Top 500 Campania, l'evento: qui c'è l'impresa che sa innovare

La resilienza e la genialità di un territorio nella ricerca condotta da PwC, network

Top 500 Campania, l'evento: qui c'è l'impresa che sa innovare
Venerdì 16 Dicembre 2022, 10:02 - Ultimo agg. 17 Dicembre, 10:06
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Se si guardano i risultati di bilancio delle 500 aziende pubblicati in questo inserto e monitorati da Pwc non si può non convenire che il tessuto produttivo della Campania cresce e migliora le sue performance

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Il 2021, l'anno al quale i dati si riferiscono, non è passato sotto traccia nella regione più forte e importante sotto l'aspetto economico (e non solo) del Mezzogiorno: il rimbalzo del Pil nazionale dopo le ferite della pandemia è arrivato fin qui ed è proseguito anche nel 2022, almeno per i primi due trimestri, prima cioè di fare i conti con emergenze in parte nuove, come gli effetti della guerra in Ucraina, e in parte annunciate, come l'inflazione, provocata dall'aumento del costo dell'energia e delle materie prime.

 

Ha ragione la Svimez nel valutare il futuro a breve termine con preoccupazione (eloquente il meno 0,4% previsto per il Pil del Sud nel 2023 mentre le altre macroaree del Paese proseguono in segno positivo). Ma è proprio dall'analisi attenta di ciò che è accaduto negli ultimi 16-18 mesi nel Mezzogiorno che si rafforza la sensazione di una rinnovata solidità del sistema delle imprese locali, per lo più di piccole e medie dimensioni ma capaci di resistere all'emergenza sanitaria grazie anche ai sostegni di Stato e Regione. Se insomma è vero, come sostiene da tempo il direttore generale di Srm Massimo Deandreis, che non si può parlare più ormai di un solo Mezzogiorno ma di tante realtà spesso non omogenee tra di loro, è altrettanto vero che la Campania dimostra di poter continuare ad avere la leadership meridionale sui grandi asset di sviluppo, dall'industria aerospaziale all'automotive, dalla farmaceutica al turismo, dall'agroalimentare alla moda. E di affidare alla Zes costruita attorno ai porti di Napoli, Salerno e Castellammare di Stabia, la prima in Italia, una grossa opportunità di attrarre nuovi investimenti che rimangono la chiave decisiva per la crescita duratura del territorio.

Non parliamo ovviamente di una sterile e magra consolazione di fronte a problemi che ancora sono lontani dall'essere risolti (lavoro, sostenibilità ambientale, sicurezza) ma di un ruolo strategico della regione all'interno di un'area che rischia di perdere altri 5 milioni di residenti tra denatalità e fuga al Nord nei prossimi tre decenni, e di conseguenza di restare ancora di più ai margini dello scenario economico e sociale del Paese e dell'Europa.

Questa percezione non è peraltro una sorta di operazione buonista. Nell'ultimo Position Paper di Ambrosetti, dedicato all'ecosistema della ricerca e dell'innovazione in Campania, nel quale sono state raccolte con la tradizionale rigorosità scientifica gli indirizzi di sviluppo del territorio e le relative azioni e policy attuative, con approfondimenti su Scienze della Vita, Aerospazio, Agritech ed Economia Circolare, si leggono dati e statistiche di una regione viva e competitiva su terreni a dir poco decisivi per il futuro del Paese. «Il Pnrr può rappresentare un'opportunità senza precedenti per sviluppare le filiere strategiche della Campania e i progetti bandiera», scrive Ambrosetti, che ha anche valutato, in base ad un suo modello, «gli impatti strutturali del Pnrr sulla crescita della Campania».

«Tali impatti potranno incidere sulla crescita della regione per un prolungato orizzonte temporale con un aumento duraturo del tasso di crescita medio del Pil: assumendo che questo effetto vada a ridursi in un decennio, al 2036 il differenziale di PIL sarebbe del +16,1%, ha spiegato Valerio De Molli, Managing Partner & CEO di The European House Ambrosetti, presentando nei giorni scorsi le principali risultanze del Position Paper.

Ottimismo eccessivo? No, a giudicare dai parametri valutativi su cui poggia la previsione. L'ecosistema accademico, ad esempio: «Le Università campane si contraddistinguono per una formazione di eccellenza che ha portato alla nascita di numerose startup innovative e importanti spin-off, resa possibile anche grazie a un percorso di affiancamento del sistema-Impresa al sistema accademico», sottolinea Ambrosetti. E ricorda che la Campania è seconda in Italia per numero di iscritti all'Università, con un totale di 234,7 mila studenti nel 2021: «La crescente attrattività negli ultimi anni è frutto anche dell'apertura di nuovi corsi di laurea all'avanguardia e alle sinergie create con il sistema delle imprese, soprattutto con la case history delle Academy. Questi risultati hanno consentito alla Regione di migliorare il saldo migratorio degli studenti del 7,3% tra il 2016 e il 2020, anche se ancora oggi è leggermente negativo. Tra le aree di miglioramento resta la predisposizione di servizi per la vita degli studenti (come, ad esempio, alloggi e accoglienza) d'avanguardia e in linea con i più alti standard europei».

Ne conseguono risultati che non tutti conoscono o sono disposti a considerare nella loro importanza. La ricerca, altro esempio: la Campania è prima nel Mezzogiorno e settima in Italia «per investimenti in Ricerca e Sviluppo con un valore di 1,4 milioni di Euro (+7,7% tra il 2016 e il 2020)».

E ancora al primo posto nel Mezzogiorno «per incidenza degli investimenti in Ricerca e Sviluppo sul Pil pari all'1,3% (valore in costante crescita rispetto al 2016, in cui la quota era pari all'1,2%)» anche se rimane ancora nettamente al di sotto rispetto alla media italiana (1,5%). «La regione è anche prima nel Mezzogiorno per numero di ricercatori nel 2020 (14,9 mila, pari al 7% del totale nazionale), registrando la 3a crescita più elevata d'Italia in questo indicatore (+21% tra il 2016 e il 2020)».

Ci sono poi i dati sull'innovazione a rafforzare la percezione di un sistema che sia pure tra mille difficoltà e contraddizioni è comunque in marcia. La Campania è prima nel Mezzogiorno per numero di brevetti depositati (con un totale di 2.782 tra il 2010 e il 2020), terza in Italia per numero di startup innovative, con un totale di 1.400 circa (il 10% del totale nazionale) e per numero di incubatori certificati attualmente 6 con copertura di tutte le province e seconda per tasso di crescita delle startup innovative nel biennio 2020-2021 (+17,6%). «Ad accrescere la capacità innovativa del territorio ricorda opportunamente Ambrosetti è il recente avvio di due acceleratori della rete nazionale di Cassa Depositi e Prestiti che supporteranno startup e spin off nei settori della digital health e dell'economia circolare». La Campania è inoltre la prima regione in Italia per imprenditorialità giovanile, con il 7,7% di titolari di imprese individuali under 30 (5,6% la media Italia).

Si può dire insomma, come fa Ambrosetti, che «la Campania è di fatto la locomotiva industriale del Sud Italia: produce il 32,4% del Valore Aggiunto della manifattura meridionale. Nel quinquennio 2017-2021, la Regione ha registrato la terza crescita più elevata delle esportazioni manifatturiere pari al 23,2% (vs. 14,4% media Italia), evidenziando una forte propensione all'internazionalizzazione delle imprese.

La crescita delle esportazioni campane è trainata anche dal contributo dei settori ad alta tecnologia, che pesano circa il 45% del totale nel 2021». Ma anche il peso delle Scienze della Vita contribuisce a rendere la Campania una delle regioni più all'avanguardia. Gli addetti del settore farmaceutico sono più che raddoppiati tra il 2016 e il 2021 (+105%), superando di 100 punti percentuali la crescita media italiana (1.863 addetti diretti che diventano 4.075 se si considera l'indotto), mentre le esportazioni sono passate da 931 milioni di euro nel 2017 a 2,1 miliardi nel 2021. Nel campo delle biotecnologie la Campania ha, inoltre, incrementato il numero di imprese del 69% tra il 2015 e il 2020 (cotro il 14% media Italia), arrivando a pesare per il 36,9% del totale di tutte le imprese biotech presenti nel Mezzogiorno (59 imprese, pari al 7,5% del totale nazionale). La Campania, inoltre, si posiziona al primo posto nel Mezzogiorno e al 4° posto a livello nazionale per numero di docenti universitari e ricercatori nelle Scienze della Vita al 2021 (1.565 persone).

Nessuna sorpresa perciò se, superando seccati culturali e pregiudizi di ogni genere, si scopre che è in Campania che nell'ambito della mobilità sostenibile si realizzerà la più grande rete digitale di proprietà regionale finalizzato alla realizzazione di un sistema integrato d'infrastrutture tecnologiche, applicato a tutti i comparti della mobilità regionale e unico in Italia grazie alla sua elevata estensione territoriale e il numero di soggetti coinvolti. O che nonostante il freno della pandemia l'Aerospazio conti su 308 imprese, pari a circa l'8% delle imprese attive sul territorio nazionale, con l'export della filiera a quota 1,8 miliardi di euro, pari al 14% del totale delle esportazioni regionali.
Sono punti di forza pari a quello dell'agritech, dove le sfide (inevitabili) della sostenibilità e dell'innovazione tecnologica non fanno più paura come in passato. Oggi la Campania rappresenta la sesta economia nazionale per Valore Aggiunto del settore agroalimentare nel 2019, generando 4.443 milioni di euro, pari al 4,5% del Valore Aggiunto generato dalla regione nel suo complesso. E lo stesso vale per la Bioecnomia: primo posto nel Mezzogiorno per Valore Aggiunto generato dalla Bioeconomia (6 miliardi di euro), primo posto nel Mezzogiorno e al quinto posto in Italia per export agroalimentare (3,5 miliardi), undicesimo posto nel Mezzogiorno e al quarto posto in Italia per Eco-investimenti in prodotti e tecnologie green (36,1 milioni di Euro), primo nel Mezzogiorno e quarto in Italia per incidenza della produzione di bioenergia sul totale della produzione energetica (oltre il 9,0% del totale). «Grazie al suo ruolo da capofila in questa filiera, la Campania è diventata la sede del Centro Nazionale per lo sviluppo delle Nuove Tecnologie in Agricoltura».

Restano naturalmente le incognite provocate dall'attuale congiuntura economica che non risparmia sicuramente la Campania. «La crisi inflazionistica presenta rischi concreti per la sostenibilità dei bilanci di famiglie e imprese, con effetti più allarmanti nel Mezzogiorno scrive non a caso la Svimez -. Con riferimento alle famiglie, a subire maggiormente le conseguenze dei rincari della bolletta energetica e dei beni di prima necessità sono i nuclei a reddito più basso, per i quali l'incidenza dei costi incomprimibili arriva a coprire circa il 70% dei consumi totali. Queste famiglie sono maggiormente concentrate nel Sud Italia. In base ai dati Istat 2021, infatti, una famiglia su tre residente nel Mezzogiorno si colloca nel primo quintile di spesa equivalente (presenta una spesa media mensile minore o uguale alla spesa media del 20% più povero di tutte le famiglie italiane).

Nelle altre aree del Paese, la percentuale è nettamente inferiore: le famiglie collocate nel primo quintile di spesa sono circa il 13% nel Nord e poco più del 14% nel Centro. Considerando l'inflazione acquisita per l'anno in scorso dell'8% per tutte le voci di spesa (dato previsionale Istat riferito a ottobre 2022), si osserva un incremento dell'8,9% per i beni alimentari e del 34,9% per la voce «abitazione, acqua, elettricità e spesa per combustibili». È uno scenario sul quale occorre la massima attenzione possibile: perché in Campania sempre maggiore è il numero di neet, i giovani che non studiano né cercano un lavoro, e di percettori del Reddito di cittadinanza. Due fenomeni che sarebbe sbagliato definire marginali.
 

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