Aldo Balestra
Diritto & Rovescio
di

L'abbraccio negato
al piccolo Rayan

Una fase dei soccorsi a Rayan
Una fase dei soccorsi a Rayan
di Aldo Balestra
Domenica 6 Febbraio 2022, 15:52 - Ultimo agg. 19:31
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«L'addio a Rayan, 100 ore di soccorsi disperati. Marocco in lacrime» (Ansa, 06/02/2022 ore 13,00)
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Sarà che tutti i bambini hanno paura del buio. E quando tremano si rannicchiano come scriccioli. E una scena così te la immagini pur non avendola vista. Sarà che molti di noi ricordano il dramma analogo di Alfredino, precipitato in un pozzo nell'81, vicino Roma. Sarà che, da quando c'è stato il terremoto dell'80, la fobìa di rimanere sepolti insegue tanti che hanno vissuto la dirompenza di quella scossa. Sarà che in questa domenica di febbraio 2022, persino gli scienziati più prudenti e compassati ti spiegano che la pandemia da Covid arretra con decisione, sarà che da giorni avevamo (anche) nella testa le note e i lustrini, l'allegria e le esagerazioni del Festival di Sanremo. Sarà che speri  sempre che la ragione degli uomini prevalga evitando la guerra in Ucraina. Sarà che la vita di un bambino è sempre, sempre sacra, ad ogni latitudine e rispetto a qualsiasi rischio, motivo o minaccia.

Sarà per tutti questi motivi che in una domenica come questa, in cui magari ci si vorrebbe reimpossessare delle cose più semplici e belle, come un abbraccio senza incubi con un parente o un amico, la ricostruzione dettagliata di cento ore di febbrili soccorsi su quelle montagne scoscese del Rif, nel nord del Marocco, pervadono e devastano.

Pensi a quante di queste cento ore il piccolo Rayan, 5 anni, precipitato senza freni in un pozzo di 32 metri nella zona rurale della città di Chefchauen, dove era andato a giocare, ha vissuto con la piena coscienza, piangendo ma sperando che mani forti potessero tirarlo su.

Pensi, e speri, che possa presto essersi assopito per sfinimento prima di addormentarsi per sempre, angioletto sotto terra in attesa di essere riportato alla luce. Pensi a quanti progressi abbia fatto la scienza per andare in cielo, sotto terra e sotto il mare, ma ogni volta (o quasi) si debba arrendere scavando con le mani e le ruspe, cercando in una corsa contro il tempo di restituire aria e luce a vite sepolte.

Pensi a come, di fronte ad un dramma collettivo, centinaia di persone si siano radunate intorno a quel pozzo e abbiano sperato fino all'ultimo, elevando ciascuno al suo Dio una richiesta di salvezza per Rayan, trovando nella preghiera (lo ha sottolineato Papa Francesco nell'Angelus, evidenziando la partecipazione commossa del popolo del Marocco) il modo condiviso per desiderare all'unisono la stessa cosa.

Pensi a tutto ciò e la domenica si riempie di tratti cupi. Come ogni qual volta vedi, assisti, conosci, descrivi una vita che se ne va, figuriamoci nel modo in cui l'ha persa Rayan. Pensi. Almeno le contrarietà quotidiane appaiono infinitamente piccole e risibili. Lamentarsi ancora? E di cosa? La morte ha appena avuto la meglio su un bimbo dagli occhietti vispi e scuri: stava solo giocando, è precipitato, nessuno è riuscito a salvarlo laggiù nel buio, a 32 metri di profondità.
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«Amare l'umanità è un pensiero vano, ma abbracciare nel singolo uomo il rappresentante di tutta l'umanità, è una felicità che comprendono soltanto le anime sublimi. (Mahlmann)

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