Arriva “Punti di svista” il romanzo di ​Antonio Sepe e Stefania Gimmelli

Dedicato ai Millennials che faticano ad accettare il fallimento e sé stessi

“Punti di svista” il romanzo di Antonio Sepe e Stefania Gimmelli
“Punti di svista” il romanzo di ​Antonio Sepe e Stefania Gimmelli
Giovedì 17 Novembre 2022, 18:33 - Ultimo agg. 18 Novembre, 15:19
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Antonio Sepe e Stefania Gimmelli arrivano in libreria con Punti di Svista(casa editrice Lfa Publisher) loro primo romanzo, in una raccolta di pensieri ed emozioni dei protagonisti,  una botta e risposta che vuole evidenziarne i disagi personali e in un certo senso esistenziali, anche se tale dialogo di fatto non avviene mai.

Quelle che leggiamo infatti sono conversazioni univoche, riflessioni che Sofia e Luca, la coppia al centro di Punti di Svista, non hanno il coraggio di dirsi ad alta voce e che talvolta non riconoscono nemmeno a sé stessi.

La trama

Sofia si sente intrappolata nella relazione con Luca, che dopo due anni di convivenza le sembra un’altra persona. D’altronde a lei non piacciono molto i cambiamenti, soprattutto quando si tratta di realizzarli, e per questo continua a crogiolarsi nella propria insoddisfazione; Luca a sua volta non vuole un confronto e, anzi, è così insofferente alle aspettative altrui da isolarsi mentre cerca disperatamente di capire se abbia senso intraprendere una nuova strada, tormentandosi sulle conseguenze e rifugiandosi per quanto possibile nelle sue passioni nerd dal sapore nostalgico.

I protagonisti di Punti di Svista non sono ragazzini alle prese con i primi amori o le prime decisioni importanti, ma adulti scontenti del rapporto che hanno con il mondo circostante, con gli altri ma soprattutto con sé stessi.

Una condizione che accomuna molti dei nati negli anni 80 e 90, nel pieno di quella fase in cui la società si aspetta siano riusciti a “costruirsi una vita”, un obiettivo oggi sentito perlopiù come un insieme di sacrifici dallo scopo effimero. La vacuità della relazione che portano avanti e la quotidianità senza stimoli pesano sulla coscienza della coppia, che più di tutto teme la solitudine. Per evitarla, spesso non si riesce a far altro che raccontare bugie, come si può intuire anche dalla frase emblematica tratta dal libro: «Mentiamo, lo sappiamo. È il nostro accordo tacito».

Il titolo

Dell’incomunicabilità di questo senso di impotenza e fallimento si sono fatti carico gli autori: «Tutto è partito da una telefonata, volevo scrivere un romanzo che parlasse di relazioni, di una coppia e ho subito pensato ad Antonio, con il quale abbiamo spesso condiviso varie riflessioni sul tema negli ultimi anni» racconta Stefania Gimmelli. «Il titolo era già nella mia testa mentre parlavo. Nei rapporti, molto spesso, ci capita di idealizzare piuttosto che cercare la verità, nell’epoca dell’ipercomunicazione paradossalmente non comunichiamo mai davvero. Luca e Sofia rappresentano una generazione fragile, che oggi fatica ad affermarsi ed accettarsi».

«È questo il grosso limite dei due personaggi della storia ed è questo quello che più ci tenevamo a raccontare» aggiunge Antonio Sepe«Credo sia un problema della nostra generazione, ma l’incomunicabilità tra persone sta raggiungendo livelli altissimi ed è strano perché ogni giorno apriamo mille chat, discorsi o conversazioni, ma sono vuote. Come il balloon di un fumetto completamente bianco. Parliamo e non diciamo nulla».

Lo stile

Per dare concretezza a queste difficoltà, allora, gli autori non si sono limitati a scrivere in prima persona dai punti di vista dei loro personaggi, ma si sono scambiati di posto alternandosi tra Luca e Sofia, oltre a inserire diverse forme di comunicazione: un diario personale, la visita dallo psicologo, le chat e le telefonate con gli amici, la musica. Quest’ultima, in particolare, amplifica le loro sensazioni, fornendo un’ulteriore chiave di lettura in cui tanti lettori potranno ritrovarsi; anche per questo, sono state create due playlist su Spotify, per un’esperienza di lettura più immersiva e multimediale.

Video

«Vorrei che fosse lo specchio in cui ognuno possa riflettersi e perdonarsi, vorrei che il fallimento venga accettato e vissuto come un’occasione di crescita e non come una condanna a morte» ha concluso Gimmelli.

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