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Pensioni, opzione donna come cambia? L'ipotesi di tornare al vecchio sistema per pochi mesi

La clausola lega l'uscita anticipata dal lavoro al numero dei figli

Pensioni, opzione donna come cambia? L'ipotesi di tornare al vecchio sistema per pochi mesi
Pensioni, opzione donna come cambia? L'ipotesi di tornare al vecchio sistema per pochi mesi
di Mario Landi
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 1 Dicembre 2022, 10:56 - Ultimo agg. : 2 Dicembre, 11:19
5 Minuti di Lettura

Pensioni, Opzione donna potrebbe cambiare ancora: anche la formulazione molto restrittiva messa nero su bianco in manovra potrebbe subire nuove modifiche. La clausola che lega l'uscita anticipata dal lavoro al numero dei figli continua a far discutere e il governo è al lavoro per trovare una soluzione.

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Opzione donna, l'ultima ipotesi

Ritornare alla versione di Opzione donna in vigore finora, ma con una proroga temporanea. È una delle ipotesi, secondo quanto si apprende da fonti della maggioranza, allo studio per modificare la norma contenuta in manovra, che proroga di un anno la possibilità di uscire anticipatamente dal lavoro ma la limita a tre categorie di lavoratrici e innalza l'età legandola al numero di figli. La mini proroga della norma attuale consentirebbe di risparmiare risorse (prorogare la vecchia Opzione donna costa circa 110 milioni), con l'idea, tra 6-8 mesi, di arrivare a una riforma più complessiva del sistema pensionistico.

Inchiesta @juventusfc, chiesto il rinvio a giudizio per #agnelli, Nedved e altre dieci persone https://t.co/uRj8431iHg

— Il Messaggero (@ilmessaggeroit) December 1, 2022

In discussione 

In particolare, l'esecutivo è a caccia di fondi aggiuntivi per allargare la platea potenziale di lavoratori under 36 che possono essere reclutati dalle aziende grazie allo sgravio dei contributi. Con la legge di Bilancio, infatti, il governo ha confermato il taglio, riconosciuto nella misura del 100% nel limite massimo di importo pari a 6 mila euro annui, per chi assume lavoratori che non abbiano ancora superato i 35 anni e che non sono mai stati occupati a tempo indeterminato con lo stesso o con altro datore di lavoro nel corso dell'intera vita lavorativa. In pratica si tratta di un beneficio, in favore dell'azienda, pari a 500 euro mensili, che è un importo ridotto nel caso di rapporti di lavoro a tempo parziale e riproporzionato in base alla misura di 16,12 euro. E per ogni giorno di fruizione dell'esonero contributivo. Lo sgravio è previsto per un periodo massimo di 36 mesi o di 48 mesi per le assunzioni registrate nel Mezzogiorno. Inoltre sono esclusi dall'esonero i premi e contributi relativi all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

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Per fruire degli sgravi contributivi i datori di lavoro non devono avere proceduto a licenziamenti individuali per giustificato motivo. In particolare nei 6 mesi precedenti all'assunzione oppure nei 9 mesi successivi. La misura esclude i datori di lavoro che abbiano effettuati licenziamenti collettivi nei confronti di lavoratori inquadrati con la stessa qualifica. E nella stessa unità produttiva. «Chiederemo alla maggioranza un impegno ulteriore sulla detassazione dei nuovi assunti, anche per offrire un lavoro a giovani che oggi vivono col reddito di cittadinanza, e per aumentare le pensioni più basse, gravemente erose dall'inflazione», ha spiegato il leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. E, secondo quanto filtra da fonti di maggioranza, questo desiderio sarà realizzato.
Altro tema caldo sul tavolo del governo, la discussa norma su Opzione donna. Che potrebbe essere nuovamente corretta. Dopo l'iniziale modifica, che legava l'età al numero dei figli e la successiva frenata con l'ipotesi di tornare all'impostazione originale, la versione finale del provvedimento è molto restrittiva rispetto al sistema attuale (pensione anticipata con almeno 35 anni di contributi a 58 anni per le dipendenti e 59 per le autonome).

Opzione donna, pensione anticipata solo per tre categorie di lavoratrici 

L'anticipo pensionistico resta, ma relegando le beneficiarie a tre categorie di donne: caregiver, cioè che assistono coniuge o parente con handicap; con invalidità civile superiore o uguale al 74%; licenziate o dipendenti di imprese con aperto un tavolo di crisi. A questo si aggiunge l'innalzamento dell'età d'uscita a 60 anni, che viene legata al numero dei figli: può essere ridotta di un anno per ogni figlio, fino al massimo di due (solo per le licenziate o dipendenti da aziende in crisi la riduzione a 58 anni è a prescindere dai figli). Un doppio paletto che limita in questo modo la platea da 17 mila a 3 mila uscite nel 2023 per una spesa di 20,8 milioni (contro i 110 dell'attuale versione).

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Opzione donna, le risorse 

La questione ha suscitato molte polemiche ed il governo è a caccia di risorse (servono circa 80 milioni solo per il 2023, molti di più nel triennio) per riuscire a garantire subito l'uscita anticipata ad altre 14 mila donne lavoratrici che rischierebbero di essere escluse con la nuova normativa. Le possibilità di successo su entrambi i fronti (assunzione giovani e Opzione donna) sono elevate ma i margini finanziari sono stretti.
In una recente riunione, il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti è stato chiaro fissando un tetto, 400 milioni, al tesoretto che sarà messo a disposizione dei gruppi parlamentari per la loro lista dei desideri. La lista dei desideri non è lunghissima, ma è onerosa, tanto da preoccupare la premier Meloni, memore di quello che capitò al suo predecessore, Mario Draghi, nella manovra approvata lo scorso anno.
Per quanto riguarda infine il Superbonus infine Fdi, come anticipato dal Messaggero, ha chiesto di posticipare i termini, attualmente scaduti il 25 novembre, per il deposito delle Cilas per l'avvio dei lavori almeno al 31 dicembre e sbloccare i crediti d'imposta.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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