Peppe Millanta ritorna in libreria con le «Cronache di Dinterbild»

Dopo il successo di “Vinpeel degli orizzonti”, vincitore di 11 premi e tradotto in 5 lingue

Peppe Millanta
Peppe Millanta
di Alessandra Farro
Lunedì 5 Giugno 2023, 19:58
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Dinterbild è sospesa nel tempo, sorge intorno a una locanda, e Vinpeel è l’unico ragazzino convinto che a di là di questo mondo ci sia dell’altro, l’Altrove, appunto, un posto in cui le emozioni urlano forte ad ognuno di noi. Il meraviglioso mondo nato dalla penna di Peppe Millanta torna a salutare i suoi lettori con “Cronache da Dinterbild”, edito da NEO edizioni, dopo il successo di “Vinpeel degli orizzonti”, vincitore di 11 premi e tradotto in 5 lingue.
Il romanzo è uno spin-off sulle surreali, immaginifiche, rocambolesche storie dei personaggi che hanno popolato il mondo di Vinpeel.

La storia precedente si è chiusa con Vinpeel che vola a bordo di una mongolfiera alla scoperta di altri mondi insieme agli altri di Dinterbild, adesso rimasto senza abitanti, eccetto per il padre di Vinpeel, Ned Bundy, e il signor Biton, il padrone della locanda, che aspettano che dal mare arrivino delle conchiglie per costruire la zattera che li porterà via, ma attenzione: soltanto le conchiglie che serbano una storia al loro interno, quelle degli amici che sono partiti, sono utili.

Millanta, lei stesso ha definito questo nuovo romanzo uno “sprequel”.
«Il libro contiene sia un sequel che un prequel del romanzo precedente.

In questo caso, il libro è un po’ romanzo e un po’una raccolta di racconti e gioca su questa duplicità mentre la storia progredisce. Racconta sia l’antefatto che il seguito di “Vinpeel degli orizzonti”. Ned e Biton hanno un piano folle per andare via da Dinterbild e la preparazione del loro viaggio rappresenta un trasloco esistenziale dal luogo in cui ci rifugiamo a quello in cui tutto può succedere».

Una storia sui ritorni e sulle partenze?
«Ci sono storie che aiutano a riordinare il mondo quando va in pezzi, che servono a rincollare i giorni per combattere il vuoto che incontriamo intorno a noi, questa è una di quelle storie, ma la cifra è quella della fiaba, il tono è grottesco. Si parla di malinconia senza esibizionismo, di dolore e tristezza senza forzature. Il messaggio finale è positivo di fronte all’esistenza».

Il paesino è lo stesso, alcuni dei personaggi anche: le differenze con il primo romanzo?
«Se nel romanzo precedente Vinpeel poneva delle domane, questa volta pone delle risposte che vanno a comporre una piccola ideologia dell’incanto. La tematica fondamentale di entrambe le storie è la necessaria ricerca della felicità, ma anche delle seconde occasioni e del desiderio inteso come chiavistello per sforzare la realtà e scovarci stupore. Entrambe le storie dialogano tra loro. In questo caso però, la metafora dell’immaginazione non viene usata come via di fuga, ma come progetto: noi siamo come immaginiamo; è la vita che ruba alla fantasia e non il contrario. La storia è fruibile in materia autonoma rispetto alla precedente, ma resta in dialogo aperto con “Vinpeel degli orizzonti”. Sicuramente, si svela la natura di questo mondo, domanda lasciata in sospeso nel primo romanzo».

La creazione di Dinterbild rappresenta un modo personale di affrontare i turbamenti della vita?
«È la risposta alla condizione che è stupendamente umana. Il momento in cui toccare il fondo ti permette di darti lo slancio coi talloni per risalire ancora più in alto di prima. Ogni personaggio incontrato nel libro racconta un aspetto di noi, lavorando sull’eccesso. Ad esempio, il pittore che ha il compito di dipingere l’assenza, qualcosa che non c’è più e che è diversa dal vuoto; il musicista che trascrive tutti i suoni del mondo, come il corso delle cascate; e ancora le poesie spigolari scritte sui muri. Ci rispecchiamo sempre in ciò che ci circonda, in quello che ci piace. Cerchiamo sempre gesti, parole, volti in cui rifletterci e io in qualche modo ho cercato di materializzare qualcosa in cui riconoscerci». 

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