La tragedia del Nepal e il ritardo cronico delle organizzazioni internazionali 

Domenica 26 Aprile 2015, 17:42
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Sono stato in Nepal lo scorso anno e devo ammetterlo. Ho il cuore pieno di dolore perché in questo momento sono morti o stanno morendo migliaia di nostri fratelli (ed è difficile non chiamarli così dopo aver passato del tempo con loro) in Nepal (e francamente nessuna differenza riesce a farla la nazionalità). E, tuttavia, non meno sconvolto sono per il fatto che rischiamo di aver perso - tutti, come umanità - le città incantate di Patan e Bhaktapar, gli stupa fuori dal tempo Budhanath, il tempio misterioso di Pashupatinah. E non si può non provare rabbia nell'accorgersi che a più di 24 ore dal terremoto nessuno sia ancora arrivato dalle organizzazioni internazionali (UN, UNESCO e EU) che dovrebbero essere in prima fila. E che nulla si sappia di cosa è rimasto di ciò che la civiltà dell'uomo ha lasciato a se stessa per millenni. So che una vita umana ha valore inestimabile, ma altrettanto enorme è il valore della conoscenza, della coscienza di noi stessi che, in fondo, è ciò che giustifica il nostro essere uomini e dotati di una storia straordinaria. Nello stesso modo non si può non provare orrore quando i vigliacchi incappucciati si vantano di aver sgozzato, nel deserto della Siria, come se fossero sul set di un film (ovviamente occidentale) uomini e donne con le braccia legate dietro la schiena. Ma nulla fa venire tanta voglia di andare anche chi scrive in Siria a prendere a calci quelle bestie ignoranti, come la distruzione di siti che non hanno nulla a che fare con la storia dell'Occidente e che, semplicemente, hanno raccontato per secoli cosa erano le civiltà più antiche del mondo. Viene semmai da pensare, in questi momenti, che forse invece di perdere tempo in missioni impossibili come riformare il consiglio di sicurezza dell'ONU o dare all'Unione Europea una politica estera, dovremmo porci obiettivi più concreti: ad esempio dotare l'ONU e la Commissione Europea di una task force di protezione civile in grado di intervenire immediatamente in caso di disastri naturali. E l'UNESCO delle risorse per rendere meno vulnerabile il patrimonio che appartiene a tutti e che va protetto (a Kathmandu come a Caserta) anche a prescindere dalle capacità economiche o istituzionali di chi gestisce il luogo che le ospita. Ed invece a Kathmandu in queste ore arrivano gli aerei dagli Stati Uniti, dalla Cina e persino dalla Russia; dei medici senza frontiere e di Oxfam (e meno male che ci sono ancora degli "eroi"). Delle organizzazioni internazionali (a partire dall'ONU e dall'UE) che proprio in tragedie come queste crescerebbero recuperando la credibilità persa, non c'è neppure traccia. Arriveranno, arrivano sempre quando sono tutti morti. Quando è morta persino la memoria di noi stessi.
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