Caro materie prime, anche la Playstation adesso diventa introvabile

Caro materie prime, anche la Playstation adesso diventa introvabile
di Nando Santonastaso
Lunedì 6 Dicembre 2021, 23:30 - Ultimo agg. 7 Dicembre, 16:17
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Il presidente di Confindustria Campania, Gianluigi Traettino, che di mestiere fa l’imprenditore edile, non ha i pannelli insonorizzanti per consegnare nuove abitazioni già finite. Sono diventati improvvisamente introvabili e la sua società ha dovuto slittare di sette mesi le scadenze già concordate. Oreste Vigorito, invece, presidente degli imprenditori di Benevento (oltre che della locale squadra di calcio) ha dovuto rivedere i conti e soprattutto i costi energetici della sua attività: il re dell’eolico paga il metano 80 euro a metro cubo, 65 euro in più di qualche mese fa. Al Consorzio di tutela della Mozzarella di bufala campana dop sono invece in ansia perché si fa fatica a reperire la carta da imballaggi, il cosiddetto packaging secondario, che ha sostituito il polistirolo e che da tempo viene utilizzata per il trasporto del caratteristico formaggio a pasta fresca: comincia a mancare pure quella. E così per i tondini in cemento, i pallet in legno, i semilavorati del rame, il caffè e il frumento e via di questo passo. Fino all’elettronica, con le versioni base della PlayStation5 e dell’iPad di Apple che difficilmente si potranno acquistare per Natale.

Non c’è praticamente un settore produttivo che non sia stato costretto a misurarsi con le conseguenze provocate dall’impennata delle materie prime, tra forniture ancora in gran parte introvabili e comunque a prezzi decisamente più alti del 2020. Uno scenario da far paura: al punto che la crisi mondiale dei chip, che ha coinvolto già da oltre un anno tutte le case automobilistiche del mondo, con contraccolpi pesanti anche sull’occupazione, sembra quasi da considerare solo come la punta di un iceberg. Chi non è interessato a comprare un’auto nuova, almeno per ora, non può infatti consolarsi (si fa per dire) con altri beni di consumo: i prezzi salgono, come il Mattino ha appena documentato, mentre i prodotti e i materiali introvabili non sembrano in calo. 

L’impatto in termini socio-economici è a dir poco preoccupante, al di là dei forti ritmi di ripresa del sistema industriale del Paese: lo dimostrano i dati assai recenti di Confartigianato che ha calcolato l’impatto dei rincari su 848mila micro e piccole imprese che operano nella manifattura e nelle costruzioni. «Imprese – spiega la Confederazione - che nel 2020 hanno acquistato materie prime per 156,1 miliardi con un’incidenza sul fatturato del 42,5%.

Una platea di aziende che offre lavoro a circa 3.110.000 addetti». Bene, dei 46,2 miliardi di maggiori costi totali sopportati dalle pmi a causa degli aumenti dei costi delle commodities non energetiche, 4,3 miliardi pesano sulle piccole aziende della produzione alimentare, 29,8 miliardi sulle piccole imprese della manifattura no food e i restanti 12,1 miliardi sui piccoli imprenditori del settore costruzioni.


Numeri che fanno riflettere. Esplosa per la straordinaria e incontrollabile ripartenza della domanda dopo il durissimo stop del 2020, l’impennata del costo delle materie prime è ben lungi dall’avere esaurito i suoi effetti. Date un’occhiata a questi numeri: il prezzo del gas in dieci mesi è aumentato del 500%, quello del cotone del 104%. Il grano pochi giorni fa ha toccato il suo record in Europa, con 297 euro a tonnellata. Il mais in sedici mesi ha fatto registrare un +77%. La carta costa il 70% in più rispetto al 2020 mentre il caffè (miscela arabica) è schizzato del 59%. Stando a quanto divulgato da Confartigianato, nello scorso mese di settembre, la quota di imprese delle costruzioni che indica la scarsità di materiali come ostacolo alla produzione era salita al 9,5%. 

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Ma dalla metalmeccanica alla filiera dell’edilizia è tutto un lamento, con ritardi e inadempienze contrattuali che si fanno sentire ovviamente anche a distanza. L’Ance, l’Associazione nazionale dei costruttori, denuncia aumenti del 150% per quanto riguarda i preventivi, dovuti al rincaro di calcestruzzo, dei tondini in cemento sempre più introvabili, come detto, dei derivati dal petrolio e bitume. Fortissimo il rischio di contraccolpi anche sui cantieri del superbonus 110%: «Ci sono materiali che già da mesi sappiano che verranno consegnati a gennaio del prossimo anno, come gli isolanti. Ma c’è grande tensione anche sui ponteggi. I problemi, poi, riguardano molti altri materiali» dice Gabriele Buia, presidente dell’Ance. E aggiunge: «Tutto ciò mette il 110% a rischio, perché ci sono delle Regioni che stanno adeguando i prezzari e altre che sono indietro. La preoccupazione delle nostre associazioni territoriali è che le Regioni diano alle imprese subito la possibilità di utilizzare prezzari aggiornati».

 Ma non sta meglio il comparto del legno che ha subito un incremento di prezzo fino all’80% con una forte ricaduta sul mercato dei pallet, gli imballaggi industriali utilizzati come supporto alla movimentazione di merci e beni: scarsità di prodotto e rincari record stanno creando grossi problemi a tutti i settori, dato che i pallet sono fondamentali per il sistema logistico e per ogni filiera produttiva. Del resto, se la materia prima non si trova e le consegne ritardano, l’aumento dei prezzi è già dietro l’angolo e non risparmierà praticamente nessuno: nemmeno i prezzi di listino dei pannolini, come annunciato da un big del comparto come Procter & Gamble. Prevedibile, di conseguenza, anche il rincaro dei prodotti per la cura della pelle. Per non parlare degli effetti perversi di questa situazione: «Il boom delle quotazioni per i prodotti energetici e le materie prime - dice Coldiretti – si riflette sui costi di produzione del cibo ma anche su quelli di confezionamento, dalla plastica per i vasetti dei fiori all’acciaio per i barattoli, dal vetro per i vasetti fino al legno per i pallet da trasporti e alla carta per le etichette dei prodotti che incidono su diverse filiere».

Il risultato, secondo Coldiretti, «è che, ad esempio, in una bottiglia di passata di pomodoro da 700 ml, in vendita mediamente a 1,3 euro, oltre la metà del valore (53%) è il margine della distribuzione commerciale con le promozioni, il 18% sono i costi di produzione industriali, il 10% è il costo della bottiglia, l’8% è il valore riconosciuto al pomodoro, il 6% ai trasporti, il 3% al tappo e all’etichetta e il 2% per la pubblicità». 

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