Determinò che si assottigliasse la distanza tra le due parti del Paese, anche perché gli investimenti furono maggiori al Sud che al Nord».
In quest'ottica la chiave è sempre quella degli investimenti pubblici. La Malfa, liberista cresciuto nel rispetto del mercato alla scuola di Enrico Cuccia, chiama in causa il governo. «Se si vogliono mettere le aree del Sud in grado di competere con il resto del Paese, bisogna metterle in condizioni di farlo. Il governo non lo fa. I piani che il presidente del Consiglio va firmando non sono altro che vecchie cartuscelle tirate fuori dai cassetti e vendute come nuove. Renzi aveva proposto un Masterplan, che io pensavo sarebbe stato un piano per descrivere non tanto le iniziative, quanto le direzione da prendere. Personalmente non ho visto nulla di tutto questo».Boccia ha richiamato le imprese a osare di più. «Piccolo non è bello in sé, ma è solo una fase della vita delle imprese», ha ricordato al Mattino, aggiungendo anche che l'obiettivo comune, soprattutto nelle relazioni industriali, «deve essere quello di migliorare la competitività delle nostre imprese per farle crescere». Concorda Laterza: «Dobbiamo avere attraverso l'innovazione un salto di qualità più generalizzato. Abbiamo poli innovativi come quelli di Bari, Napoli, Caserta, Salerno e Catania, dove le competenze tecniche si fondono con realtà di eccellenza nel campo della formazione (penso, per esempio, ai politecnici dei capoluoghi pugliese e campano). Queste reti vanno replicate».Al Sud desertificazione, isolamento e nanismo si fondono. La Malfa, che studia il problema, sottolinea «che qui c'è pochissima industria, ma ancora di più manca la media impresa: sono 3.200 in tutt'Italia, 250 nell'area. Meno che nella provincia di Treviso, dove tra l'altro funzionano i distretti. Però, quando andiamo a vedere i conti economici, scopriamo che sono simili a quelli delle consorelle del Nord. Il difficile, allora, è farle nascere, creare le condizioni perché s'investa nel Meridione».