Pnrr, cantieri in ritardo. Le imprese: «La burocrazia sta rallentando le opere»

Per Ferrovie e strade rallentamenti a causa delle autorizzazioni ambientali. Brancaccio (Ance): «Bisogna intervenire subito, in gioco c’è la riuscita del Piano»

Pnrr, cantieri in ritardo. Le imprese: «La burocrazia sta rallentando le opere»
Pnrr, cantieri in ritardo. Le imprese: «La burocrazia sta rallentando le opere»
di Andrea Bassi
Mercoledì 31 Gennaio 2024, 00:01 - Ultimo agg. 15:24
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Il Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza, accelera. Ma non corre. Anzi. Ci sono 9 miliardi di grandi opere che hanno difficoltà a partire. L’allarme è stato lanciato dall’Ance, l’associazione dei costruttori, che ha presentato il suo «Osservatorio congiunturale» per il 2024. Il rapporto spiega che sono tre le ragioni per le quali il cammino di queste grandi opere si è fermato: problemi autorizzativi in materia ambientale, sovrapposizione di regimi normativi differenti e, infine, carenze progettuali. Il paradosso è che molte fasi, dalla pubblicazione dei bandi alle aggiudicazioni, sono diventate molto più veloci. I cantieri si inceppano nell’ultimo miglio, quello della partenza dei lavori. «Rileviamo rallentamenti forti nella fase di esecuzione, per le solite criticità del nostro paese: autorizzazioni, intoppi e imprevisti», ha sottolineato la presidente dell’associazione dei costruttori Federica Brancaccio. «Bisogna intervenire lì, perché nei prossimi tre-quattro mesi si giocherà il futuro del Pnrr». 

Tra i cantieri consegnati alle imprese ma non ancora a pieno regime, ci sono 8,5 miliardi di opere ferroviarie, tra cui anche la Palermo-Catania, 300 milioni di investimenti stradali, 200 milioni nel settore idrico e 100 milioni di investimenti nei porti. Ma come detto, come rileva la stessa associazione dei costruttori, il Pnrr ha comunque inaugurato in Italia un nuovo modo di fare investimenti. C’è stata una fortissima accelerazione nella fase di programmazione e riparto degli investimenti, così come un significativo taglio dei tempi di affidamento e cantierizzazione delle opere. Da un’analisi compiuta su un campione di 7.921 cantieri aperti per un valore di oltre 15 miliardi, è emerso che i tempi che vanno dalla pubblicazione del bando all’apertura del cantiere, oggi passano in media 3,8 mesi, contro i 19,1 mesi del 2020. Ma è sulla fase esecutiva, come detto, che si addensano le preoccupazioni dei costruttori. Non solo sui 9 miliardi di grandi opere, ma anche sul resto del piano. C’è un’incognita che riguarda i nuovi profili finanziari emersi dopo la rimodulazione del Pnrr contrattata con l’Europa. Le rate che Bruxelles versa all’Italia sono cambiate: più “leggere” tra il 2024 e il 2025, più “pesanti” nella fase finale del piano. Questo comporterà, ha rilevato l’Ance, una riduzione delle dotazioni di cassa per lo Stato tra il 2024 e il 2026 di una cifra che oscilla tra i 10 e gli 11 miliardi. Avendo meno cassa, le amministrazioni potrebbero ritardare i pagamenti alle imprese rallentando il cammino dei cantieri. 
Ma il rapporto presentato dall’Ance, non si ferma alla sola analisi del Pnrr.

Il dossier fa soprattutto il punto sullo stato di salute del settore e sulle prospettive per l’anno che è appena iniziato. Che, va detto, non sono rosee. La fine del Superbonus farà ridurre del 7,4% gli investimenti sull’edilizia quest’anno rispetto al 2023. E questo nonostante la spesa sulle costruzioni degli enti pubblici aumenterà di un quinto, grazie proprio ai soldi del Pnrr. Ma questa crescita dei fondi europei non riuscirà a compensare il crollo del 21,3 per cento del mercato delle case.

Il passaggio

Per Brancaccio si tratta di un chiaro «campanello d’allarme». L’edilizia, ha aggiunto ancora la presidente dei costruttori, «ha contribuito per un terzo all’eccezionale Pil degli ultimi tre anni del Paese. Un rallentamento dell’edilizia rischia», è la conclusione, «di far tornare la stagnazione». Per il 2024, le previsioni sul comparto delle opere pubbliche sono di una crescita del 20 per cento, pari a circa 10 miliardi di euro aggiuntivi rispetto al 2023. Ma il traino del Pnrr, come detto, non sarà sufficiente per compensare il calo dell’edilizia abitativa, previsto al 21,3 per cento rispetto al 2023. Da qui la previsione di un calo del 7,4 epr cento nel complesso per l’edilizia rispetto all’anno precedente. Nel 2023, i bonus hanno generato lavori per oltre 80 miliardi, di cui 44 miliardi (9 in più rispetto al 2022) relativi al superbonus. Secondo l’Ance la fine del contributo al 110 per cento e il ridimensionamento degli incentivi per l’efficientamento energetico e sismico porteranno a un crollo del 27 per cento del mercato della riqualificazione abitativa e del 4,7 per cento delle nuove costruzioni (con un meno 21,3 per cento complessivo). Resta poi secondo l’Ance, una fitta nebbia sul futuro delle costruzioni. «Noi», ha spiegato Brncaccio, «non vediamo una politica industriale con una visione a medio e lungo termine. Nella legge di bilancio», ha aggiunto, «di tutte le risorse appostate fino al 2037, il 92 per cento è assorbito dal ponte sullo Stretto. Non possiamo che essere d’accordo su un’infrastruttura così importante, che unisce il continente alla Sicilia. Ma finito il Pnrr, qual è la politica di settore, quale mercato ci aspetta?». Domanda, per ora, senza risposta.

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