Miti da sfatare/ Gli istituti italiani sono molto più sani di quelli tedeschi

di Antonio Patuelli
Lunedì 18 Gennaio 2016, 23:48
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Sulle crisi delle quattro banche locali italiane e sugli effetti retroattivi delle nuove normative europee è stato scritto moltissimo e la Magistratura sta svolgendo le inchieste. I magistrati faranno definitivamente piena luce su quanto è avvenuto, anche sulla base delle segnalazioni effettuate dagli organi di vigilanza. Sussistono, però, due “luoghi comuni” che vengono ripetuti quasi di continuo e che debbono anch’essi essere chiariti. Il primo “luogo comune” riguarda la sensazione diffusa in Italia che queste quattro crisi siano fra le più gravi, se non quasi le uniche verificatesi in Europa nel corso o immediatamente dopo i lunghi anni di recessione. La realtà è ben diversa. Infatti, quasi in ogni altro Paese d’Europa si sono verificate ben più gravi crisi bancarie con forti interventi di salvataggio dei rispettivi Stati. Infatti, sono indiscutibili le statistiche che evidenziano che i maggiori aiuti di Stato sono stati erogati in Europa dalla Germania a favore delle proprie banche, mentre i minori sono stati quelli riguardanti le banche italiane.

 

Ciò non ridimensiona certamente le problematiche delle quattro banche andate in crisi nel nostro Paese, ma le inserisce nel contesto europeo. Inoltre, l’Italia dovrebbe essere, come lo è giustamente il presidente del Consiglio Renzi, più orgogliosa della grandissima parte delle nostre banche, anche alla luce delle inchieste internazionali svoltesi di recente e in corso per gravissimi scandali che subdolamente hanno toccato gli interessi di tutti i risparmiatori e gli investitori. Infatti, Autorità internazionali non solo europee, ma anche americane, hanno pesantemente condannato in via definitiva e sanzionato anche per miliardi di dollari o di euro banche internazionali e di altre parti d’Europa (ma mai italiane) per le gravi manomissioni poste in essere su taluni importantissimi indici come il “Libor” e sui cambi fra le valute. Inoltre è attualmente in corso, dopo le inchieste, il procedimento per accertare le gravi responsabilità per le manomissioni anche dell’indice “Euribor”, il fondamentale indicatore sul quale si basano le operazioni finanziarie anche nel nostro Paese. Ebbene, anche nel gravissimo scandalo sull’”Euribor”, che ha conseguenze incalcolabili per tutti, sono in attesa di giudizio diverse banche di altri Paesi, ma nessuna italiana.

Ciò non riduce le problematiche delle quattro banche locali italiane in crisi, ma le inserisce nel contesto internazionale. Il secondo “luogo comune” è che le crisi delle quattro banche locali italiane sarebbero le prime dopo oltre un secolo, dopo il grave scandalo della Banca Romana a fine Ottocento. Ciò non risponde al vero. Innanzitutto la Banca Romana non era un istituto di credito ordinario, ma un istituto di emissione, cioè prima della nascita della Banca d’Italia era uno degli organismi autorizzati dallo Stato a stampare per esso banconote. E proprio connesso a questa funzione pubblica vi fu lo scandalo, con l’allora capo della Banca Romana, Tanlongo, che mise in atto la gravissima frode di emettere numerose banconote con la medesima sigla e il medesimo numero, realizzando così una incredibile truffa, moltiplicando le banconote in circolazione. Inoltre, nel Novecento, molte sono state le crisi bancarie vere e proprie in Italia, a cominciare dagli anni Trenta quando venne costituito l’Iri (Istituto per la ricostruzione industriale) anche proprio per salvare tre importanti banche, quali la Banca Commerciale Italiana, il Credito Italiano e il Banco di Roma, che vennero così nazionalizzate e lo rimasero fino a fine Novecento.

Parallelamente, la banca nata per iniziativa della cooperazione, la Banca Nazionale del Lavoro, venne salvata e nazionalizzata, mentre negli ultimi decenni del Novecento subirono assai gravi crisi anche i due principali “banchi” meridionali, un tempo anch’essi istituti di emissione, trasformati nel Novecento in banche ordinarie dopo che la Banca d’Italia ne aveva assorbito le funzioni riguardanti la stampa di carta moneta. Il Banco di Napoli ed il Banco di Sicilia vennero, quindi, salvati a fine Novecento con interventi pubblici. Complessivamente, fra gli anni Trenta e gli anni Novanta, la gran parte delle banche italiane è stata pubblica e nei casi di dissesto o comunque problematici delle banche pubbliche, interveniva sempre a sostegno lo Stato con fondi pubblici che venivano pudicamente soprannominati anche “fondi di dotazione”.

Con<CW-20> le privatizzazioni di fine Novecento e con il nuovo Testo Unico Bancario del 1993, tutte le banche italiane fino ad allora pubbliche sono state privatizzate e tutte in assoluto sono divenute imprese. La grave crisi di questo inizio secolo ha colpito, quindi, in Italia imprese bancarie tutte private e in concorrenza fra loro, verso le quali lo Stato, per la prima volta da un secolo, non è intervenuto a salvataggio con fondi propri, ma utilizzando innanzitutto quelli delle altre banche concorrenti per un ammontare addirittura di quasi 2,5 miliardi di euro per la ricapitalizzazione delle quattro banche in crisi e per i rimborsi agli obbligazionisti subordinati che lo meriteranno. Questa è la storia.

Ora<CW> occorre innanzitutto guardare non solo indietro, ma anche avanti, per costruire un avvenire meno problematico per il quale ci sono tutte le premesse. Infatti, le misure ulteriormente prudenziali assunte proprio nell’ultimo biennio dalle autorità di vigilanza, hanno fortemente ulteriormente innalzato tutte le soglie minime innanzitutto di capitale delle banche, rendendo assai più complesso e improbabile il ripetersi di crisi bancarie. Tutto ciò deve far riflettere con cervello e sangue freddo, facendo fronte, nelle forme nelle quali lo Stato sta decidendo, agli interessi legittimi di chi ha subìto danni nelle quattro banche, ma guardando anche con più fiducia verso il mondo bancario italiano che è più solido di quanto taluni “luoghi comuni” fanno spesso banalmente ritenere. Presidente dell’Abi, Associazione Bancaria Italiana 
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