Morta dopo cure del falso medico, via al processo con otto parti civili

L'imputato è accusato di omicidio preterintenzionale, truffa, lesioni aggravate ed esercizio abusivo della professione medica

L'avvocato Carlo Taormina, difensore dell'imputato
L'avvocato Carlo Taormina, difensore dell'imputato
di Enrico Marra
Venerdì 20 Gennaio 2023, 11:03 - Ultimo agg. 11:07
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Sono otto le parti civili che si sono costituite nel processo che vede imputato Angelo Graziano, 33 anni, residente a Montefusco ma domiciliato a San Giorgio del Sannio, accusato di omicidio preterintenzionale, truffa, lesioni aggravate ed esercizio abusivo della professione medica.

Nella prima udienza, oltre alle parti lese, si è infatti aggiunta un'ulteriore paziente, assistita dall'avvocato Stefano Pescatore. Gli altri sono gli eredi e i congiunti della 54enne di Mirabella Eclano, morta il 25 marzo del 2021, assistiti dall'avvocato Cinzia Capone. L'imputato è, invece, difeso dall'avvocato Carlo Taormina. Ieri la prima udienza davanti alla Corte di Assise, con presidente Daniela Fallarino e giudice a latere Simonetta Rotili, pubblico ministero Maria Colucci. Un'udienza destinata ai preliminari con la presentazione di una prima lista di testimoni.

Poi il rinvio a una prossima udienza, fissata per il 22 febbraio. Angelo Graziano, dal mese di settembre, è agli arresti domiciliari. Nel processo, al centro del dibattimento vi saranno, appunto, le consulenze dei medici designati dalla Procura che hanno effettuato l'autopsia sul corpo della donna. Secondo l'accusa, la 54enne sarebbe deceduta per le cure non adeguate praticatele dal falso medico per un'embolia polmonare. Durante l'interrogatorio di garanzia davanti al gip, Angelo Graziano, l'uomo aveva sostenuto che in realtà la cura fosse stata indicata da un medico tedesco, facendo riferimento anche a delle dichiarazioni rese dalla figlia della donna, e che proprio la parente avesse assistito a un colloquio in viva voce tra il sanitario residente in Germania e lo stesso Graziano, con l'indicazione della terapia a cui doveva essere sottoposta la donna, in base alla diagnosi fatta dopo alcuni esami del sangue, che aveva fatto ipotizzare una possibile patologia tumorale.

Ieri, al termine dell'udienza, l'avvocato di parte civile Cinzia Capone ha fatto una dichiarazione in cui sostiene che «la donna deceduta era perfettamente sana e che la morte è giunta a causa di quelle terapie. La diagnosi di tumore era inesistente e la morte è giunta per le molteplici autoemotrasfusioni ozonizzate, terapie infusive e invasive, somministrate quotidianamente e ingiustificatamente nei giorni antecedenti al decesso in ambiente non idoneo e abusivamente da un falso medico, tali da provocarle l'arresto cardiocircolatorio e l'embolia polmonare».


Il difensore dell'imputato, Taormina, ha sostenuto che «siamo di fronte a una improbabile diagnosi formulata sulla base di un'autopsia effettuata, previa riesumazione dopo 15 giorni dal decesso dalla quale, per vero, non è desumibile alcunché. Un processo importante giacché l'accusa si basa sul presupposto per cui i trattamenti medici sarebbero stati eseguiti non per guarire la paziente ma per ledere, cosa francamente inaccettabile».
 

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