Pnrr, appalti da rifare per l’aumento dei prezzi

Pnrr, appalti da rifare per l’aumento dei prezzi
di Nando Santonastaso
Giovedì 21 Aprile 2022, 06:00
4 Minuti di Lettura

Il governo assicura che «verranno trovati i fondi per assorbire il picco dei prezzi delle materie prime, legato anche alla guerra e al caro-energia», come ha spiegato in questi giorni il ministro per le Infrastrutture e la Mobilità sostenibili Enrico Giovannini. Ma in attesa di un decreto ad hoc è arrivata dalla magistratura amministrativa la spinta forse decisiva per accelerare il percorso e rispondere alle legittime preoccupazioni della filiera dell’edilizia (da tutta Italia si paventa ormai da settimane il rischio di un blocco degli appalti pubblici, da quelli del Pnrr alle opere della ricostruzione nelle aree terremotate del Centro). 

Il Tar del Lazio, nell’ambito del primo stralcio dei lavori per il nuovo porto di Fiumicino, ha accolto infatti l’istanza cautelare proposta dall’Ance (l’Associazione nazionale costruttori edili), e da Eteria Consorzio stabile, Fincantieri Infrastructure Opere marittime, Fincosit, Savarese Costruzioni, Consorzio Integra, Rcm Costruzioni, Sacchetti Verginio srl (aziende in gran parte napoletane) che avevano giudicato incongruo l’importo dei lavori messi a gara dall’Autorità portuale locale pari a circa 43 milioni di euro. Per il Tribunale vale «il principio secondo cui nelle gare pubbliche la base d’asta, pur se non deve rispecchiare necessariamente i prezzi medi di mercato, non può esser fissata in modo arbitrario con conseguente alterazione della concorrenza».

Inoltre, «la determinazione del prezzo a base di gara non può prescindere da una seria verifica, soprattutto nelle congiunture economiche sfavorevoli, della reale congruità rispetto alle prestazioni e ai costi per l’esecuzione dell’appalto».
È la prima, importante risposta all’allarme sull’insostenibilità degli attuali prezzari per le gare di appalto, diventati inconciliabili con gli aumenti dei costi delle materie prime e le conseguenze del conflitto in Ucraina.

Incongrui, appunto. Non a caso stanno aumentando le gare andate deserte o il numero di imprese che frenano pur essendosi aggiudicate i lavori, come denuncia il presidente di Ance Napoli, Angelo Lancellotti, a margine del seminario “Lavori Pubblici: l’esecuzione del contratto - Le misure per contrastare l’eccezionale aumento dei prezzi dei materiali e il ruolo del Collegio Consultivo Tecnico” svoltosi ieri a Napoli.

Video

«Il pericolo è che il Pnrr non riesca assolutamente a decollare - spiega Lancellotti -. Come Ance abbiamo chiesto di rinunciare a delle opere pur di far partire almeno la maggior parte di queste con dei prezzari aggiornati» Il fattore tempo non consente troppi margini di manovra: «Con la deadline del Pnrr fissata al 2026 non ne abbiamo molto – ammette Lancellotti -. Servono perciò norme urgenti che consentano di gestire i lavori in corso e quelli che devono essere banditi, altrimenti c’è il rischio di non finirli secondo il cronoprogramma».

In difficoltà le stazioni appaltanti ma qualcosa, come detto, si sta muovendo a livello governativo. Placido Migliorino, provveditore alle Opere pubbliche di Campania, Molise, Puglia e Basilicata, conferma che il ministero si sta attivando per «un’applicazione immediata di una compensazione dei prezzi». In sostanza, «noi Provveditori dovremo, per quanto possibile, velocizzare la contabilità e la liquidazione delle somme già nelle disponibilità del quadro economico». «È ovvio - prosegue - che se ci saranno dei cantieri e dei lavori già affidati per i quali il quadro economico non dà sufficiente copertura finanziaria, si dovrà fare richiesta al fondo istituito per sovvenzionare gli esuberi rispetto alle disponibilità». 

Che i prezzi siano schizzati alle stelle è un dato di fatto. Ci sono aumenti che hanno toccato il 50 per cento come il bitume che fino a pochi mesi fa veniva comprato a 55 euro a tonnellata e costa adesso 90 euro. «Ma non c’è un solo materiale che si sia salvato dagli aumenti – dice il presidente uscente di Ance Gabriele Buia -. Spesso sono aumenti a due cifre dell’80-90%, cioè molto vicini alle tre cifre. E ci sono materiali, come il ferro e gli isolanti, che dal 2020 a oggi hanno superato addirittura il 100%». Generando, oltre tutto, anche extra-costi: «Il calcolo – spiega Buia - è presto fatto: per il 2022 abbiamo stimato Sal, gli Stati di avanzamento lavori, cioè una produzione, pari a 33 miliardi di euro. Le due maggiori stazioni appaltanti, Anas e Rfi, hanno aggiornato i prezzari alla luce dell’ultima revisione del 2021, prevedendo aumenti medi del 25%. Quindi dobbiamo aspettarci 7-8 miliardi di extra-costi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA