Recovery plan, più risorse in arrivo per il Mezzogiorno ma turismo e cultura al palo

Recovery plan, più risorse in arrivo per il Mezzogiorno ma turismo e cultura al palo
di Nando Santonastaso
Venerdì 23 Aprile 2021, 23:30 - Ultimo agg. 24 Aprile, 18:36
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Il 40% circa delle risorse del Pnrr al Mezzogiorno è definitivamente nero su bianco. La conferma arriva dall’ultima bozza del documento del governo da inoltrare all’Ue entro fine mese, diffusa ieri. La dotazione è quella anticipata nei giorni scorsi dalla ministra per il Sud e la coesione territoriale, Mara Carfagna, che aveva lavorato alacremente, in sinergia con molti altri ministri e in particolare con quelli dell’Economia, Franco, e delle Infrastrutture, Giovannini, per migliorare la prima stesura. Nel nuovo testo, molto più dettagliato dei precedenti, emerge anche che l’impatto del Pnrr sul Pil del Sud sarà del 34%, quasi 12 punti in più dell’attuale (22,7%), un rialzo molto superiore a quello previsto per il Pil del Centro-Nord che peraltro viaggia già adesso su livelli decisamente maggiori. E, inoltre, che il 37% degli investimenti pubblici previsti nel Mezzogiorno garantirà a fine 2026 almeno uno dei tre punti in più complessivi del Pil nazionale ipotizzati per quella scadenza. Ma su quest’ultimo elemento, la riaggregazione dei dati Mef operata dai consulenti della ministra Carfagna porta a conclusioni ancora più dettagliate e significative: grazie all’impatto del Pnrr, il Pil del Sud crescerebbe nel quinquennio 2021-2026 del 22,4% rispetto al valore del 2020. Un rimbalzo enorme se si considera che il contributo del Pnrr alla crescita del Pil nazionale dello stesso periodo è del 15,3% (per il Centro-Nord del 13,2%). Per la prima volta dagli anni Settanta ci sarebbe, insomma, un processo di convergenza. 

Numeri e conferme non sono peraltro riusciti a smorzare le polemiche sulla quota destinata al Sud: il sindaco di Napoli, De Magistris, continua a considerarla troppo bassa, e il governatore De Luca insiste sulla “certezza” che i 21 miliardi “anticipati” dal Fondo Sviluppo Coesione, già all’80% destinato al Sud, per sostenere gli investimenti al Sud nel Pnrr non verranno più “restituiti”. «Altro che balle, basta leggere le carte» ribatte Carfagna in un tweet, confermando che quelle risorse verranno riposizionate non appena inizieranno ad affluire i fondi europei come previso nel Def. 

Ma la lettura delle circa 320 pagine del Piano nazionale di ripresa e resilienza suggerisce anche altri spunti di riflessione e qualche dubbio. Ad esempio che la quota destinata al Sud per la componente dell’efficienza energetica, che da sola vale complessivamente 22 miliardi, si riduce al momento all’11% per via dell’effetto superbonus che nell’area “tira” appena 2,2 miliardi, determinando uno squilibrio a favore del Centro-Nord piuttosto rilevante. Pesa, dicono i tecnici, l’abusivismo edilizio, molto diffuso al Sud ma anche quello che il Pnrr definisce «norme assai minuziose quanto ai requisiti e ai presupposti» per le incentivazioni alle imprese localizzate nel Mezzogiorno. Per semplificarle e dunque favorire un approccio più agile veloce alle pmi meridionali è prevista l’istituzione di una commissione a Pazzo Chigi (è probabile che la presiederà la stessa Carfagna) entro il 30 giugno.

Ma sulle dotazioni del Pnrr previste per il Mezzogiorno, ferma restando oltre il 50% quella sull’Alta velocità ferroviaria, è soprattutto alle voci turismo e cultura che i “conti” non sembrano ancora tornare.

In termini percentuali siamo infatti intorno al 30% del totale delle risorse e a nessuno sfugge il valore strategico dei due comparti per l’economia di quest’area. A quanto pare, la scelta del governo di puntare soprattutto sulle città d’arte ha fatto finora la differenza, considerando ad esempio il peso di realtà mondiali come Venezia o Firenze. Ma nell’entourage della ministra per il Sud si fa capire che la partita non è ancora definitivamente chiusa e che avere garantito le risorse per il recupero dell’Albergo dei poveri di Napoli non può restare una sorta di “eccezione alla regola”. 

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Confermato il 60% delle risorse per i nuovi asili nido (attraverso uno o più bandi) ma la stessa percentuale riguarderà anche la costruzione di nuovi impianti per il ciclo rifiuti in un contesto, quello dell’economia circolare, che prevede la metà della spesa (pari a 5,5 miliardi) al Sud. A proposito di bandi, ce ne sarà uno (o forse più di uno) fino a 2000 progetti destinati alla povertà educativa e in particolare al recupero dei minori a rischio (la spesa è di 220 milioni). Il capitolo bandi, peraltro, apre uno scenario un po’ diverso da quello che presumibilmente ipotizzavano Regioni e Comuni, solleciti a spedire a Roma in questi mesi idee e progetti locali (come sollecitato dal precedente governo) soprattutto su infrastrutture e lotta alla povertà che nella maggior parte dei casi non troveranno posto nel Pnrr.

La scelta del governo Draghi di privilegiare Piani nazionali per le singole missioni (una sorta di macro Pon, cioè, più che macro Por, mutuando il linguaggio dai fondi strutturali europei) potrebbe cioè creare qualche polemica. È vero che nel Pnrr è stato inserito anche il Fondo complementare da altri 30 miliardi per aumentarne la capacità di spesa anche oltre il 2026 ma è altrettanto vero che in esso sono già confluiti i progetti degli ecosistemi dell’innovazione (la replica del modello di San Giovanni a Teduccio in altre città del Sud) e della viabilità nelle aree interne. Gli obiettivi, in altre parole, restano più che validi ma i tempi di realizzazione superano quelli del Pnrr. 

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