«A Napoli con Pergolesi» nel libro di Culicchia

La storia d'amore con la nobile Giulia Spinelli

Pergolesi
Pergolesi
di Ugo Cundari
Giovedì 18 Aprile 2024, 11:54
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Nella Napoli illuminista e stracciona degli anni Trenta del Settecento, quella cantata dai viaggiatori del Gran Tour, un ragazzo e una ragazza, realmente esistiti, hanno vissuto una storia d'amore tragica e impossibile. Lui era il grande compositore Giovanni Battista Pergolesi, lei la nobile sedicenne Giulia Spinelli. Attorno alla vicenda ruota, con mille derive, sovrapposizioni di tempi e citazioni da Croce a Yourcenar dalla Bibbia a Goethe, l'ibrido narrativo Il libro dell'amore impossibile (HarperCollins, pagine 212, euro 17,50) del torinese Giuseppe Culicchia (Tutti giù per terra, suo esordio nel 1994, è diventato anche un film), che mescola romanzo storico, reportage, autobiografia. A volte si ha l'impressione che l'autore racconti una storia d'amore ambientata ai piedi del Vesuvio per avere la scusa di lasciarsi andare ai suoi pensieri su Napoli e rievocare il Cicerone speciale gli ha fatto conoscere la vicenda.

Chi è stata la sua guida d'eccezione, Culicchia?
«Uno degli ultimi signori napoletani, Francesco Durante.

L'avevo conosciuto negli anni Ottanta come traduttore di scrittori americani e mi ero innamorato della sua capacità di rendere in italiano autori come Bret Easton Ellis e Fante. Molti anni dopo, nel 1994, uscì il mio primo romanzo e per la presentazione a Napoli fui affiancato da lui. Mi colpirono subito, oltre la sua cultura, la gentilezza, l'umiltà, la capacità di entrare subito in sintonia con l'interlocutore e metterlo a proprio agio».

Poi?
«Nel 2018, dopo una nuova presentazione, Francesco mi portò in giro per la città. A via Toledo entrammo a palazzo Zevallos e lì, tra tanti dipinti, mi condusse al cospetto di una tela ottocentesca di Saverio Altamura. Il quadro, di dimensioni normali, raffigura una giovane con il capo coperto da un velo, un lungo abito bianco e un rosario che le scende lungo un fianco. Le mani giunte, non esattamente in preghiera, e gli occhi tristissimi. Alle sue spalle, un inginocchiatoio e una grata».

Chi era?
«Giulia, che qualcuno chiama Maria, Spinelli, diventata monaca. E mi raccontò la storia d'amore con Pergolesi. Da allora ho passato anni a studiarla e ne è venuto fuori questo libro».

Perché Giulia e Pergolesi non si sposarono?
«Lui non era di nobili origini e quando i fratelli di lei scoprirono la tresca promisero a Giulia che se non avesse troncato l'avrebbero ucciso. E così lei per salvare il suo amato decise di sposare Gesù e farsi monaca del monastero di santa Chiara. Per la celebrazione della monacazione pretese che suonasse Pergolesi. Lei morì un mese dopo, lui un anno dopo, entrambi, suppongo, di crepacuore».

Secondo lei Pergolesi compose la sua opera più famosa, lo «Stabat mater», per Giulia?
«Completato da Pergolesi poche ore prima di morire ed essere sepolto nella fossa comune vicino alla cattedrale di Pozzuoli, lo "Stabat mater" racconta il dolore di una madre, Maria, di fronte alle torture e alla morte del figlio, Gesù. Nelle note di questa composizione, di una bellezza sublime, superiore, apprezzata anche da Bach, si avverte tutta la sofferenza e la nostalgia di cui sia capace un essere umano che abbia perso per sempre la persona più amata».

È vero che Croce non ha mai creduto alla storia d'amore tra Pergolesi e Giulia?
«In più di una occasione il filosofo ha scritto che della vita privata del compositore non ci sono notizie se non che morì a 26 anni, forse di tisi. Ora, ognuno è libero di dare fede a Croce più che a me, fatto sta che il maestro di Pergolesi nel conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo a Napoli si chiamava Francesco Durante, non è una coincidenza straordinaria?».

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