Presidi post-trauma il «Rummo» fa scorta e velocizza i tempi

Le ambulanze spesso bloccate a lungo in pronto soccorso per recuperarli

L'ospedale Rummo
L'ospedale Rummo
di Luella De Ciampis
Martedì 15 Agosto 2023, 11:14
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Il «Rummo» aggiunge un tassello, che a una prima analisi potrebbe essere considerato banale ma che non lo è, per risolvere i ritardi in Pronto soccorso, attraverso la fornitura triennale di oltre 500 collari cervicali da destinare ai reparti dell'emergenza, per un totale di 30.000 euro.

In seguito a una ricognizione sui presidi mancanti, richiesta nei giorni scorsi dal direttore generale Maria Morgante al nuovo primario dei reparti dell'emergenza Rodolfo Nasti, era emersa la carenza di collari cervicali, di «ragni», vale a dire di quelle cinture a x che tengono fermi i pazienti sulla lettiga e di spinali, che sono le tavole rigide necessarie a garantire la massima immobilità dei pazienti con sospette lesioni alla colonna vertebrale, nelle fasi di spostamento. Contestualmente si provvederà anche all'acquisto dei «ragni» e delle spinali. Una spesa irrisoria per un ospedale, per oggetti che sembrerebbero avere un'importanza del tutto marginale ma che determinano ritardi che, in alcuni casi, arrivano anche a tre ore per le ambulanze del 118 nella fase di trasportano dei malati.

In pratica, quando il mezzo di soccorso arriva in ospedale, per poter lasciare il paziente e riprendersi il collare piuttosto che la tavola rigida o il ragno, può farlo solo quando la struttura, dopo aver accertato le condizioni reali del paziente, attraverso una lunga serie di indagini, restituisce il presidio in dotazione alle ambulanze.

Se l'ospedale non è in possesso dei presidi necessari da riconsegnare subito agli operatori del 118, questi sono costretti ad attendere che i medici eseguano tutti gli accertamenti e le operazioni necessarie su persone che non possono essere spostate né toccate se non dopo aver capito se sia presente o meno una lesione. È chiaro che, in questi casi, l'ambulanza rimane bloccata in Pronto soccorso, anche per ore, impossibilitata a effettuare altre prestazioni, che creano disservizi sul territorio e file inutili di mezzi in sosta in ospedale.
A questo proposito va ricordato che, nei mesi invernali, molti dei disservizi registrati nell'area dell'emergenza dell'ospedale cittadino, oltre che dalla carenza di personale che ancora persiste, erano stati determinati dall'impossibilità degli operatori del 118 di «sbarellare» i pazienti in tempi brevi, anche a causa della carenza di barelle libere e di presidi sanitari.

Alle difficoltà quotidiane che affliggono gli ospedali, legate anche a questioni puramente tecniche, si aggiungono le carenze di farmaci oncologici denunciate dall'Ema (agenzia europea per il controllo dei medicinali) che, al momento, non riguardano da troppo vicino gli ospedali cittadini solo perché hanno accumulato una scorta dei preparati mancanti. A fornire un quadro dettagliato della situazione è Antonio Febbraro, primario del reparto di Oncologia dell'ospedale Fatebenefratelli. «L'Ema fa riferimento al metotrexato spiega farmaco usato in fiale soprattutto in Ematologia, e in compresse per le malattie autoimmuni ma, in realtà, mancano anche la bleomicina e il texolo, utilizzato nella terapia del cancro del seno, del polmone e dell'ovaio.

Attualmente, noi non abbiamo difficoltà perché in ospedale ci sono scorte sufficienti per continuare a erogare le prestazioni ma il problema c'è, ed è destinato ad allargarsi perché ha una matrice economica e di distribuzione. In realtà, si tratta di farmaci che hanno un costo esiguo per cui le grandi aziende farmaceutiche non li producono più.

Così, pera fare un esempio pratico, mentre prima venivano prodotti nei grandi stabilimenti finlandesi, oggi vengono fabbricati da piccole aziende che hanno sede in India, in Corea, in Spagna, per quanto riguarda la bleomicina, ma con ritmi più lenti. Quindi, non è corretto dire che mancano in assoluto ma che sono soggetti a ritardi legati alla produzione e alla distribuzione per cui l'offerta non è più direttamente proporzionale alla richiesta». Dunque, come per molte altre questioni sanitarie, si tratta di un problema economico che si chiarisce se si tiene conto del fatto che una fiala di metrotexato costa 81 euro, mentre un farmaco di nuova generazione con proprietà curative equivalenti ne costa 10.000.

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