Export, il Sud in frenata: la crescita degli scambi inferiore al resto d'Italia

Tra luglio e settembre il Mezzogiorno insulare frena a meno 0,6%

Export, il Sud in frenata
Export, il Sud in frenata
di Nando Santonastaso
Martedì 13 Dicembre 2022, 07:00 - Ultimo agg. 14 Dicembre, 15:03
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La frenata c'è stata, forse non del tutto inattesa ma a prima vista preoccupante. L'export di Sud e isole, che nel secondo trimestre 2022 aveva registrato la migliore crescita congiunturale, +12,6% contro il +7,8% del Centro, il +5,2% del Nord-ovest e il +2,7% del Nord-est, si è invece contratto tre mesi dopo. Tra luglio e settembre il Mezzogiorno insulare frena infatti a meno 0,6% mentre in tutte le altre ripartizioni territoriali il segno più rimane bene in vista sia pure perdendo smalto: +3,9% per il Centro, +2,0% per il Nord-ovest e +1,8% per il Nord-est. Cosa è successo? L'aggiornamento Istat sugli andamenti regionali, reso noto ieri, non entra nel dettaglio ma per gli addetti ai lavori la spiegazione più probabile di un salto all'indietro così vistoso richiama da vicino le dinamiche energetiche indotte dalla guerra in Ucraina. Il dato negativo potrebbe, cioè, essere stato determinato dagli effetti delle variazioni dei prezzi dei prodotti petroliferi che in Italia al 70% vengono raffinati al Sud, Sicilia in testa, e da qui esportati verso lEuropa, ma non solo. In altre parole, la guerra ha prima fatto schizzare petrolio e gas su valori impensabili, contribuendo al picco di export meridionale del secondo trimestre, mentre ora che il prezzo del petrolio sembra essere tornato alla normalità (oscilla intorno agli 80 dollari al barile) ha ridotto il suo impatto in modo vistoso. Se questa fosse l'analisi più vicina al vero, saremmo in presenza di un fenomeno legato ai prezzi più che ai volumi di export. E la cosa è sicuramente rassicurante anche se conferma che in uno scenario tutto sommato debole, come quello del Sud le cui esportazioni alimentano soprattutto le filiere produttive del Centro Nord, basta poco per determinare improvvise e pericolose oscillazioni.

Lo si comprende meglio attraverso i dati dell'export dei primi nove mesi attraverso i quali l'Istat spiega che sia pure su livelli più bassi rispetto alle altre macroaree del Paese, il contributo del Mezzogiorno alla crescita del 21,2% delle esportazioni nazionali c'è stato.

Nel periodo gennaio-settembre 2022, la crescita su base annua dell'export ha coinvolto infatti tutti i territori, seppure con intensità diverse: l'aumento delle esportazioni è risultato «molto elevato per le Isole (+69,2%), intorno alla media nazionale per il Centro (+23,9%) e il Nord-ovest (+20,2%), relativamente più contenuto per il Nord-est (+17,7%) e il Sud (+15,3%)». Inoltre, nello stesso periodo tra le regioni italiane che registrano importanti incrementi delle esportazioni, alle spalle delle Marche (+89,4%), si collocano proprio le due isole del Sud, Sardegna (+73,9%) e Sicilia (+66,7%). Va anche detto però che «il contributo più ampio alla crescita su base annua dell'export nazionale (5,4 punti percentuali) deriva dalla performance positiva della Lombardia (+20,5%)». 

Ma cosa si è esportato di più in questo periodo che segna comunque un rallentamento della spinta nel terzo trimestre? Nei primi nove mesi dell'anno sono aumentate le vendite di articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici targati Marche e Lazio e di metalli di base e prodotti in metallo provenienti da Lombardia e Veneto. Sono performance capaci di pesare per 3,7 punti percentuali sulla crescita dell'export mentre un altro 1,9% «deriva dalle esportazioni di prodotti petroliferi raffinati da Sicilia e Sardegna», a riprova di quanto spiegato in precedenza. Naturalmente non tutti i dati regionali parlano la stessa lingua. Scrive l'Istituto di statistica: «La contrazione dell'export di autoveicoli da Abruzzo, Lombardia, Toscana e Molise e di prodotti in metallo dalla Toscana fornisce un contributo negativo di 0,6 punti percentuali alla variazione delle esportazioni». 

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Quanto alle destinazioni, i contributi maggiori alla crescita su base annua dell'export nazionale derivano dall'aumento delle vendite della Lombardia verso Germania (+24,1%), Stati Uniti (+37,5%), Svizzera (+33,2%) e Spagna (+28,4%), delle Marche verso il Belgio (+391%) e dell'Emilia-Romagna verso gli Stati Uniti (+44,8%). Pesano invece i tonfi di Toscana (-15,6%), Friuli-Venezia Giulia (-72,0%) e Veneto (-12,1%) verso la Svizzera, di Lombardia e Piemonte verso la Russia (rispettivamente, -22,5% e -37,4%) e dell'Emilia-Romagna verso il Giappone (-15,9%). Pesante il flop del Molise che paga la forte contrazione dell'export di autoveicoli legata al produttore locale. Quanto alle province, le performance positive sono un po' dovunque: i numeri migliori arrivano da Milano, Ascoli Piceno, Siracusa, Torino, Brescia, Cagliari, Vicenza, Modena, Bergamo e Bologna. Dinamiche negative si segnalano invece per Piacenza, Chieti, Massa-Carrara, Campobasso, Gorizia, Crotone, Caltanissetta e Palermo. 

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