Caserta: piazza Dante:
benvenuti nel centro storico ferito

Caserta: piazza Dante: benvenuti nel centro storico ferito
di Franco Tontoli
Martedì 16 Novembre 2021, 07:22 - Ultimo agg. 20:34
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Se si dovesse dotare di una illustrazione la «Teoria della finestra rotta» nessuna sarebbe più adeguata di una foto di piazza Dante. Una foto di oggi risulterà sempre più brutta di quella di ieri, condizioni che peggiorano di momento in momento, non si fa in tempo a segnalare comunque inascoltati una bruttura, una fatiscenza, un decadenza estetica che un'altra sopravviene ad arricchire la diversità di tutto il brutto che in questa piazza impera. Piazza Dante, di diritto da inserire nei gironi della cantica dell'Inferno, in una sezione dedicata alle trascuratezze, al disinteresse, alla incuria che comportano scempi estetici e urbanistici che il punto geometrico una volta centrale di Caserta mette sotto gli occhi di tutti.

A cominciare dai forestieri che dalla vicinissima Reggia questa usata sempre come distintivo all'occhiello dell'abito a brandelli che il capoluogo costantemente veste allungano il passo verso la città, pochi metri e lo sfacelo è qui. Il «salotto buono» la piazza lo ha rappresentato fino alle soglie del 2000, poi il sempre più crescente degrado, dove negli anni Trenta si metteva in posa a cavallo il principe Umberto di Savoia, alle spalle il caffè Margherita, crescevano i cumuli di spazzatura della crisi della raccolta rifiuti, i porticati che hanno accumulato muffa, intonaci screpolati, cornicioni decadenti, l'ultimo sgretolamento con detriti al suolo due giorni fa e ieri mattina si provvedeva a un rappezzo almeno per la messa in sicurezza.

Ma per il recupero della dignità delle quattro sezioni di porticati a contorno della piazza, ce ne corre. Le volte trasudano umidità, le macchie di muffa come un cielo di nuvole cui dare a ciascuna l'interpretazione di una figura; le sfere dei lampioni pendenti laddove esistono, alcuni rotti, altri mancanti da bianche sono bianconere per il cappello di polvere accumulata; erba parietaria che esplode dalla fessure, ciuffi a ornamento delle targhe toponomastiche e delle lapidi marmoree ai pilastri.

Ce ne sono ben sette di grandi dimensioni, adeguate alla dignità della memoria dei personaggi e dei fatti storici da ricordare ma che risultano offesi dalle condizioni della piazza. La piazza è diventata ultimo della serie di guai passati il centro della movida, intorno alla mezzanotte fa da richiamo alle orde di centinaia di giovani che il pieno di alcol lo fanno nei baretti dei vicoli a ridosso e si scatena la corrida come quella ultimissima che ha portato alla distruzione di piante e tavoli al Circolo Nazionale e caffè del primo tratto di corso Trieste. Le forze dell'ordine nulla possono i risultati questi sono , su tutto svetta la ciliegina di una telecamera all'angolo della piazza con via Battisti, lato ex Circolo Sociale che nulla ha mai registrato.

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A parte il restauro delle quattro «cantonate», cosa fare per ridare vitalità autentica alla piazza? Vittorio Coletta, generale in quiescenza dell'Aeronautica, dal suo osservatorio di socio del Nazionale, dice: «Edifici abbandonati da riempire di attività. Perché la Provincia ha abbandonato l'edificio della piazza e quello del corso Trieste? Si avviano a fatiscenze a cielo aperto, un delitto lasciarli inutilizzati». La piazza fuori controllo, il parere di Annamaria Rufino, docente di Sociologia del Diritto alla università Vanvitelli: «Quando le istituzioni si allontanano dal sistema sociale, questo si sfibra e i cittadini perdono il loro punto di riferimento. Così, o si ritraggono o vivono lo spazio sociale come luogo del disordine e dell'arbitro. A Chicago, un gruppo di sociologi osservò tale disordine come estrema deriva di questo disorientamento. Al disordine si era sovrapposta una violenza, che si riversava nelle piazze, lasciando un segno tangibile nelle cose, deturpate e violate. Il senso di questo esempio va letto proprio nella distanza e disattenzione delle istituzioni. Chi, con atti vandalici, pensa di esternare la propria presenza nella piazza, lo pensa proprio in ragione di quell'assenza delle istituzioni, a cui non viene più riconosciuta legittimità. È fuorviante pensare che ci possa essere un intervento riparatore delle forze dell'ordine, come unico intervento possibile». Da dove lo sbandamento della gioventù?

Marina Campanile, preside del liceo classico «Giannone» dice: «Una volta le famiglie volevano per i figli un riscatto sociale o una realizzazione attraverso la cultura, la scuola, migliori frequentazioni. Oggi li si cerca distruggendo cosa non si è contribuito a costruire perché figli di una temperie nella quale si cerca di aggirare le regole, prevaricare il prossimo. A questo si aggiunga che chi non ha mai lavorato non sente propria la bellezza, la città, il decoro, la comunità e pertanto li vuole distruggere, villaneggiare, stuprare. Chiamare tutto questo disagio sociale o emergenza educativa genera pericolosa tolleranza o peggio indifferenza. Senza introdurre regole e strumenti certi, sanzioni severe, forze dell'ordine in azione, soprattutto genitori che facciano i genitori, i vandali si moltiplicheranno». C'è da lavorare, con impegno che la città pretende dalla nuova amministrazione comunale, da assessori che non interpretino il ruolo come onorificenza ma come un servizio da dare alla comunità, Se si sono candidati, se si smania in questi giorni per ottenere un incarico non lo avranno fatto che per questo motivo.

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