La donna che visse nelle città di mare, il romanzo delle donne: «Noi nelle città di mare»

«Ci stava a cuore rappresentare un'epoca in cui le donne stavano cambiando e anche chi non era attiva nei primi movimenti femministi ne restava coinvolta»

La donna che visse nelle città di mare, il romanzo delle donne: «Noi nelle città di mare»
di Giovanni Chianelli
Venerdì 24 Febbraio 2023, 22:00
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Un'infermiera che a inizio 900 provava a diffondere la pillola anticoncezionale. Un archeologo di fama internazionale che lasciò gli scavi per diventare l'allenatore del Messina ai tempi del terremoto dello Stretto. E l'artigiano che produceva selle per la real casa Savoia che aprì una delle prime case discografiche d'Italia. C'è questo e molto altro nel romanzo La donna che visse nelle città di mare (Giunti), scritto da Marosella Di Francia e Daniela Mastrocinque, che a quattro mani avevano già firmato nel 2016 Amiche di penna (Mondadori). Il libro è stato presentato al caffè del teatro San Carlo da Titta Fiore, presidente della Film Commission, lo scrittore Maurizio de Giovanni e la docente universitaria Paola Villani.

La storia incrocia due epoche.

Nel 1904 a Messina una giovane, Costanza, alla vigilia del fidanzamento scopre che suo padre si è suicidato. Il fidanzato la lascia, lei scappa a New York; tornerà subito dopo il terremoto, in un panorama di macerie. Nel 2012 Lucilla, soprano, arriva al San Carlo per un'audizione e si ritrova in tasca una lettera firmata da Costanza Andaloro, datata agli inizi del secolo precedente; così si affaccerà sulla vicenda di quella che è la sua antenata, e che uscendo dal romanzo corrisponde a un personaggio realmente esistito, la nonna della Di Francia moglie del critico cinematografico Valerio Caprara - e del fratello Mimmo, musicista e paroliere, autore, tra gli altri successi, di «Champagne». «Un poliorama» dice la Fiore parlando del libro. «Una miscellanea di immagini e riflessioni, di fantasie e fatti accaduti». La giornalista sottolinea il transfert che il testo è capace di operare nel lettore: «Non c'era miglior posto, per presentarlo, di questo teatro perché alcune scene avvengono proprio qui. Ma un po' tutta la storia ci riporta in luoghi e stagioni di cui abbiamo letto, ci fa incontrare personaggi come Francesco Cilea e scenari che ci appartengono, dalla villa comunale alla Sanità». 

De Giovanni parla di un romanzo prevalentemente al femminile: «Ottusamente ci ostiniamo a credere che solo nei nostri tempi le donne siano capaci di autodeterminarsi. Non è così, anche nei secoli passati molte donne furono in grado di recitare ruoli centrali e questo romanzo lo dimostra». Lo scrittore sottolinea l'evoluzione dei personaggi nella narrazione: «Una storia di illusioni e disillusioni che innescano il cambiamento nelle vite dei protagonisti. Le cicatrici, i dolori e le perdite provocano mutazioni, nella vita e nella letteratura: il racconto della trasformazione personale è quello che rende realistica la vicenda. Solo alla fine mi sono reso conto che Costanza è realmente esistita e ne ho sofferto, volevo che restasse la mia Costanza, quella che mi ero immaginato leggendo».

La conclusione è delle autrici. La Di Francia: «Un lavoro appassionante quanto faticoso. Prima ne abbiamo fatto una sceneggiatura, poi lo abbiamo reso uno scambio epistolare e infine è diventato romanzo». La Mastrocinque ha parlato del tema dominante del romanzo: «Ci stava a cuore rappresentare un'epoca in cui le donne stavano cambiando e anche chi non era attiva nei primi movimenti femministi ne restava coinvolta». 

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