Lavinia Petti, Dove nascono le ombre: un «bambino rovesciato» nel bosco del Paradisiello

Il nuovo romanzo dell'autrice napoletana ambientato a Napoli negli anni Sessanta

Lavinia Petti
Lavinia Petti
di Ugo Cundari
Venerdì 31 Marzo 2023, 11:00
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Ha il sapore delle storie tenebrose di Stephen King Dove nascono le ombre (Mondadori, pagine 372, euro 19,50), il nuovo romanzo in uscita martedì della napoletana Lavinia Petti che rispetto alle prove narrative precedenti, Il ladro di nebbia e La ragazza delle meraviglie, sembra aver acquisito maggiore consapevolezza delle proprie capacità espressive tanto da mescolare con sapienza la tipica trama di un mistery ricco di suspence con la classica storia di formazione. «Avevo un'infanzia felice e non avevo idea che all'improvviso ogni vita si potesse infrangere, e non in un punto soltanto» inizia a raccontare la voce narrante.

Siamo negli anni Sessanta, a Napoli. Lui, il ragazzino, è nato il Giorno dei Morti, ha un animo solitario, adora le storie del terrore, parla con i fantasmi. Ogni tanto si chiede «se siamo tutti morti e non lo sappiamo», e poi «come faccio a capire se sono vivo oppure no». Le suore a scuola lo hanno soprannominato «il bambino rovesciato», sia per le sue stramberie quotidiane che per essere mancino. Quando ha 12 anni vive la tragedia della sorellina di pochi mesi che muore nella culla. La madre non riesce a riprendersi e il padre la porta a curarsi in una clinica. Il ragazzino è affidato alla zia, che abita al Paradisiello, a cui si arriva con una salita di 150 gradini.

Si trova sopra l'orto botanico e permette una visuale paradisiaca sulla città. È una zona verde, piena di giardini, come se fosse separata dal resto della città. Il palazzo dove si trasferisce, aspettando che la madre guarisca, «non ha nulla a che vedere con i palazzi moderni, si erge in mezzo agli arbusti con la gloria di un monolite. Sembra una costruzione composta da pezzi di edifici diversi. Forse un tempo era stato un convento, oppure una masseria». E qui il protagonista vivrà l'estate più intensa della sua esistenza. Fa amicizia con un gruppo di ragazzini che abita nel «monolite» della zia, con la quale non ha un buon rapporto. Con loro esplora il territorio, alla ricerca di avventure, spingendosi nel fitto del boschetto che «ha l'aria di una creatura viva e antica sulla quale incombe un sortilegio». 

Ha un fascino irresistibile non solo perché può nascondere tesori misteriosi ma perché nessuno ha il permesso di entrarvi. Un giorno il ragazzino si spinge nel fitto del bosco, da solo, e incontra un uomo che ha la sagoma di un orco, un mostro cattivo e puzzolente. Poi viene a sapere della brutta storia. Venticinque anni prima, in quel bosco, un ragazzo della sua età, mentre giocava a nascondino, è scomparso e non è stato mai più ritrovato.

Gli abitanti del Paradisiello dicono sia stato il demonio. Lui non si spaventa, anzi la storia ne eccita la fantasia e così inizia a lasciare messaggi tra gli alberi, che sono presi per quelli lasciati dal coetaneo scomparso. Per lui è un gioco, macabro come uno di quelli che ha letto nei libri di Poe, ma i racconti di Poe non sono mai ingenui e innocenti, e anche in questo caso la vicenda da gioco si trasforma in dramma, perché forse il bambino scomparso si è semplicemente nascosto, si è trasformato in un predatore e aspetta il momento buono per nutrirsi delle vite dei ragazzini. O chi lo ha rapito, non certo il diavolo ma forse un pedofilo, adesso è tornato, e con lui un complice, e hanno bisogno di sfogare le loro voglie sui nuovi bambini.

Il finale, a sorpresa, si ricollega a una notte di tanti anni prima durante la Seconda guerra mondiale, e dimostra che nessuno è innocente, tutti hanno una porzione di colpa quando il male è più forte del bene, anche quando una neonata muore e si poteva salvare. 

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