Benevento, medici a giudizio per detenuto morto: ok a nuove perizie chieste dai familiari

Un terzo sanitario era stato cagionato

Il carcere di Benevento nel quartiere Capodimonte
Il carcere di Benevento nel quartiere Capodimonte
di Enrico Marra
Sabato 18 Febbraio 2023, 10:14
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Per fare chiarezza sulle cause della morte di un detenuto nel carcere di contrada Capodimonte, il magistrato Daniela Fallarino, nell'udienza di ieri, ha deciso di nominare altri due periti. Incarichi che saranno assegnati il prossimo 3 marzo. Per la morte del detenuto Agostino Taddeo, 59 anni, avvenuta nell'ottobre del 2016, sono a giudizio per omicidio colposo Mario Feleppa, 58 anni, e Maria Gallo, 54 anni.

I due nel gennaio del 2020 erano stati rinviati a giudizio dal gup Gelsomina Palmieri, mentre un terzo sanitario coinvolto nel procedimento è stato scagionato. Nel corso del processo in corso si sono avute le risultanze e le testimonianze fornite dai vari periti le cui conclusioni sono risultate divergenti, da qui la decisione del magistrato di far effettuare un'ulteriore consulenza accogliendo la richiesta che, nella precedente udienza, era stata avanzate dai legali di parte civile (gli avvocati Luca Russo e Vincenzo Sguera), che assistono i familiari del detenuto, mentre i due medici sono seguiti dagli avvocati Angelo Leone, Vincenzo Regardi e Fabio Russo.

I medici che nel 2016 operavano presso la casa circondariale di contrada Capodimonte erano stati chiamati in causa per la morte di Taddeo, avvenuta presso l'ospedale «Rummo». Taddeo, quando le sue condizioni di salute sono peggiorate, stava scontando nell'istituto di pena di contrada Capodimonte una condanna a tre anni. Ai sanitari, che operavano presso il carcere in base a una convenzione con l'Asl, veniva contestato di aver visitato Taddeo in diverse occasioni e, in particolare, dal 3 al 5 ottobre del 2016.

Secondo l'accusa, avrebbero eseguito le visite «con negligenza, imprudenza e imperizia». Il detenuto lamentava tra l'altro dolori al torace e intercostali. Ma i sanitari non ritennero, secondo l'accusa, di disporre un approfondimento diagnostico sulle condizioni del suo cuore e non disposero il trasferimento di urgenza di Taddeo presso il pronto soccorso dell'ospedale «Rummo».


Il trasferimento in ospedale avvenne soltanto il 6 ottobre. Le condizioni dell'uomo peggiorarono fino al decesso per infarto del miocardio acuto. Anche l'effettuazione di un intervento chirurgico di angioplastica coronarica su un'arteria occlusa, con la collocazione di due stent, necessari a causa della presenza di tessuto miocardico necrotico, non sortì effetti positivi. Secondo l'accusa infatti l'intervento su Taddeo venne fatto in ritardo, in quanto era già in atto da diverse ore un infarto del miocardio. Accuse della Procura che si erano avvalse anche delle conclusioni dell'esame autoptico effettuato dai medici legali Monica Fonzo e Matteo Santamaria.
 

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