Emir Kusturica e Peter Handke, un'amicizia a prova di Nobel

Il regista celebra un'amicizia fraterna salda nell'amore per un popolo e nella comune intolleranza alla politica mainstream

Emir Kusturica e Peter Handke
Emir Kusturica e Peter Handke
di Stefano Gallerani
Lunedì 3 Aprile 2023, 07:00 - Ultimo agg. 4 Aprile, 07:10
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Nel corso del tempo, l'ansia nomenclatoria e una comprensibile tendenza a «fare ordine» hanno confinato la narrativa in categorie che, in qualche modo e prima ancora che ne sfogli le pagine, suggeriscono al lettore che tipo di oggetto gli sia capitato tra le mani una volta spiccato dagli scaffali o dalle pile delle novità in libreria. Ecco, dunque, per fare qualche esempio, la letteratura di finzione opposta a quella non-fiction, quella «generica» a quella «di genere», ma anche l'auto-finzione, l'educazione sentimentale e il romanzo di formazione, quello storico e quello distopico, il thriller o lo psicodramma. E questa non è che una parte dell'elenco, perché a nuove e vecchie definizioni se ne affiancano ogni giorno di nuovissime, e quasi tutte riescono a dare a quasi qualsiasi titolo una sua specifica identità. Poi, però e fortunatamente, verrebbe da dire - ci sono libri, pochi ma ci sono, che mettono in dubbio la geografia di questo arcipelago perché per loro un'etichetta o due non bastano. A questa indefinibile schiera appartiene, senza dubbio, L'angelo ribelle, di Emir Kusturica, terzo affaccio sulla pagina scritta del regista di «Underground» (1995) e «Gatto nero, gatto bianco» (1998).

Prima di questo, per Feltrinelli sono usciti Dove sono in questa storia (2011), appassionata autobiografia tra arte, politica e vita e i racconti di Lungo la Via lattea (2016). Presentato, invece, come romanzo-mondo, L'angelo ribelle è un romanzo, sì, ma solo se lo si intende nella sua accezione più ampia e meno frequente, ovvero quella di una forma che costantemente ridefinisce sé stessa in funzione di una scrittura e, appunto, di una visione del mondo. Visione che, nello specifico, sovrappone quella dell'autore a quella del suo protagonista, Pietro Apostolo Speleologo. Un'affinità non secondaria se si tiene conto che questi altri non è che Peter Handke, premio Nobel per la letteratura nel 2019 nonché uno degli scrittori più importanti ma anche più controversi degli ultimi cinquant'anni.

Intorno a lui, e celebrando un'amicizia fraterna salda nell'amore per un popolo, i serbi, e nella comune intolleranza alla politica mainstream, Kusturica costruisce un paesaggio concreto quanto surreale in cui ogni gesto, ogni parola, ogni azione, anche, rimandano sia a ciò che sono sia a ciò che rappresentano, perché «la metafora protegge l'uomo dall'incerto futuro, preserva la nuda verità molto più dell'evento reale».

E difatti, nelle pagine, tutto, dal passato remoto a quello più prossimo, dall'oggi al domani, trasfigura sublimato in una dimensione superiore che non conosce le leggi dello spazio e del tempo e in cui la fantasia è il volto più autentico del «possibile». Se, però, fossimo costretti ad arare le pagine di L'angelo ribelle alla ricerca dei fatti, potremmo limitarci a dire che il libro non è che il racconto della lunga marcia di avvicinamento che, partendo dall'adolescenza, ha portato Emir Kusturica a essere presente a Stoccolma il giorno del conferimento a Handke della massima onorificenza in vita per uno scrittore; il ricordo di quello che è successo prima, nel decennio delle guerre iugoslave (1991-2001), e il diario di quei giorni e di quelle ore di dicembre in Svezia, con le polemiche che hanno accompagnato la scelta dell'Accademia svedese, le proteste delle madri di Srebrenica e quelle in risposta delle madri della Repubblica Serba. 

Ma questo non conta o, se conta, conta in una misura che non ha nulla a che vedere con i fatti in quanto tali. Senza lo sguardo dell'artista il suo come quello del suo protagonista per Kusturica i fatti sono solo lettera morta; senza i suoi occhi sarebbe impossibile comprendere come e perché, negli anni Novanta, Handke sia arrivato in Serbia mentre, da casa, i suoi colleghi scrittori «facevano "coraggiosamente" il tifo per una guerra in cui la Forza mondiale uccide i bambini sui ponti». Senza tutto questo, insomma, non restano che gli equivoci e le opinioni, che non hanno nulla a che vedere con quel movimento continuo che rafforza nell'artista «il desiderio di esplorare ancora quella forma (l'anima) in cui con un filo invisibile si cuciono insieme il mondo esteriore e quello interiore».

Che è esattamente quello che fa, nel suo cammino verso la verità, l'Handke di Kusturica attraversando la vita proprio come un funambolo che, sospeso tra cielo e terra, ci ricorda, con le parole e con l'esempio, che «i nostri sentimenti sono la nostra difesa, e che non sono meno importanti della ragione». 

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