«Don Diana non è morto: indica la via e cammina coi nostri giovani»

Colosimo: commossa e felice, Casale è un esempio

Chiara Colosimo
Chiara Colosimo
di Lorenzo Calò
Mercoledì 20 Marzo 2024, 08:14 - Ultimo agg. 12:28
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Onorevole Chiara Colosimo, presidente della Commissione bicamerale Antimafia, lei ha partecipato a Casal di Principe, assieme a migliaia di studenti, alla marcia in ricordo di don Giuseppe Diana, ucciso dalla camorra 30 anni fa. L'abbiamo vista sorridente ma anche commossa. Perché?
«Perché questa giornata è stata una straordinaria manifestazione di forza dell'antimafia cosiddetta della società civile ma anche di come alcune vite lasciano un seme che dà molti frutti. Sono commossa dalla quantità di ragazzi che ho visto. Credo che la figura di don Diana vada riscoperta e raccontata nei territori lontani da qui, perché ciò che è successo a Casal di Principe può succedere in tante altre realtà soffocate dalla criminalità organizzata. Onorata e commossa, posso dire io c'ero. E ci sarò perché "per amore del mio popolo non tacerò" e porterò la Commissione Antimafia in tutte le terre che vogliamo liberare dal buio della mafia».

Anche il presidente Mattarella ha ricordato, prima durante la sua visita un anno fa, poi, di nuovo, in occasione del discorso dal Quirinale a fine 2023, i valori e l'impegno del «modello Casal di Principe». È il segno che la strada è quella giusta?
«Per alcuni uomini la morte non è l'ultima parola.

Don Peppe Diana ha camminato oggi (ieri, ndr) sulle gambe di migliaia di giovani e giovanissimi studenti davanti agli occhi grati dei fratelli Marisa ed Emilio e delle loro famiglie. Chi lo ha ucciso trent'anni fa ha perso, la camorra a Casal di Principe è ormai ai minimi storici perché quel riscatto partito dalla forza della testimonianza di Augusto Di Meo ha contagiato tutti».

Lei ha citato Augusto Di Meo, il supertestimone del delitto: ha avuto coraggio ma lo Stato lo ha lasciato solo. Non trova che sia grave?
«Sono molto fiduciosa che il riconoscimento di Augusto Di Meo come testimone di giustizia avvenga in breve tempo».

Eppure Di Meo, che dallo Stato non ha ancora avuto alcun sostegno economico né tutele per il sacrificio sostenuto, aspetta ancora di essere riconosciuto come testimone di giustizia (nel 1994 non c'era la legge su tale figura, entrata in vigore solo nel 2001); ha dovuto persino andar via da Casal di Principe. È paradossale, no?
«Qualche mese fa Di Meo è stato scelto dalla Commissione Antimafia come consulente. Il suo coraggio va premiato perché costituisce anche un esempio».

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Sul tema della lotta alla criminalità l'Italia è molto più avanti rispetto ad altri Paesi avanzati d'Europa. Qual è il clima nella Commissione Antimafia?
«Proprio qualche giorno fa la Commissione ha esaminato e approvato un documento in memoria di don Giuseppe Diana e la proposta di Relazione sulla missione a Foggia dell'8 settembre 2023. L'approvazione è avvenuta all'unanimità. Come convenuto unanimemente nell'Ufficio di presidenza del 12 marzo scorso, in occasione di tale ricorrenza, si è inteso rendere omaggio alla memoria di don Giuseppe Diana con la pubblicazione, a cura della stessa Commissione, di atti giudiziari e di alcuni documenti particolarmente rappresentativi dell'opera del sacerdote. La pubblicazione sarà inserita nei Documenti parlamentari- Relazioni e documenti di Commissioni parlamentari (bicamerali) di inchiesta».

Ritiene che la nostra legislazione sui cosiddetti pentiti sia adeguata?
«Lo Stato deve tutelare chi ha avuto il coraggio della denuncia: questo anche per il valore civile e morale che va attribuito a questa scelta rispetto a chi invece non lo ha fatto. E chi ha scelto la strada giusta, cioè quella dello Stato, va incoraggiato e protetto. Sempre».

Si sta parlando molto, in termini di rappresentanza politica, di liste pulite «depurate» dal rischio di contiguità criminali. A che punto è la discussione?
«Come Commissione Antimafia ci stiamo lavorando, il confronto è costante. Stiamo ragionando su alcune modifiche inerenti il cosiddetto quarto grado per i reati di mafia. Certo, le responsabilità penali sono e restano personali. Ma contro la mafia bisogna dare messaggi chiari, in particolare ai giovani: impresentabili i familiari dei mafiosi fino al quarto grado. Almeno che non si prendano le distanze. Insomma, se tuo fratello o chi per lui è un esponente della criminalità organizzata tu devi provare che non "lavori" per lui».
 

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