Vittorio Del Tufo e Sergio Siano, viaggio al termine di Napoli Babilonia tra parole e immagini

Vittorio Del Tufo e Sergio Siano, viaggio al termine di Napoli Babilonia tra parole e immagini
di Fabrizio Coscia
Giovedì 25 Novembre 2021, 11:00 - Ultimo agg. 29 Novembre, 16:35
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Di che cosa parliamo quando parliamo di Napoli? Di una città reale o immaginaria, unica o molteplice, nobilissima o lazzarona? Di una dadapolis o una chimera? Forse nessun'altra città al mondo come la nostra è stata altrettanto raccontata, rappresentata, cantata, detta e contraddetta, al punto da rischiare di essere continuamente confusa con il discorso che la descrive. Ed è - questo della confusione tra il discorso e il suo oggetto, della mistificazione - una rischio che affrontano con coraggio, ed evitano con cognizione, i due giornalisti Vittorio Del Tufo e Sergio Siano, che il loro discorso su Napoli lo svolgono con un progetto a suo modo straordinario, quello a cui ogni domenica da tempo «Il Mattino» dedica la pagina domenicale «L'Uovo di Virgilio», e confluito adesso nel terzo e (forse) ultimo libro, Napoli Babilonia (con introduzione di Pietro Treccagnoli), dopo L'Uovo di Virgilio e Napoli pietra e lava (tutti editi da Rogiosi).

Ma in che modo il rischio è affrontato ed evitato in questo reportage in tre atti? Da un lato intendendo il discorso su Napoli nel senso etimologico - e barthesiano - della parola (discursus come un «correre qua e là»), che permette una fluidità, una rapidità ricognitiva capace di scansare ogni pericolo di cristallizzazione; dall'altro agganciando la parola scritta (di Del Tufo, piana e colta, mai compiaciuta, sempre aderente alle cose) alle immagini (di Siano, evocative e descrittive insieme, che sanno cogliere l'attimo nel dettaglio come nella visione d'insieme). 

Parola e immagine inseguono così una verità sempre sfuggente, cangiante, rifrattiva: il già detto e il già visto acquisiscono qui una nuova forma, dove segno verbale e iconico concorrono a formare, in maniera autonoma e complementare, un contenitore di storie potenzialmente infinite.

Perché se è vero che Napoli è una città-mondo, come scrisse Curzio Malaparte, una Babilonia che non si è mai estinta, per dire di questo mondo occorre campionarlo con una mappatura non solo dell'esistente, ma di ciò a cui l'esistente allude, poiché a Napoli tutto rimanda sempre e comunque ad altro, il passato convive col presente, il visibile con l'invisibile, i corpi coi fantasmi, le luci con le ombre.

In questo labirinto dell'immaginario Del Tufo e Siano si muovono con disinvoltura, sensibilità e con l'umiltà dei grandi cronisti. Così, tra le pagine, ci imbattiamo in personaggi di epoche diverse, lontane e vicine, come Federico II e Giovanna la pazza, il conte di Mola e Carlo Celano, Nietzsche e Antonio Cardarelli, re Ladislao e San Gennaro, il principe di Sirignano e Casanova, Corradino di Svevia e Lenuccia Cerasuolo; in luoghi come Posillipo e via Toledo, il Chiatamone e la villa Floridiana, salita Pontecorvo e l'Annunziata, la Trinità delle Monache e Agnano, Piedigrotta e San Pietro a Majella; e ancora: in leggende e misteri, chiese e monumenti, artisti e musicisti. 

È un repertorio vasto, quello che i due autori attraversano, in senso orizzontale e verticale, per così dire, per scandagliare la profondità - storica, culturale, architettonica, artistica - di una città «abissale». Basterebbe leggere (e guardare) l'inizio del libro, sul teatro romano dell'Anticaglia, per comprendere il metodo investigativo adottato. Il sito archeologico romano incastonato tra i palazzi e le case del centro storico è un unicum e ricorda un po' i templi Maya che appaiano ai turisti abbarbicati alle foreste dello Yucatan, con la differenza che qui a minacciare i resti antichi non è la natura ma la storia, che a Napoli è fatta anche - e soprattutto, come questo libro dimostra e denuncia - di abbandono e degrado, indifferenza e incuria.

Ma il teatro romano è anche la metafora della città stessa, che fonda la sua identità sulla scena, la rappresentazione. Lo aveva intuito bene Walter Benjamin nel suo celebre saggio dedicato a Napoli, laddove l'architettura urbana, la lingua, la vita privata e quella pubblica, tutto è letto come fluida messa in scena, rappresentazione, teatralità. Di questa categoria interpretativa di città-scena Del Tufo e Siano (che martedì 30 novembre presenteranno il libro alla Feltrinelli di piazza dei Martiri con Mirella Barracco e Pietro Treccagnoli) ci hanno restituito una puntuale e appassionante esplorazione, e lo hanno fatto come due sciamani - della penna e della macchina fotografica - evocatori d'ombre del passato, che tornano a chiedere conto del loro oblio al presente della nostra città.

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