Aumenti e bollette, Blangiardo (Istat): «Pandemia come la guerra, c'è chi specula»

Aumenti e bollette, Blangiardo (Istat): «Pandemia come la guerra, c'è chi specula»
di Marco Esposito
Venerdì 11 Febbraio 2022, 07:00 - Ultimo agg. 12 Febbraio, 08:26
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Presidente, 12 milioni di italiani sono nati dopo l'arrivo dell'euro e, in un Paese con scarsa memoria, forse molti altri hanno perso il ricordo di una moneta, la lira, che perdeva repentinamente valore. L'inflazione rischia di coglierci psicologicamente impreparati?
«Un paio di anni fa - risponde il presidente dell'Istat Gian Carlo Blangiardo - ho letto l'intervista a un economista americano, vincitore del premio Nobel, che si diceva convinto che l'inflazione fosse ormai un problema del passato. E che per le banche centrali le nuove sfide da affrontare fossero oramai altre: sistemi di pagamento, monete digitali, transizione ecologica. Oggi invece, la Presidente della Bce, Christine Lagarde, ci dice che nelle riunioni del Comitato esecutivo non si parla d'altro che di inflazione. Non c'è da stupirsi se siamo tutti quanto meno sorpresi. All'inizio del 2021 avevamo un'inflazione acquisita negativa che era -0,1%, oggi siamo passati al 3,4% per l'indice generale e all'1% per la componente di fondo: il cambiamento di rotta è discreto».

Gli aumenti rilevati dall'Istat nell'ultimo mese sono dovuti in larga parte ai prodotti energetici. Però non c'è nulla che si possa fare senza energia: ci sono già segnali di contagio del fenomeno come in un effetto domino?
«La trasmissione del costo dell'energia che devono sostenere i produttori di beni ai prezzi finali, quelli al consumo, in questo momento non si vede ancora del tutto.

Ma dobbiamo aspettarcela, anche se con tempi e dimensioni diverse dalle inflazioni del passato. I mercati sono cambiati e anche i margini di competitività di prezzo di molti produttori si sono ridotti. Comunque i prezzi alla produzione per i beni di consumo sono già cresciuti del 4,1% in termini tendenziali. Ricordiamoci che c'è stata una pandemia che, come ho spesso detto parlando dei suoi effetti sulla popolazione, è stata l'equivalente di una guerra. E come tutte le guerre ha innescato una speculazione difficile da controllare».

La fiammata internazionale dei prodotti energetici potrà spegnersi con la stessa rapidità con cui è divampata?
«Istat pubblica due volte l'anno le sue previsioni macroeconomiche: in giugno e a dicembre. E sono previsioni annuali, non sui trimestri. Le previsioni sull'inflazione da prendere in considerazione sono quelle dell'Eurosistema, della Bce. Certo siamo di fronte a quelle che in statistica si chiamano non linearità: l'aumento mensile registrato a gennaio è di 1,6% su base mensile e ha un precedente nel lontano 1982 (+1,7%), ma anche l'inflazione Usa, pari al 7,5%, segna un massimo dal 1982. Ci sono scenari tracciati da analisti macro che vedono una discesa dei prezzi nel secondo semestre. Li leggiamo con attenzione e cerchiamo di capire, e staremo a vedere, se la velocità di rientro sui livelli precedenti sarà altrettanto rapida quanto lo è stata la crescita».

Quali strategie possono raffreddare la corsa dei prezzi?
«Il nostro governo ha finora messo in campo risorse per 5,8 miliardi per tamponare il caro-bollette. E ne sono annunciate ulteriori e breve altrettanto importanti. Ma questa è l'emergenza, nel periodo più lungo la risposta deve venire dalle politiche attivate per la transizione ecologica. Anni fa si diceva che l'Unione europea avrebbe dovuto dotarsi di una politica energetica condivisa, l'auspicio è che questa crisi e il programma Next Generation EU ci spingano ad arrivare a quel risultato».

A gennaio lIstat ha accertato un'inflazione su base annua del 4,8% mentre in Europa è stata del 5,1%. In realtà però l'indice italiano non ha le stesse regole del sistema di Eurostat, in base al quale l'inflazione in Italia è al 5,3%. Perché l'Istat non comunica in via principale l'inflazione secondo l'indice Ipca che rispetta le regole concordate in Europa?
«Le dico subito che Istat sta già lavorando in questa direzione. L'indice dei prezzi al consumo armonizzato (Ipca) è stato sino a oggi calcolato solo a livello nazionale. Questo perché è stato principalmente finalizzato a fornire un dato comparabile con gli altri paesi Ue e utile a misurare l'inflazione europea. Comunicare in via principale l'inflazione secondo l'indice Ipca comporta doverlo calcolare per tutte le articolazioni territoriali (ripartizioni, regioni, capoluoghi di provincia) per le quali oggi vengono elaborati e diffusi gli indici nazionali (quello per l'intera collettività nazionale e quello per le famiglie di operai impiegati)».

Non è irrazionale avere una sola moneta, l'euro, e diversi metodi nazionali per calcolare la sua perdita di potere d'acquisto?
«L'inflazione italiana e questa possiamo dire che sia una buona notizia è diventata un'inflazione europea. Nella statistica flash sui prezzi di gennaio abbiamo pubblicato un approfondimento sui primi vent'anni di inflazione italiana con la moneta unica. Si scopre che il nostro indice armonizzato si è mosso in linea con quello dell'area-euro, con un dato cumulato di 42 punti percentuali contro i 41,8 dell'eurozona. A metà degli anni Novanta il disallineamento era significativo, diciamo che oggi, in un contesto di elevata incertezza, almeno questa convergenza siamo riusciti a ottenerla».

A proposito d'Europa, cento anni fa la Germania precipitò nel tunnel dell'iperinflazione. Quello shock è rimasto nella memoria del popolo tedesco che, non a caso, ha preteso che la Banca centrale europea fosse a Francoforte e che la sua missione fosse la stabilità del valore della moneta comune. Che effetti può avere il riaccendersi dell'inflazione sui tedeschi?
«Bella domanda. Contano le aspettative sulle dinamiche inflazionistiche. Diciamo che una componente di questa inflazione è anche legata alle manovre di riduzione dell'Iva che sono state decise in Germania tra le misure anti-crisi. Direi che una maggiore preoccupazione tedesca può incidere - e inciderà - sulle decisioni del board della Bce. Qui in Italia le aspettative sull'andamento dei prezzi nei prossimi mesi sono al rialzo. Nel breve periodo, nel settore manifatturiero tra gli imprenditori che producono beni destinati al consumo si sono rafforzate le prospettive di aumento dei listini. Dal lato dei consumatori, le cui attese si estendono a un orizzonte temporale più lontano, sono tornati ad aumentare coloro che si aspettano incrementi dei prezzi».

Un'ultima questione: quando un indicatore inizia a lampeggiare, alcuni se la prendono con la lampadina. In passato si è chiesto all'Istat di tenere basso l'indice dei prezzi per esempio escludendo dal paniere i tabacchi. È una tentazione ormai superata?
«Va detto che le ragioni per calcolare un indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati al netto dei tabacchi per finalità di indicizzazione sono più complesse e risalgono ormai a trent'anni fa. Quello che posso confermare con nettezza è che l'Istat produce la misura dell'inflazione, come tutte le altre statistiche, esercitando il proprio ruolo in piena autonomia, sulla base di rigorosi principi etico-professionali e dei più avanzati standard scientifici adottati a livello europeo. Nessun rischio né tentazione, quindi, di spegnere la lampadina». 

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