«Botte al detenuto nel carcere minorile»,
chiesto il processo per cinque poliziotti

«Botte al detenuto nel carcere minorile», chiesto il processo per cinque poliziotti
Martedì 23 Novembre 2021, 08:39 - Ultimo agg. 21:08
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Un detenuto dell'istituto penale minorile di Airola avrebbe subito un'aggressione dopo che erano stati trovati nella sua cella due telefonini. La vicenda ieri ha fatto registrare la richiesta di rinvio a giudizio per cinque poliziotti penitenziari, in servizio presso l'istituto di pena. A febbraio c'era già stato l'avviso di conclusione delle indagini da parte della Procura di Benevento: le ipotesi di reato, con posizioni differenziate per gli indagati, sono quelle di violenza privata, falso e concussione. Ieri è giunta la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Antonietta Errico, l'ispettore Michele Campobasso, gli assistenti capo Pompeo Falzarano e Stefano De Cesare e l'agente Carmine Rega. I cinque compariranno davanti al Gup Maria di Carlo il 21 aprile del prossimo anno. Nel dettaglio rispondono di violenza privata Falzarano, Rega e De Cesare, concussione e falso Errico e falso Campobasso.

La vicenda si è sviluppata tra il 26 marzo e il primo aprile del 2019 dopo il ritrovamento di due telefonini cellulari nella cella di un detenuto napoletano.

Secondo l'accusa, durante l'interrogatorio, il giovane aveva confessato di essere il possessore di due apparecchi, ma gli agenti dell'istituto - per costringerlo a rivelare chi aveva introdotto i telefonini nel carcere - lo avrebbero colpito ripetutamente. Secondo l'accusa, questo anche quando aveva provato a fuggire in corridoio per sottrarsi all'aggressione. Sarebbe, infatti, stato inseguito e spinto in un angolo per essere colpito di nuovo. Nei giorni seguenti, uno dei responsabili della polizia penitenziaria avrebbe invitato il recluso a non riferire l'accaduto circa l'aggressione, altrimenti avrebbe rischiato una denuncia per oltraggio a pubblico ufficiale. Inoltre gli agenti coinvolti gli avevano promesso di aiutarlo per convincerlo a fare una dichiarazione orale in cui rinunziava al suo diritto di presentare querela per ciò che era accaduto.

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Da qui l'accusa di concussione. La Procura, diretta da Aldo Policastro, aveva affidato il caso al sostituto procuratore, Assunta Tillo. Nel mirino degli inquirenti anche la relazione con la quale gli agenti avevano riferito l'accaduto. L'accusa ha ritenuto esserci dei falsi. I difensori degli agenti, che avranno modo di dimostrare l'estraneità alle accuse e ai reati contestati, sono gli avvocati Gianluca Grasso, Antonio Leone, Vittorio Fucci e Paolo Abbate. Quando fu resa nota l'indagine nel mese di febbraio con il coinvolgimento degli agenti di custodia non era mancata una presa di posizione da parte dei sindacati. Donato Capece, segretario generale del sindacato autonomo polizia penitenziaria, in una nota aveva sostenuto che «questa indagine non poteva essere il pretesto per accusare ingiustamente la polizia penitenziaria. Come sempre, in questi casi, invito tutti a non trarre affrettate conclusioni prima dei doverosi accertamenti giudiziari. Noi confidiamo nella magistratura perché la polizia penitenziaria, ad Airola come in tanti altri carceri, non ha nulla da nascondere». Ad aprile i fatti passeranno al vaglio di un altro magistrato.

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