non ci muoviamo fino a quando non arriveranno risposte concrete per l'intero comparto agricolo.

Vorremmo tanto andare a casa, ma rimarremo qui a continuare la nostra azione finché le istituzioni non ci ascolteranno. Credo che meritiamo rispetto perché con dignità, fatica e duro lavoro produciamo cibo di qualità non solo qui nel Sannio ma in tutta Italia» spiega Salvatore La Bella, uno dei portavoce del movimento «Riscatto Agricolo». Anche ieri l'iniziativa, partita appunto dal movimento «Riscatto Agricolo», ha visto il coinvolgimento di oltre cinquanta agricoltori. Alla base della protesta i costi di produzione ormai ingestibili, salari bassi e tagli ai benefit sul gasolio.

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Non ci sono bandiere di partito né di associazioni di categoria quali Coldiretti, Cia e Confagricoltura. Né durante il secondo giorno di sit-in si sono viste le istituzioni locali o regionali. Una protesta, dunque, autonoma e spontanea contro il Green deal europeo, la diffusione dei cibi sintetici e lo stop annunciato al diesel agricolo dal 2026. «Occorre un tavolo tecnico, non ce la facciamo più. L'Europa ci applica misure ingiustificabili. Abbiamo punti programmatici e le istituzioni devono ascoltarci. Siamo pronti ad un presidio ad oltranza. Abbiamo portato nel capoluogo il grido di allarme di tutti gli agricoltori, il comparto è in forte crisi. Nessuno ci tutela, l'unica preoccupazione delle istituzioni è quella di tassarci, quella di questi giorni è solo la prima tappa ma il nostro obiettivo è quello di arrivare a Roma», spiega un altro portavoce del movimento, Gabriele Forte. «Non ci fermeremo qui rincara la dose l'agricoltore Piersilvio Corbo -, non è accettabile che il Made in Italy di cui tanto si parla venga superato dal sostegno a prodotti extra europei e di minore qualità». Per combattere le basse temperature i manifestanti mangiano, bevono e discutono animatamente sulle prossime azioni da mettere in campo, tra chi vorrebbe sfilare nuovamente tra le vie del capoluogo con i trattori e chi invece preferirebbe sfruttare la giornata per serrare i ranghi, almeno per ora.

Tutti, però, in prima linea contro l'aumento dei costi di produzione e contro la tassazione sui terreni, in primis alcuni giovanissimi imprenditori agricoli caudini che hanno deciso di investire per rilanciare vecchie aziende di famiglia. «Siamo qui a dover combattere contro una politica contraddittoria e penalizzante - spiegano - da una parte ci inducono ad investire, dall'altra ci sottraggono risorse attraverso il rincaro delle tasse». Tra i vari punti messi in evidenza, gli agricoltori "ribelli" hanno sollevato critiche specifiche, tra cui l'eliminazione dell'obbligo a non coltivare il 4% dei terreni, la necessità di riprogrammare il Green deal e di impedire l'importazione di prodotti agricoli da paesi con regolamenti divergenti oltre che il mantenimento anche dopo il 2026 del sistema che tiene calmierati i costi del gasolio agricolo. «Oggi la maggior parte dei frutti del nostro lavoro è sottopagato, i ricavi sono abbondantemente inferiori ai costi di produzione e questo, purtroppo, perdura da decenni: non vogliamo contributi, chiediamo solo dignità del giusto prezzo - sostengono gli agricoltori che ribadiscono di essere «i veri custodi della natura, non i soggetti che inquinano».
 

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