Fondazioni bancarie, trent'anni di egoismi: Nord batte Sud 20-1

Fondazioni bancarie, trent'anni di egoismi: Nord batte Sud 20-1
di Marco Esposito
Venerdì 21 Agosto 2020, 08:00 - Ultimo agg. 13:42
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Venti a me. E uno a te. È difficile nei confronti Centronord-Mezzogiorno trovare qualcosa di più sperequato (20 a 1) degli interventi delle fondazioni bancarie. Cioè degli ottantotto enti che in Italia fanno della solidarietà, del sostegno all'arte, alla cultura, al sociale, alla sanità, alla ricerca la propria nobile ragion d'essere. Eppure le fondazioni provano, in qualche modo, ad autocorreggersi e a impegnarsi un po' di più nell'Italia meridionale. Prima sotto la guida di Giuseppe Guzzetti e adesso sotto quella di Francesco Profumo. Ma è la loro natura - le radici, la storia - a renderle profondamente egoiste al punto che il 96% delle erogazioni resta nella propria originaria ripartizione geografica. E così, per fare un esempio tra mille, per il santuario della Consolata di Torino la fondazione che trae origine dalla locale cassa di risparmio stacca un assegno da un milione di euro mentre, per una analoga iniziativa in favore del complesso conventuale San Michele di Salerno, l'assegno della locale fondazione è di 41.255 euro. Un ventesimo, anzi ancora meno.

E le differenze, anno dopo anno, si accumulano e creano un diverso capitale sociale. In ventotto anni le fondazioni hanno erogato 40 miliardi di contributi con la quota del Mezzogiorno mai sopra il 5%. Al Nord si finanziano a suon di milioni di euro progetti pluriennali per accompagnare i giovani al lavoro, residenze per studenti, sostegni alle strutture sanitarie, grandi iniziative di recupero e valorizzazione dei beni culturali, generosi accordi con le università. Al Sud ci sono gli spiccioli per qualche mostra.

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Profumo, consapevole dell'enormità del divario, il 18 giugno scorso ha riunito il consiglio direttivo dell'Acri, l'associazione delle ex casse di risparmio, e all'unanimità ha fatto votare «nonostante le difficoltà che stanno gravando su tutti i territori» la proroga per il 2021-2025 del contributo di 20 milioni l'anno alla Fondazione con il Sud, il cui patrimonio in quindici anni è arrivato a 419 milioni ed è ormai di gran lunga la prima struttura del Mezzogiorno, mentre per esempio la Fondazione Banco di Napoli conta un patrimonio di 109 milioni. Per fare un confronto, i due enti maggiori, cioè Cariplo e Compagnia di San Paolo, vantano un patrimonio rispettivamente di 6.841 e di 6.065 milioni di euro. Eppure storicamente Banco di Napoli e Sanpaolo erano due istituti molto simili per tradizione e dimensione. Com'è possibile che dopo cinque secoli di storia parallela, in una manciata di anni l'istituto torinese sia diventato sessanta volte più ricco di quello partenopeo?

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La storia delle fondazioni bancarie inizia esattamente trent'anni fa, con la legge Amato-Carli entrata in vigore nell'agosto 1990. Le banche pubbliche vengono invitate a spezzarsi in due: un ente che resta pubblico (la fondazione) e una banca conferitaria in forma di Spa, controllata al 100%. In Italia il primo ente creditizio pubblico a trasformarsi in fondazione-banca Spa è proprio il Banco di Napoli, nel 1991. Poi accadono due cose, entrambe nel 1993: un referendum radicale toglie al governo il potere di nomina di presidenti e vicepresidenti nelle fondazioni, le quali rispondono quindi solo a poteri locali; una crisi finanziaria azzoppa gli istituti di credito e spinge a una serie di fusioni, con gli istituti del Nord che assorbono a uno a uno prima le banche meridionali e poi quelle romane. La fondazioni bancarie, però, non seguono le fusioni e restano cristallizzate alla situazione del 1993 e quindi per esempio la Fondazione Cassa di risparmio di Verona Vicenza Belluno e Ancona continua a operare in favore di sole quattro province anche se nel frattempo è diventata azionista di Unicredit e quindi vanta sportelli (e proventi) provenienti da tutta Italia, comprese le ex Banca di Roma e Banco di Sicilia. Aree d'attività fruttuose anche perché ancora oggi le banche prestano denaro a interessi più elevati nel Meridione. In base all'ultimo bollettino di Bankitalia il tasso medio alle imprese è del 2,26% al Sud e quasi un punto in meno al Centronord.

Inoltre le fondazioni, con le grandi tutte del Nord, forti di un patrimonio di 40 miliardi, nel tempo hanno diversificato gli investimenti diventando socie dello Stato nella Cassa depositi e prestiti e quindi azioniste di Eni, Poste, Terna, Italgas, Fincantieri, Fintecna e presto di Autostrade. Tutte imprese di primo piano con attività nazionali se non internazionali. Quindi al momento di incassare i dividendi le fondazioni guardano lontano, ma quando viene il tempo di restituire al territorio si affidano a polverosi statuti storici e limitano il bacino di riferimento a poche province.
 


L'eccezione - la Fondazione con il Sud - è però significativa.
Per tre ragioni. La prima è nei numeri: senza la Fondazione con il Sud la quota del Mezzogiorno nelle erogazioni sarebbe appena del 3,7% mentre così sale al 5,2% cioè appunto a un ventesimo. La seconda è nella sua origine: nel 2005 Guzzetti si convinse (e nel 2006 convinse i colleghi del Nord) a realizzare qualcosa di specifico per il Sud dopo una battaglia ben coordinata tra il Mattino, i parlamentari meridionali di qualsiasi schieramento e il presidente dell'Unione industriali di Napoli Gianni Lettieri. «Il Progetto Sud - ammise Guzzetti al congresso Acri di Bolzano il 22 giugno 2006 - nasce come risposta a chi, in una visione tipicamente dirigista, riteneva che solo con una imposizione di legge le fondazioni avrebbero potuto concorrere in misura maggiore al sostegno delle regioni meridionali». Ma senza la minaccia di quella legge, Guzzetti non si sarebbe mai seduto per trattare al tavolo aperto da Lettieri. Il terzo punto è forse il più importante: la Fondazione con il Sud, partita in sordina, con la guida di Carlo Borgomeo è diventata un'eccellenza nazionale perché ha dimostrato nei fatti che investire nelle infrastrutture sociali e nel Terzo settore del Mezzogiorno è possibile e conviene, al punto che oggi «Con il Sud» intercetta e gestisce fondi nazionali, per cui finanzia moltissime iniziative di rilievo, anche al Nord. Quindi il Sud che lotta, vince. E il Sud che vince, funziona. Ecco perché quel misero ventesimo destinato al Mezzogiorno va corretto. Nell'interesse di tutti. 

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