Al Circe della Vanvitelli la verità
sul mistero delle ossa al Vaticano

Al Circe della Vanvitelli la verità sul mistero delle ossa al Vaticano
di Mary Liguori
Venerdì 23 Novembre 2018, 08:00 - Ultimo agg. 12:30
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Ci sono elementi concreti per ritenere che le ossa ritrovate sotto il pavimento della Nunziatura apostolica di via Po a Roma appartenessero a persone decedute meno di sessant’anni fa. Elementi tali da indurre il dipartimento di polizia scientifica di Roma a inviare in un laboratorio specializzato di Caserta i campioni ossei. Perché al Circe di San Nicola La Strada, dipartimento dell’Università Vanvitelli, si esegue la prova del carbonio 14, l’esame che data, appunto, le ossa e altri resti organici, come legno, malta, soprattutto su resti ritenuti risalenti a persone morte dagli anni 60 in poi. E dopo due mesi di ipotesi, soprattutto giornalistiche, l’inchiesta in capo alla Procura di Roma arriva a un dunque. L’esame verrà eseguito a Caserta, significa che ci sono seri motivi per ritenere che le parti di scheletro possano essere i resti di qualcuno che è morto in tempi relativamente recenti, e non secoli fa, come si ipotizza ormai da settimane. Che non siano, insomma, ossa di scheletri provenienti dal vecchio cimitero che una fonte anonima interna al Vaticano sostiene fosse sotto il suolo di Villa Giorgina, prima che Isaia Levi la costruisse e la donasse poi alla Chiesa e che il Vaticano vi collocasse la sua sede diplomatica a Roma, nel 1969. 

Basta una porzione millimetrica di materiale organico per stabilire la data del decesso e l’età dell’individuo al momento della morte. L’equipe che «fa parlare le ossa» è composta da appena sei persone, si tratta di esperti di chimica e di fisica. Il pool che analizzerà le ossa trovate in Nunziatura è coordinato da Fabio Marzaioli, del Dipartimento di Matematica e Fisica diretto dal professor Lucio Gialanella. La delega al Circe è avvenuta perché dei tre istituti italiani convenzionati con la direzione generale della Polizia Scientifica, quello casertano è l’unico che esercita l’applicazione giudiziaria degli esperimenti, la fisica forense. Nei laboratori casertani, dove la pianta organica è composta da trenta esperti di fisica, chimica e scienze ambientali, sono ospiti scienziati provenienti da diversi Paesi europei e da Brasile e Usa. 

Al Circe le ossa vengono sottoposte alla misurazione del cambiamento dei livelli di carbonio radioattivo, prendendo come riferimento le altissime concentrazioni di radioattività assorbite da tutta la materia vivente in seguito ai test nucleari condotti tra il 1955 e il 1963. Dopo quelle date, l’assorbimento diminuisce costantemente. Il carbonio 14 è infatti radioattivo e scompare gradualmente con il tempo. Meno se ne trova, più antico è il reperto. Nel «Centro per la ricerca isotopica sui beni culturali e ambientali» si esegue il raffinamento nella spettrometria di massa ultrasensibile, una tecnica utilizzata per determinare l’età degli alberi, della carta, dei reperti geologici e archeologici. Ma, soprattutto, come in questo caso, consente agli scienziati di datare la morte degli esseri umani e di stabilire la loro durata di vita approssimativa. Al Circe la specializzazione è la datazione di reperti risalenti a periodi successivi il 1960, con l’uso di un acceleratore, e quindi di scheletri relativamente giovani, e gli esami consentono di stabilire, in un solo test, sia l’età dell’individuo che il periodo della morte. Il margine di errore in relazione alla durata della vita dell’individuo cui sono appartenute le ossa va da uno ai tre anni. Un range stretto. E se gli esami dovessero dare una data vicina al 1983, saranno serie le possibilità che quelle ossa possano essere appartenute a Emanuela Orlandi o a Mirella Gregori, le 15enni scomparse a Roma 35 anni fa. L’istituto non si occupa del Dna. Esami che, infatti, la Procura di Roma ha delegato a un altro laboratorio.

Cittadina vaticana, figlia di un messo pontificio, Emanuela Orlandi fu vista l’ultima volta a Roma alle 19 del 22 giugno del 1983. Negli anni le inchieste senza esito hanno coinvolto gli ambienti più disparati. I lupi grigi, quando si parlò di un sequestro per ottenere la liberazione dell’attentatore Ali Ağca che sparò al papa in San Pietro. Le spie russe intenzionate a frenare l’azione di Woityla in Polonia. Successivamente, dopo la testimonianza di Sabrina Mainardi, amante di Renatino De Pedis, si ipotizzò che il rapimento e l’uccisione della ragazzina fossero opera della Banda della Magliana. E il ritrovamento della salma del dandy a Sant’Apollinare, nel 2012, sembrò confermare questa tesi. Perché mai un boss sanguinario era sepolto accanto a papi e santi? Esisteva forse un patto tra i criminali coinvolti anche nel caso Calvi (il “banchiere di Dio”, dominus dell’Ambrosiano trovato impiccato nel 1982 sotto il ponte dei Frati neri a Londra) e una cricca di religiosi viziosi di cui pure si è parlato? Chiesero alla banda di occuparsi del lavoro sporco per coprire chissà quali nefandezze  dopo avere coinvolto Emanuela - e forse altre ragazzine - in festini a base di sesso? Suggestiva congettura, anche per i pm capitolini, che infatti aprirono un’indagine che però, come nei casi precedenti, non portò da nessuna parte. Anche la pista della banda resa celebre da Romanzo Criminale si chiuse in un vicolo cieco. Archiviazioni e appelli incessanti della famiglia Orlandi. Per il papa argentino «Emanuela sta in cielo». «Sanno, ma non parlano». Lo sfogo del fratello. 

Il caso del «collezionista di ossa» intrigò la stampa inglese che, da Jack lo squartatore in poi, ha fatto della letteratura horror una delle sue colonne portanti. Quando nel luglio del 2007 alla Magliana fu ritrovato lo scheletro che poi si scoprì essere stato assembrato con le ossa di cinque persone, il rompicapo che avrebbe dovuto risolvere la Omicidi della squadra mobile di Roma, sbarcò prepotentemente sui giornali d’Oltremanica e, in quel frangente, ebbe un ruolo cruciale il Laboratorio Circe dell’Università Vanvitelli perché, già all’epoca, quello di San Nicola La Strada era uno dei tre istituti in Italia in grado di eseguire sofisticate analisi per la datazione dei reperti organici. Accanto a quel mucchio di ossa ricomposto da mani esperte e scoperto in seguito a un incendio di sterpaglie, c’erano il portafogli e un mazzo di chiavi appartenute a Libero Ricci, un mite pensionato che aveva lavorato per anni in Vaticano ed era scomparso tempo prima. Ma lo scheletro era suo solo in parte. E la clamorosa scoperta fu fatta al Circe, dove l’equipe di Filippo Terassi ricompose il macabro puzzle stabilendo la data di morte e l’età delle persone cui erano appartenute le ossa messe insieme dal «collezionista». Pochi grammi di ciascun osso furono trattati chimicamente per separare la struttura, estraendo lipidi e collagene. Il contenuto lipidico dell’osso si rinnova molto rapidamente fino al momento della morte, quindi il livello di carbonio è misurabile con precisione: in questo modo si evince la data della morte. Il confronto tra i due livelli di radioattività dà un’età approssimativa alla morte. Il risultato è esatto al 95%. Venne così fuori, dai Laboratori Circe, che quello della Magliana era un «collezionista», etichetta che da quel momento i media hanno usato in riferimento al caso più volte associato alla scomparsa della Orlandi, perché aveva composto lo scheletro con ossa appartenute a persone di età diverse e morte in periodi di tempo lontani tra loro. Avevano tra i 20 ai 55 anni. Due di loro erano donne. Uno dei crani era appartenuto a Libero Ricci e una delle due donne, ma questo lo si evinse dall’esame del Dna, era sua parente. Quanto si scoprì in laboratorio ingarbugliò, paradossalmente, ancor più il già intricato giallo. Il caso è ancora aperto.

Il Circe del Dipartimento diretto dal professor Lucio Gialanella, collabora con la Direzione centrale della Polizia Scientifica non solo per la datazione delle ossa. Tante sono infatti le applicazioni delle scienze forensi. Gli scienziati datano ad esempio la carta, aiutando gli investigatori a ricostruire la storia di lettere, libri e altri reperti trovati sulle scene del crimine, ma i casi che si risolvono in mano ai fisici non sono sempre gialli macabri. Una delle applicazioni recenti riguarda infatti anche la datazione del vino.
 
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