Gioielli, l'export cresce a doppia cifra. Claudia Piaserico (Confindustria Federorafi): «Siamo tra i primi produttori al mondo ma i minori compratori»

La presidente della federazione orafi: coniughiamo artigianalità e hi-tech e creiamo nuove professionalità

Claudia Piaserico, presidente Confindustria Federorafi
Claudia Piaserico, presidente Confindustria Federorafi
Alessandra Camillettidi Alessandra Camilletti
Mercoledì 31 Gennaio 2024, 13:43 - Ultimo agg. 3 Febbraio, 16:08
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Il 2022 si era chiuso con un fatturato di 10,87 miliardi di euro.

Il 2024 inizia con una stima di crescita, per il 2023, tra il 5 e il 7%. Comunque oltre gli 11 miliardi. E cresce a doppia cifra l’export, dell’11,3% nei primi nove mesi dell’anno passato, oltre gli 8 miliardi. Il rapporto salta subito all’occhio. «In effetti, siamo tra i principali produttori di gioielli al mondo ma i minori consumatori. Il dato dell’export è impressionante. E il gap con il mercato interno deve far riflettere», sottolinea Claudia Piaserico, presidente di Confindustria Federorafi, federazione nazionale orafi, argentieri e gioiellieri fabbricanti.

Partiamo dalla nota congiunturale dei primi nove mesi del 2023 elaborata dal Centro studi Confindustria Moda proprio per Federorafi. «Mentre nel 2021 e nel 2022 abbiamo visto una crescita costante, il 2023 ha avuto alti e bassi – spiega la presidente – e per gli ultimi tre mesi il sentiment degli imprenditori è di leggera frenata. L’anno è comunque andato bene, registriamo un segno positivo a conferma che il gioiello made in ha molta presa nei mercati internazionali. Il termometro di Vicenzaoro è significativo, per i visitatori ma anche per gli ordini. Il 2024 è iniziato sotto i migliori auspici. Certo affrontiamo l’anno consapevoli che può succedere di tutto. Ce lo hanno insegnato la pandemia, la guerra in Ucraina e ora in Medio Oriente: dobbiamo affrontare giorno per giorno il lavoro, con costanza, coerenza e ambizione di voler rimanere sui mercati con grande dignità». Da gennaio, nel quadro delle sanzioni Ue legate alla guerra in Ucraina, è scattato il divieto di utilizzo dei diamanti provenienti dalla Russia, ma «incide poco per noi, perché il nostro hub di riferimento è il Belgio. Così non ha inciso sull’esportazione l’inizio del conflitto perché il nostro mercato verso la Russia registrava sì e no l’1%». Il valore aggiunto del made in Italy? «Proviene dal contenuto di manifattura, qualità, design e creatività, una perfetta sintesi tra recupero e valorizzazione di artigianalità e innovazione tecnologica. Un asse che crea prodotti di precisione, di leggerezza e di volume, pensiamo per esempio alla lavorazione senza i pieni, ma che recupera la nostra eredità: satinature, smalto a fuoco e a freddo, tante lavorazioni che contribuiscono all’effetto finale».

IL VOLANO

 In lieve calo il numero di imprese attive, sceso a 6.987 tra industria e artigianato, 51 in meno (lo 0,7%) a confronto con l’intero 2022. Un tessuto fatto anche di lavoro contoterzi. Volano emozionale ed economico, in grado di creare nuova occupazione.

I numeri raccontano un aumento del 4,1% di addetti (sul dicembre 2022): 1.336 in più. «Le professionalità sono legate alla nostra tradizione orafa: incassatore, incisore, orafo al banco, smaltatore, pulitrice o lucidatrice, addetti al web marketing, designer. E una serie di professionalità nuove e a volte neppure accostabili immediatamente al settore: tecnici addetti al controllo numerico e alla stampa 3D, prototipatori cad. Si utilizzano anche tecniche mutuate dal settore aerospaziale. Confindustria Federorafi investe tempo e risorse nella formazione, uno dei temi più importanti per il sistema manifatturiero italiano, anche a sostegno degli istituti tecnico professionali, perché i ragazzi si avvicinino al settore». Che fabbrica è oggi la fabbrica di gioielli? «È un luogo dove si sposano presente, passato e futuro proprio per le professionalità che ci convivono – spiega la presidente di Confindustria Federorafi – Una fabbrica in cui entrano sostenibilità e responsabilità sociale, oggi imprescindibili. Sono stati fatti passi da gigante. A oggi le aziende più strutturate si avvalgono di base di due certificazioni: Rjc per la filiera dell’oro e il Kimberley Process per la certificazione dei diamanti. Abbiamo una sostenibilità tecnica per operare a livello internazionale e di filiera e una responsabilità sociale dell’imprenditore, dal welfare aziendale alla formazione». Vicenza, Valenza, Arezzo, il polo orafo campano sono i distretti della gioielleria italiana, «ognuno si caratterizza per una produzione diversa». La provincia di Arezzo, per i primi nove mesi del 2023, guida la classifica dell’export, sfiorando i 2,5 miliardi di euro. Vicenza è al secondo posto, con oltre 1,5 miliardi. Milano è terza, con 1,4 miliardi di euro. Export dunque. La Svizzera, con un +31,2% si è portata in vetta alla graduatoria delle destinazioni, superando gli Stati Uniti (+5,3%) che erano al primo posto a consuntivo 2022. Al terzo posto la Francia, con una crescita del 15,8%. A ruota gli Emirati Arabi, pur con un -0,8%. Quattro posizioni che da sole coprono il 49% del totale export del settore in valore. La riflessione torna al mercato interno e alla ricerca della suggestione del gioiello. Come esperienza di acquisto, ma non solo. Anche simbologia, messaggio, più sentiti forse all’estero che in Italia. «Ogni tanto porto l’esempio delle bambine – spiega Piaserico – Tutte da piccole vogliono i gioielli della mamma o giocattolo per sentirsi impreziosite e importanti. Poi un po’ si perde, nel corso della vita, questa cultura, più proiettati verso la tecnologia, la moda, l’accessorio, i viaggi. Il gioiello deve tornare al centro dell’attenzione sotto il profilo culturale. La suggestione va ricordata e richiamata». Aggiunge la presidente di Confindustria Federorafi: «Il gioiello accompagna i momenti più importanti della vita. Il fidanzato regala un anello, non un telefonino. La forma rotonda dell’anello è simbolo di eternità, non c’è inizio non c’è fine. Ci sono culture che avvertono la simbologia in maniera più importante. Penso per esempio all’Oriente, dove piace molto la gioielleria figurativa, animalier». E se Claudia Piaserico pensa a un gioiello, qual è la prima cosa che le viene in mente? «Io sono innamorata delle pietre preziose. Nel mio immaginario c’è sempre una pietra centrale colorata e una corona di diamanti intorno. È un mondo che mi affascina moltissimo».

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