Jan Fabre, due opere permanenti per Napoli: «Una città che ho nel sangue»

L'artista fiammingo ha donato opere per la Real Cappella del Tesoro di San Gennaro e per la Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco

L'opera di Jan Fabre
L'opera di Jan Fabre
di Giovanni Chianelli
Giovedì 2 Marzo 2023, 15:42
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Un’opera, “Per Eusebia”, è un grande bassorilievo in corallo frantumato, come tessere di mosaico, che riproduce i simboli di San Gennaro: la mitra, le chiavi, le ampolle. L’altra si chiama “Il numero 85 (con ali d’angelo) ed è una scultura in corallo rosso del Mediterraneo che rappresenta un teschio umano dai cui lati spuntano lunghe ali.

Sono le due installazioni che Jan Fabre ha creato per Napoli: la prima è stata collocata in una finestra della Real Cappella del Tesoro di San Gennaro, la seconda nella Chiesa di Santa Maria delle Anime del Purgatorio ad Arco. L’allestimento è a cura di Melania Rossi, le opere sono realizzate grazie alla donazione dell’artista stesso insieme a Gianfranco D’Amato e Vincenzo Liverino.

Non è la prima volta che Fabre crea lavori permanenti per la città: «Già è successo con le quattro installazioni custodite nel Pio Monte della misericordia, accanto alla tela di Caravaggio.

Il mio rapporto con Napoli dura da 30 anni, dalle esperienze nella galleria di Laura Trisorio a quelle con Capodimonte. Una città che ho nel sangue» spiega l’artista fiammingo. E di sangue, letteralmente, si deve parlare per queste ultime due creature. Inutile dire che l’ispirazione nasce dal patrono: il pannello è allestito nell’Antisacrestia della Cappella in cui sono custodite le chiavi che aprono la cassaforte contenente l’ampolla con il sangue di San Gennaro. Il nome lo si deve alla pia donna, parente o nutrice del Santo, che per prima ne raccolse il sangue dopo il martirio nel 305 d.C. I richiami sono continui: la mitra è realizzata con un tripudio di rametti di corallo e circondata da lingue di fuoco, con grandi tessere di corallo che richiamano i 3328 diamanti, 198 smeraldi e 168 rubini che la adornano. Nella parte alta del pannello le due chiavi sono identiche a quelle usate per aprire la cassaforte che custodisce il sangue, si protendono verso le due ampolle realizzate con cornetti rossi, simboli di fertilità e prosperità. Fabre spiega che per crearlo ha impiegato un anno e mezzo. «Mi sono incarnato nei grandi mosaicisti ravennati: lo sfondo è un chiaroscuro di rosso corallo, un monocromo formato da variazioni naturali di tonalità e conformazioni composto dall’assemblaggio di roselline, cornetti, foglioline simili a piccole stelle marine, che richiamano l’habitat naturale di questo straordinario materiale».

Poi c’è l’opera concepita per la chiesa napoletana delle Anime del Purgatorio ad Arco, e anche in questo caso omaggia una donna, leit motiv dell’artista: appare come una diretta discendente di un’altra scultura custodita nella chiesa, il cosiddetto Teschio Alato realizzato da Dionisio Lazzari per l’altare maggiore nel 1669. Il numero 85, il cui significato numerologico è da ricondursi alle anime del Purgatorio, stabilisce un contatto diretto con il culto dei morti, o meglio delle anime. «L’opera è una sorta di meditazione anatomica in cui si può cogliere la forma della vita che si disfa in altre forme viventi».

Per Eusebia e Il numero 85 (con ali d’angelo) sono accompagnate da un catalogo con saggi di Angela Tecce, Melania Rossi, Marino Niola, Sara Liuzzi, Francesco Imperiali di Francavilla e Francesca Amirante, edito da Electa e realizzato grazie al contributo di Studio Trisorio.

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