Licia Colò, intervista al Mattino: «Vi racconto cosa vorrei per mia figlia»

Licia Colò, intervista al Mattino: «Vi racconto cosa vorrei per mia figlia»
di Maria Pirro
Venerdì 13 Dicembre 2013, 10:07 - Ultimo agg. 11:09
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Licia Col, la mamma imperfetta. Lei stessa si definita cos.

E sicuramente lo sono.



Madre severa, anzitutto con se stessa.

«Credo che un genitore debba mettersi in discussione sempre e non basti comprare vestiti o dar da mangiare ai figli per crescerli bene. Ma poi ci sarebbe da discutere anche sul concetto di perfezione...».



Ne parla nel libro "Per te, io vorrei", che ha appena pubblicato con Mondadori: una riflessione sul significato della maternità ispirata dal rapporto con sua figlia di 8 anni.

«Non un libro per bambini, ma spunto per una riflessione sul significato di essere genitori oggi».



Nel presentarlo, una sua affermazione ha scatenato reazioni.

«Ho detto che mi stufo di giocare con le bambole, ma con mia figlia faccio tante altre cose. Vorrei sottolineare che stare con lei è sempre la cosa che mi rende più felice».



Perché raccontare una storia così intima?

«Ho avuto la fortuna di diventare mamma non da ragazzina e per questo pensavo che sarebbe stato tutto più facile. L'esperienza, decisamente complessa, mi ha spinto a una riflessione sul rapporto mamma-figlio, in chiave femminile: nel libro ci sono tanti riferimenti su come crescono le piccole donne oggi nel mondo».



Uno sguardo proiettato oltre la linea occidentale.

«Ci sono bimbi che non hanno niente, mai dare nulla per scontato. Un genitore deve spiegare ai figli il valore delle cose che hanno. E raccontare anche le discriminazioni subite dalle donne in quei Paesi in cui la figlia femmina è esclusa dall'eredità, costretta a un matrimonio combinato o a non guidare l'auto. Per avvicinare queste realtà ho preso spunto dai viaggi che ho fatto, pensando che possa servire ad altri genitori fare una riflessione anche su cosa dare o lasciare. Io per mia figlia non direi mai una casa, vorrei darle la forza di volare alto».



Anche questo può sembrare facile, ma poi l'esperienza insegna che...

«Si può volare alto, puntando sulla cultura. Non a caso, racconto nel libro incontri prestigiosi come quello con Rita Levi Montalcini, Nobel per la medicina, donna straordinaria, pronta a sostenere la ricerca in Italia come il sociale in Africa. Quindi a mia figlia ripeto che, da grande, sarà libera solo se avrà la capacità di saper apprezzare la bellezza e, nel contempo, la forza di essere educata, rispettando gli altri, in modo da sentirsi a proprio agio in qualunque situazione».



Regole quotidiane?

«Le insegno a rispettare le differenze, a cominciare dai più deboli come i bimbi disabili».



Più ordinarie reazioni dai suoi lettori?

«Ho ricevuto tante e-mail positive, alcune molto toccanti da donne senza figli».



Nel libro definisce anche la sua bimba una «piantina da far crescere dritta». Una metafora che ricorda quella più famosa utilizzata dall'autore del Piccolo Principe.

«Involontaria, forse, è un libro che ho letto da ragazzina».



Da mamma, la sua rosa si chiama Liala. L'ascolta quando si lamenta o si vanta o, perfino, quando tace, per dirla con lo scrittore Antoine de Saint-Exupéry.

«Io, però, non voglio tenere mia figlia sotto una campana di vetro. Le sono vicino per qualsiasi cosa accada o faccia, senza mostrarle una realtà edulcorata. Proteggerla significa anche lasciare che cammini sulle sue gambe, guidarla ma non isolarla».



"Per te, io vorrei", cosa spera?

«Io vorrei che mia figlia credesse di poter migliorare il mondo, anche nel suo piccolo. E di non avere limiti, possibilmente nel bene».



Sottotitolo del libro: "Ti racconto che il mondo può essere bellissmo" scrive. Da dove comincia?

«Guardandosi intorno. Mia figlia quando vede un tramondo dice che è bello. La porto in montagna, tra gli animali, ma le racconto anche che altri bimbi non hanno i genitori perché possa andare più lontano, con consapevolezza».



E niente tv. In un'intervista rivela che sua figlia, fino a un anno fa, non aveva mai visto il programma "Alle falde del Kilimangiaro", perché voleva tenerla fuori dal mondo dello spettacolo. Adesso, con lei è protagonista di una pubblicità, come mai questa scelta inversa?

«Non mi piace che i bimbi restino davanti alla tv in maniera passiva, anche se chiaramente guarda i cartoni come i suoi coetanei. La scelta di realizzare la pubblicità è dovuta al legame che c'è con quella famiglia imprenditoriale. Non per farla diventare una star, ma per rispondere a una richiesta. Del resto, Liala fino a qualche tempo fa sognava di aprire un mercativo di frutta e verdura o di piante».



E ora, sua figlia cosa sogna?

«Guardando il tg, qualche giorno fa mi ha detto: mamma, da grande voglio fare la politica, perché voglio cambiare il nostro Paese».



A parte lo sguardo magnetico, in questo le somiglia?

«Ha la mia sensibilità per la natura e gli animali ed è abbastanza determinata. In più, è allegra e solare come suo padre. E un po' anarchica e un po' viziata, ma questo è un problema che ha la maggior parte dei genitori e la vita le insegnerà che bisogna entrare nei ranghi».



Suo marito è napoletano, c'è un rapporto speciale con la città?

«Da quest'anno "Alle falde del Kilimangiaro" va onda in diretta da Napoli, tutti i week-end sono in città. La sede Rai partenopea funziona davvero bene e ho un ottimo gruppo di lavoro. Con Laila si va in giro: a Napoli sotterranea si è entusiasmata, è stata alla Solfatara di Pozzuoli assieme alla nonna, agli scavi di Pompei. E più di tutto le piace la cucina partenopea: dice che è l'unico cibo buono al mondo. Pizza e non solo, mai sazia». Su questo, chi può darle torto?
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