Renzi prepara la svolta Pd: basta vincoli e palude Cgil

Gianni Cuperlo e Matteo Renzi
Gianni Cuperlo e Matteo Renzi
di Mario Ajello
Mercoledì 18 Dicembre 2013, 09:00 - Ultimo agg. 18:26
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Io non concerto niente, piuttosto i concerti li organizzo a piazza del Duomo. Il new deal di Matteo Renzi parte dall’economia, perchè è quello il luogo della scossa che tutti si attendono. Lì si giocano le sorti della sua leadership e del Pd ma soprattutto quelle dei «giovani come nuovo proletariato» che deve finalmente trovare il proprio riscatto.



FLEXSECURITY E ALTRO

Il tempo per decidere se la va o la spacca è pochissimo, dunque il new deal - che non si compone soltanto di proposte di legge, come il Job Act a cui da oggi la nuova segreteria democrat comincia a lavorare e sarà pronto subito dopo le feste natalizie in un mix di più flessibilità e più garanzie (flexsecurity) a cura di Madia-Taddei-Faraone: la trinità dem sui temi lavoro-economia-welfare - ha fretta di proporsi come nuovo pensiero forte.



Come una sorta di weltanschauung che racchiude ambizione (parola che Renzi sdogana a sinistra), comunicazione (idem), decisione («la concertazione dev’essere pro-tempore e produrre subito decisione, sennò significa palude», parola di Davide Faraone), merito (Renzi come Blair ha dichiaro guerra all’egualitarismo straccione), speranza (l’hope di Obama), nuove politiche di redistribuzione (cosa fu il new deal originario? Anche se stavolta non Roosevelt ma l’economista Giavazzi è uno dei punti di riferimento teorici di Matteo) e rottura di tabù come la dipendenza dalla Cgil. Susanna Camusso ieri ha detto: «Non esiste con Renzi l’impossibilità del dialogo ma poi vale il merito delle proposte». E le prime proposte di Matteo non stanno piacendo a quel sindacato ma trovano ascolto in Cisl e Uil per non dire del feeling ”rottamatorio” con Landini.



O ancora: l’atteggiamento nei confronti della web society, come simbolo del ”nuovo” e anche di certa America prediletta da Matteo, da cui deriva il disaccordo di Renzi sulla google tax lettiana. Anche se questa materia è più sfuggente rispetto all’anti-burocrazia: «Aprire un’azienda in Italia è un casino», ha detto Renzi inaugurando Eataly-Firenze. Nel new deal rientra una nuova concezione anche dell’italianità. Significa nell’ottica renziana che il nuovo Pignone di Firenze è stato venduto agli americani (i quali si rivolgono a lui per sapere come e dove investire, e il tramite è l’ambasciatore statunitense John Phillips buon amico di Renzi) e in vent’anni ha decuplicato il fatturato.



O ancora: «L’italianissima Gucci - spiega Matteo - è stata comprata dai francesi e dieci anni dopo fa quattro volte il fatturato che faceva prima». E Monclear, che è l’esempio opposto? Perfetto anche quello. Approcci così, che piacciono alla Confindustria di Squinzi, anche se ieri il vice-presidente Aurelio Regina ha avvertito: «I nuovi contratti non siano a spese delle aziende». Ovvero: il Piano sul lavoro contiene - oltre all’estensione della cassa integrazione ai giovani non garantiti e il superamento dell’articolo 18 - il contratto unico con finanziamenti per la formazione e per la ricollocazione nel mercato del lavoro (le risorse possono essere trovate nelle ”pensioni d’oro”, secondo i renziani) ma gli imprenditori temono di dover pagare loro questi soldi.



IL CUNEO

Su un altro aspetto, minori difficoltà. Quello così riassunto dal professor Taddei, titolare dem per l’economia: «Riducendo il carico fiscale sulle aziende, si ottiene sia una riduzione del costo del lavoro sia un aumento del salario netto». Una guerra di religione, ma in ambito sindacale, potrà intanto essere scatenata dall’emendamento presentato da Dario Nardella, fedelissimo del leader ed ex vicesindaco di Firenze, alla legge di Stabilità. Prevede il taglio del 90 per cento dei distacchi e dei permessi sindacali retribuiti nel pubblico impiego per dirottare le risorse al fondo per la non autosufficienza e ai malati di Sla. E però, se il sindacato è al massimo della sua debolezza, e potrebbe squagliarsi di fronte a Matteo, è anche vero che - come risulta dallo studio pubblicato ieri su «Europa» - la gran parte dei votanti delle ultime primarie sono stati lavoratori dipendenti e anziani. Un dato di cui Matteo non potrà non tenere conto, almeno un po’.



Intanto, a gennaio parte la prima «campagna di ascolto» (le chiamano pure «primarie tematiche»), ossia il giro d’Italia di Renzi nelle scuole, tra incontri con insegnanti, studenti e molti dei 5000 assessori locali all’istruzione del Pd. Il new deal è anche un fatto di metodo, insomma. Ma soprattutto una scommessa.
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