Ugo Marano, il museo Madre apre «Le stanze dell'utopia»

«Un visionario, un pioniere dell'arte green oggi di grande attualità», sottolinea Angela Tecce, presidente della Fondazione Donnaregina

Ugo Marano al museo Madre apre «Le stanze dell'utopia»
Ugo Marano al museo Madre apre «Le stanze dell'utopia»
di Erminia Pellecchia
Mercoledì 15 Marzo 2023, 11:00 - Ultimo agg. 18:10
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Una grande sedia di ferro con la seduta in terra e le braccia che si allungano fino alle pareti in un grande abbraccio all'umanità; sopra c'è la testa di Dio, «papà e madre», diceva Ugo Marano (anticipando Papa Francesco) che, con quell'opera del 1987, voleva celebrare la nascita del mondo, «scandendo il calendario della vita, a partire dall'anno zero della creazione, una numerazione interrotta nel 2011, quando ci ha lasciato», dice Stefania Mazzola, moglie dell'artista e performer salernitano a cui il museo Madre da questa mattina (opening ore 11) dedica la mostra «Le stanze dell'Utopia», a cura di Stefania Zuliani ed Antonello Tolve.

L'installazione site specific, intitolata «Papà non c'è», quasi urlo per un pianeta sempre più a rischio disastro ecologico, occupa interamente uno dei tanti ambienti della casa natale di Capriglia, in alto sul mare di Salerno: «una città sospesa», scriveva Gillo Dorfles, tra gli intellettuali e artisti che la frequentavano.

Ora, la scultura, realizzata rifiutando il «bel materiale», come suggeriva Celant agli artisti della compagine dell'Arte Povera, esce per la prima volta dal suo habitat per abitare il museo napoletano che ospiterà fino al 31 maggio questa originale narrazione impaginata in quaranta lavori del Marano poeta e filosofo. 

«Un visionario, un pioniere dell'arte green oggi di grande attualità», sottolinea Angela Tecce, presidente della Fondazione Donnaregina: «Tra le sue tante vocazioni, il Madre ha la valorizzazione di figure del territorio che abbiano un respiro internazionale, come Marano che ha esposto in importanti sedi italiane ed estere. Questa mostra è solo una traccia della sua molteplice attività e mi auguro serva per approfondire la conoscenza di una personalità multiforme e complessa». Nelle sale del museo di via Settembrini incontreremo sculture, installazioni, disegni, dipinti, ceramiche, mosaici e libri d'artista dalla fine degli anni Sessanta al 2010, che danno vita ad un vero e proprio racconto del lavoro di questo «artista solitario e schivo», avverte Tolve, «che è stato sempre legato a una realizzabilità dell'utopia e a un desiderio di pensare l'opera come un'idea da estroflettere mediante oggetti quotidiani quali il tavolo o la sedia, intesi come luoghi di passione e riflessione». Esempi sono la «Sedia del Pensiero», «Casa mia», messaggio di inclusione e tolleranza, e «Psicocesso», battezzato così nel 1978 da Bianca e Filiberto Menna, un invito a liberarsi dei cattivi pensieri e vivere gioiosamente. 

Il percorso espositivo è declinato attraverso le linee guida che hanno orientato il fare arte sociale, ambientale, di comunità di Marano. Non è strutturato, infatti, secondo un ordine cronologico né in base ad una selezione per tecniche e materie, bensì in sette sezioni: casa, corpo, tempo, arte, scrittura, natura, legame. «Abbiamo privilegiato lavori spesso poco noti che restituissero il suo pensare l'opera non come un oggetto da contemplare ma come lo strumento da usare per attivare un processo di trasformazione della vita di cui l'arte condivide il destino e, quindi, la mortalità», spiega Zuliani, «per cui abbiamo selezionato alcune opere che mostrano i segni del tempo, come Arruginibile del 1976, accanto ad altre legate agli spazi di vita e di lavoro di Marano come Onde, un canto alla ceramica arte regina. O, ancora, le esperienze legate al Museo città creativa nelle fornaci di Rufoli, o i manifesti che evocano il suo progetto di arte pubblica, espressa nel parco del Cilento-Città del filosofo, insieme all'economista Pasquale Persico. Una "fabbrica delle idee" che ci piacerebbe potesse continuare a vivere, non solo conservando l'opera di Ugo ma anche e soprattutto tramandando ai giovani la lezione di rigore e di infaticabile creazione di nuovi orizzonti di questo artista "radical concettuale utopico" che immaginava un mondo più in armonia con la natura». 

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