Pistola nascosta in casa, l'ex consigliere
della Lega di Avellino rinviato a giudizio

Pistola nascosta in casa, l'ex consigliere della Lega di Avellino rinviato a giudizio
di Alessandra Montalbetti
Venerdì 17 Gennaio 2020, 08:39 - Ultimo agg. 09:57
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Rinvio a giudizio per Damiano Genovese. Per l'ex consigliere comunale della Lega il processo inizierà il prossimo 17 marzo dinanzi al tribunale di Avellino, in composizione collegiale presieduto dal giudice Luigi Buono.
A stabilire che l'ex consigliere comunale - accusato di possesso d'armi illegali e ricettazione, reati aggravati tuttora dal metodo mafioso - dovesse affrontare l'istruttoria dibattimentale, il gip De Lollis, del tribunale partenopeo dinanzi al quale è stata celebrata l'udienza preliminare la scorsa settimana. Per il 36enne, figlio del boss ergastolano Amedeo Genovese, il pm della Dda Anna Frasca aveva chiesto il rinvio a giudizio. Il 36enne fu tratto in arresto per la detenzione di armi illegali il 24 settembre scorso, mentre le indagini sul suo conto sono state chiuse l'11 novembre con la richiesta al gip di fissazione dell'udienza preliminare e rinvio a giudizio.

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A Damiano Genovese è stata contestata dal pubblico ministero della distrettuale antimafia anche l'aggravante mafiosa, in quanto a suo avviso avrebbe agevolato il Nuovo Clan Partenio. Una contestazione relativa proprio al possesso e alla ricettazione della pistola automatica, una calibro 7,65, risultata rubata ad Avellino quattro anni fa. Ma la difesa, rappresentata dagli avvocati Gerardo Santamaria e Claudio Mauriello, tenteranno di dimostrare, nel corso del dibattimento, come non via sia stata alcuna agevolazione del clan. L'arma fu ritrovata dai carabinieri del comando provinciale di Avellino, agli ordini del comandante Massimo Cagnazzo, nell'abitazione di Genovese, ubicata in contrada Sant'Eustachio, nel corso di una perquisizione. Controlli eseguiti dai carabinieri in seguito alla segnalazione della presenza di alcuni bossoli e delle auto danneggiate dinanzi all'abitazione dei Genovese. Successivamente, dalle tempestive indagini svolte dai militari dell'Arma e dagli uomini del nucleo investigativo coordinati dal capitano Quintino Russo emerse che Genovese aveva subito un atto intimidatorio la notte del 23 settembre, quando alcune persone in sella a uno scooter esplosero raffiche di mitra contro la sua auto e quella di suo zio Antonio (indagato a piede libero nell'inchiesta Partenio 2.0 e accusato di associazione a delinquere, usura e turbata libertà degli incanti) parcheggiate nel cortile di casa. Quella sera una pattuglia dei carabinieri si recò sul posto ed effettuò una perquisizione domiciliare. Fu lo stesso imputato, a consegnare l'arma ai militari. Era in un armadio. Per lui scattò la misura degli arresti domiciliari, ai quali è tutt'ora sottoposto.

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