Il Museo Anatomico di Napoli: una Wunderkammer custodita nel cuore della città

Una perla custodita nel centro della città e dall’altissimo valore storico–scientifico

Primo piano del cranio di Giuditta Guastamacchia, uno dei quattro teschi della Vicaria, sui quali è possibile vedere i segni fatti per gli studi di frenologia
Primo piano del cranio di Giuditta Guastamacchia, uno dei quattro teschi della Vicaria, sui quali è possibile vedere i segni fatti per gli studi di frenologia
di Vincenzo Cimmino
Mercoledì 5 Aprile 2023, 16:10 - Ultimo agg. 7 Aprile, 15:22
6 Minuti di Lettura

Risale alla fine del Settecento il primo nucleo di quello che poi sarebbe diventato il Museo Anatomico di Napoli. Inserito nel Musa, il più ampio Sistema Museale dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”, e diretto dal professore Angelo Itro, il museo si trova in via Luciano Armanni, nei pressi dell’Ospedale degli Incurabili.
Perla custodita quasi gelosamente nel centro della città e dall’altissimo valore storico–scientifico, è l'ennesimo vanto di Napoli nel mondo, città che negli ultimi tempi sta vedendo sempre più potenziati i maggiori musei presenti nell'area cittadina, come testimonia anche la recente adesione del Musa alla rete ExtraMann. 

Tornato alla luce negli anni scorsi, dopo un periodo di chiusura dovuto a un restauro iniziato nel 1985 – resosi necessario in seguito al terremoto del 1980 – e durato fino al 2016, il museo è una vera e propria Wunderkammer, una camera delle meraviglie sconosciuta ai più e che negli ultimi anni sta accogliendo sempre più visitatori, che ancora conserva i cilindri in vetro originali, nei quali sono conservate parte dei pezzi della collezione, e il mobilio di fine Ottocento in legno.

Nato in un momento particolare per l’anatomia, scienza che all’epoca necessitava di un gran numero di cadaveri, di non sempre facile reperibilità, il Museo, che oggi ha sede nell’ex Convento di Santa Patrizia (così come voluto dal celebre anatomista Giovanni Antonelli, nel 1901 Rettore dell’Università di Napoli), è composto da molteplici collezioni e sezioni, e raccoglie più di 3000 reperti anatomici, ma non solo: tra gli oggetti custoditi nelle sale è possibile trovare antiche apparecchiature mediche, libri, cere e curiosità mediche.

«Il museo paga due damnatio memoriae. La prima, con l’arrivo di Garibaldi, quando il museo era in via Mezzocannone. - così spiega il professore Michele Papa, ordinario di medicina e grande conoscitore del museo -  Poiché l’ultimo direttore del museo, Stefano Delle Chiaie, era considerato vicino ai Borbone, venne chiamato a sostituirlo, come in uno spoiling system, Oronzio Costa, già condannato a morte dai Borbone, dietro delazione dello stesso Delle Chiaie (omonimo antenato del terrorista nero da poco scomparso), perché sovversivo.

In seguito al rifiuto di Oronzio, prende il posto suo figlio, Achille, il quale, per cancellare la memoria del suo predecessore nonché accusatore del padre, Delle Chiaie, decise di distruggere tutta la documentazione raccolta fino ad allora. Celebre il caso dello scheletro di balenottera: acquistato dal Delle Chiaie, si trova oggi a Bologna! La seconda volta che si perde la memoria è durante le battute finali della Seconda guerra mondiale. Il direttore, all’epoca, era Giunio Salvi, un gerarca fascista che sarebbe poi finito davanti alla corte marziale. Il suo successore, Gastone Lambertini, per entrare nelle grazie degli Alleati, arrivò a distruggere tutta la documentazione del Salvi, che era stato direttore per ben venti anni».

Degne di nota la presenza del cosiddetto “Omero di Vesalio”, preparazione anatomica risalente al 1544 ad opera del padre della moderna anatomia, Andrea Vesalio, e le “pietrificazioni” di Efisio Marini, scienziato cagliaritano trasferitosi poi a Napoli, capace di trasformare tessuti e organi in fossili in poche ore. Della collezione del Marini, inoltre, fa parte un tavolino formato da sangue, cervello, bile, e polmoni, con al centro una mano di donna, presentato alla prima Expo di Parigi.

 

«Noi troviamo qui la raccolta di Efisio Marini, della quale, nel discorso di inaugurazione del museo negli spazi attuali, avvenuta il 7 gennaio 1901 ad opera di Giovanni Antonelli, non c’è traccia! - commenta il professore Papa - Noi non sapevamo quando arriva qui Marini, e solo grazie a uno studio durato tre anni presso l’Archivio di Stato di Napoli riusciamo a risalire alla data esatta: la figlia di Efisio Marini, Rosa, dona a Giunio Salvi la raccolta del padre. Non sappiamo però se è stata una donazione, come diceva Rosa Marini, o se, come sosteneva Giunio Salvi in un articolo del Corriere della Sera del periodo, la raccolta fosse in realtà stata venduta e quindi comprata».

Ancora di notevole interesse la presenza delle “mostruosità”, una serie di cere raffiguranti gravi patologie che arrivavano a stravolgere la fisionomia di chi ne era affetto, e l’insolita presenza delle teste rimpicciolite (dette Tsantsas) degli Indios Jivaros, popolo amazzonico i cui oggetti sono esposti nei più famosi e importanti musei del mondo.

Collezione ancora di rilievo, è quella dei teschi, composta da quattro serie con esemplari che vanno dal I secolo a.C. fino all’Ottocento. La quarta serie è formata dai cosiddetti teschi della Vicaria: aldilà della loro storia – i quattro, Giuditta Guastamacchia e suo padre Nicola, il chirurgo Pietro de Sandoli e il sicario Michele Sorbo, erano criminali, complici a diverso titolo di un omicidio – i crani sono interessanti perché su di essi sono ancora visibili i segni degli studi di frenologia (teoria pseudoscientifica, oggi quindi abbandonata, secondo la quale a partire dalla conformazione del cranio era possibile risalire alle caratteristiche mentali degli individui) effettuati dal professore Giovan Battista Miraglia alla ricerca di determinati caratteri “delinquenziali”.

Video

«Il mio pezzo preferito della raccolta è Susanna - la testa di una giovane donna conservata nei cilindri originali in un fluido che ne conserva le fattezze - , la mia fidanzata. Questa - conclude il professore Papa, capace di appassionare chiunque alle sue spiegazioni - è una popolana, ma è di una bellezza enorme, guardi l’arco di Cupido, com’è delicato! Lo stesso naso, le ciglia! Non conosciamo la sua storia, sappiamo solo che è stata trovata in mezzo ai due vecchioni e la mia idea è che l’anatomista si sia ispirato, per questa associazione, al quadro della Gentileschi, che per molti anni è stata a Napoli».

Video
Ultima, ma non per importanza, meraviglia che riguarda il museo, è il costo del biglietto: l’ingresso è infatti gratuito per chiunque avesse voglia di visitarlo. Unica accortezza, è molto gradita la prenotazione online dal sito del MUSA: è possibile visitare le sale il lunedì, il martedì, il giovedì e il venerdì dalle 10 alle 14, e il mercoledì dalle 10 alle 16, facendosi accompagnare anche dall’applicazione-guida disponibile. Inoltre, merita una menzione particolare lo staff del Museo, composto da persone dalla grande disponibilità e cordialità, persone che propongono e promuovono la cultura nel territorio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA