L'incubo ricorrente si chiama «adeguamento delle tariffe». Alla fine di settembre l'Arera, l'Autorità per l'energia, aggiornerà quelle elettriche. A ottobre toccherà al gas. Partiamo dall'elettricità. L'ultima volta che le tariffe sono state aggiornate, a luglio, sul mercato il prezzo del Megawattora viaggiava attorno ai 300 euro. Negli ultimi giorni ha sfondato la soglia dei 600. Significa che la tariffa in bolletta è destinata ad aumentare di 30 centesimi, passando più o meno da 40 a 70. A ottobre, se le cose non cambieranno, per il gas sarà lo stesso, con la tariffa in bolletta destinata a raddoppiare, con il prezzo del gas che sulla borsa olandese ieri ha chiuso poco sotto i 270 euro. «Per sterilizzare questi aumenti», spiega Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, «servirebbero circa 15 miliardi di euro».
Soldi che si andrebbero ad aggiungere ai quasi 50 stanziati fino ad oggi dal governo per contenere i prezzi di luce e gas. Oggi al Meeting di Rimini Mario Draghi terrà un atteso discorso. E che la questione energetica sia in cima alle preoccupazioni non è un mistero. Due giorni fa, sempre a Rimini, è stato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Roberto Garofoli, a spiegare che il governo in caso di necessità è pronto ad agire nell'ambito del mandato ricevuto dal Presidente della Repubblica.
Il presidente degli industriali Carlo Bonomi, ha chiesto interventi immediati. Un tetto nazionale al prezzo del gas, la sospensione dei certificati Ets (in pratica i permessi ad inquinare che le imprese pagano) e, soprattutto, la predisposizione immediata di un piano di razionamenti. «Il più grande paese manifatturiero europeo, la Germania», ha detto Bonomi, «sta studiando da tempo dei piani di razionamento. Noi italiani non possiamo farci trovare impreparati in caso di questa necessità». Il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani ha sempre negato la necessità dei razionamenti. Ma in tanti credono che sarà inevitabile se la Russia bloccherà i flussi di gas. Il punto è da dove far partire questi razionamenti.
I piani di emergenza prevedono che ad essere staccate per prima dovrebbero essere le aziende che hanno contratti interrompibili e quelle energivore, che consumano cioè grandi quantità di gas ed elettricità. Confindustria invece, spinge perché si parta dalle famiglie e dalla pubblica amministrazione, con un abbassamento delle temperature domestiche di riscaldamento e raffrescamento.
L'altro tema posto da Bonomi, come detto, è il tetto al prezzo del gas che, secondo il numero uno degli industriali, dovrebbe essere applicato separando il prezzo delle energie fossili da quello delle rinnovabili. La produzione di elettricità tramite vento, sole e idroelettrico, secondo Bonomi, dovrebbe essere riservata alle imprese ad un «prezzo amministrato». Come stanno facendo già altri Paesi usando, tra l'altro, proprio i fondi europei.