Porti, nel Mezzogiorno boom del traffico merci

Porti, nel Mezzogiorno boom del traffico merci
di Nando Santonastaso
Sabato 8 Ottobre 2022, 07:43 - Ultimo agg. 17:23
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Cagliari e Augusta, in Sicilia, rispettivamente 2° e 3° in Italia nel segmento energy. Taranto 2° per le rinfuse solide (carbone, gramaglie, minerali ecc.). Salerno 4° per il Ro-Ro (i traghetti che trasportano carichi su gomma e su rotaia). E Gioia Tauro al 1° in assoluto per tonnellaggio complessivo. I porti del Sud sembrano finalmente invertire la rotta: già strategici per la loro collocazione in chiave euro-mediterranea, hanno dimostrato nei primi sei mesi del 2022 di poter intercettare gli aumentati volumi del traffico merci sul grande mare, tornato centrale a livello geopolitico mondiale, come documenta in modo esemplare il Rapporto 2022 Italian Maritime economy di Srm, la società di ricerche collegata al Gruppo Intesa Sanpaolo.

La performance fa notizia (passa ormai dagli scali marittimi meridionali il 45% del traffico merci nazionale): il Mezzogiorno esprime in tutti i comparti valori di peso percentuale molto superiori a quelli di Pil (22%), numero di imprese e di addetti. E l'impatto del traffico via mare ha un valore sempre più consistente per il territorio: l'import-export sul totale del traffico stesso è pari al 64% conto una quota del 36% dell'Italia, avendo superato i 41 miliardi di euro con un balzo del 53% sull'anno precedente (la media nazionale si attesta al 42%). A questi dati vanno aggiunti quelli relativi ai primi investimenti di aziende private nelle Zes, dalla Campania alla Sicilia, a quella Jonica tra Puglia e Basilicata: decisiva l'entrata in vigore dell'autorizzazione unica, voluta dal ministro per il Sud Mara Carfagna, che ha sburocratizzato le procedure e garantito ben altra attrattività alle aree retroportuali.

«Intesa Sanpaolo ha garantito nei primi mesi di quest'anno 200 milioni ad aziende che operano nell'area Zes della Campania sul totale di 670 destinati a sostenere la liquidità delle aziende della regione», rivela Giuseppe Nargi, Direttore regionale Sud del Gruppo. Molto, inoltre, si attende dalle risorse stanziate dal Pnrr per i porti (4 miliardi a livello nazionale, circa un terzo al Sud) anche se ora i conti e soprattutto i costi dei vari interventi sono sotto esame alla luce della crescita abnorme dei prezzi delle materie prime e dell'energia.
L'immagine, insomma, di un settore che prova a scrollarsi di dosso l'etichetta del vorrei ma non posso sembra decisamente in miglioramento.

Ma la rota resta in gran parte ancora complicata. E non solo per i ritardi del pubblico. I dati pubblicati di recente dal magazine Ship2Shore che segue l'economia del mare e dei trasporti documentano che appena il 25% delle risorse assegnate in questi giorni alla logistica dal ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili è finito ad aziende del settore che operano al Sud. Due terzi degli investimenti, 117 milioni compresa la quota statale (si tratta di soldi stanziati per favorire lacquisto di nuovi mezzi per il trasporto ferroviario delle merci, soprattutto) se li sono assicurati i gruppi impegnati nell'intermodalità del Nord. Più bravi loro? No, semplicemente dal Mezzogiorno sono arrivate pochissime richieste.

È vero che i porti del Sud sono, come dicono i tecnici, «vocati al mare più che all'entroterra» ma è anche vero che quello dei collegamenti ferroviari con le aree interne e di qui con le grandi direttrici del trasporto nazionale su rotaia resta un limite enorme. Anche per questo, la rimonta dei porti meridionali è incoraggiante. E lo è soprattutto il peso sul comparto Energy (petrolio greggio e raffinato) che oggi raggiunge, in base ai dati del Rapporto Srm, il 47% dei rifornimenti e delle esportazioni petrolifere via mare dell'Italia, essendo il terminale di importanti pipeline dal Nord Africa e dall'Asia. «È la conferma della nuova centralità del Mediterraneo - spiega Massimo Deandreis, Direttore generale di Srm - che si sta trasformando da semplice mare di transito a mare dove crescono i commerci e le attività logistiche, e dove i porti a partire da quelli italiani e in particolare del Mezzogiorno diventano sempre più importanti anche nel loro nuovo ruolo di hub energetici. Ecco perché le ingenti risorse che il Pnrr ha destinati al potenziamento delle infrastrutture portuali e alle Zes rappresentano un'occasione irripetibile per rafforzare il ruolo dell'Italia nel Mediterraneo e per lo sviluppo del Mezzogiorno».

La guerra in Ucraina ha sicuramente aperto una prospettiva importante al Mezzogiorno in chiave di approvvigionamento energetico. Ma nei dati di Srm si legge che già prima del conflitto il settore marittimo made in Sud aveva dimostrato tutta la sua competitività: con il Ro-Ro e le autostrade del mare incide oggi per il 49% sul totale Italia), avendo svolto un ruolo chiave in fase pandemica in quanto «cinghia di trasmissione di un trade di prossimità e trasporto di veicoli pesanti sottratti alla strada». «Nel Mediterraneo tra i primi 10 porti per Ro-Ro 7 sono italiani e tre meridionali», conferma Alessandro Panaro, responsabile Maritime & Energy di Srm. E aggiunge: «Sono stati frantumati tutti i numeri del 2019 a dimostrazione del fatto che ormai per il 69% il sistema produttivo meridionale dipende dal mare».

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