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Il Mattino

Desirée, la mamma: «Non perdono gli assassini di mia figlia, sono belve. Vorrei abbracciarla di nuovo»

di Michela Allegri e Adelaide Pierucci
Articolo riservato agli abbonati
Lunedì 21 Giugno 2021, 08:29 - Ultimo agg. : 22 Giugno, 10:04
4 Minuti di Lettura

Nessun segno di pentimento è arrivato in questi anni di carcere. E c'è il rischio, concretissimo, che Brian Minthe, condannato insieme ad altri tre uomini per l'omicidio di Desirée Mariottini, possa fuggire. Non ha una fissa dimora e, già nell'ottobre del 2018, mentre la sedicenne di Cisterna di Latina stava morendo a causa del cocktail di droghe e farmaci che le era stato somministrato, lui aveva preferito scappare piuttosto che chiamare i soccorsi. Minthe non uscirà di prigione: la Procura di Roma, ieri notte, dopo la sentenza di condanna per il branco che ha ucciso Desirée, ha chiesto e ottenuto una nuova misura cautelare per omicidio a carico dell'africano. La notizia della scarcerazione di Minthe, condannato dalla III Corte d'assise di Roma a 24 anni e 6 mesi di reclusione, era arrivata con la lettura del dispositivo da parte dei giudici.

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Omicidio Desirée, la violenza


Lo straniero era detenuto solo con l'accusa di violenza sessuale, mentre ieri è stato condannato per omicidio e assolto dalla contestazione di stupro: durante il dibattimento è emerso che sul corpo e sui vestiti di Desirée il suo Dna non era presente. Assolto dall'accusa di violenza - ma condannato a 27 anni per l'omicidio - anche Alinno China, difeso dall'avvocato Giuseppina Tenga, che è già pronta a presentare appello: «Secondo i pm l'omicidio è stato commesso per nascondere lo stupro. L'accusa contro il mio assistito non regge». Secondo i difensori, inoltre, sul corpo della ragazzina sarebbero stati trovati Dna di altre persone, mai identificate. Per la violenza e l'omicidio, avvenuti in uno stabile abbandonato in via dei Lucani, nel quartiere San Lorenzo di Roma, sono stati condannati all'ergastolo Yousif Salia e Mamadou Gara. Secondo l'accusa, e secondo diversi testimoni, quando Desirée era in fin di vita Salia avrebbe impedito ai presenti di chiamare i soccorsi.

Video


LA RABBIA
La notizia del nuovo arresto di Minthe rincuora Barbara Mariottini, la madre di Desirée. Il pensiero che uno degli uomini che hanno ucciso la figlia stesse per uscire di prigione, nonostante la condanna, era insopportabile. Per Barbara quella dopo la lettura della sentenza - arrivata nell'aula bunker di Rebibbia dopo 9 ore di camera di consiglio - è stata una notte lunghissima. Una notte di ricordi, di pianti, di rabbia. L'idea che uno degli aguzzini della figlia potesse essere scarcerato l'ha lacerata. «Sono stata male, agitata, preoccupata. Ho passato una notte insonne con tanti pensieri e tanti pianti - ha raccontato - Per me era inconcepibile pensare che uno di quelli che hanno ucciso Desirée, condannato a 24 anni e 6 mesi per questo, uscisse tranquillamente dal carcere».ù


«NESSUN PERDONO»
Dimenticare è impossibile, perdonare è impensabile: «Per gli aguzzini di mia figlia provo rabbia, odio, non riesco a perdonare. Non capisco perché si sono accaniti su Desirée, violentata, sofferente, in agonia. Non hanno voluto aiutarla, perché altrimenti avrebbe raccontato tutto. Sono rimasti a guardare mentre lei moriva davanti ai loro occhi. Chi può fare tutto questo senza un minimo di pietà? Solo dei mostri, delle belve». Barbara sperava che le richieste della Procura venissero accolte in pieno e che, come sollecitato dal pm Stefano Pizza, tutti e quattro gli imputati venissero condannati all'ergastolo. «Mi hanno strappato Desirée all'improvviso, poco più che bambina. L'ultimo ricordo che ho di lei è mentre esce da casa per andare dalla nonna. L'ultimo saluto, e quell'abbraccio più forte che avrei dovuto darle». Poi, i sogni e i progetti, che non si realizzeranno più: «Io e Desirée avevamo un progetto: volevamo andare a vedere l'aurora boreale, ci teneva tanto, ma l'ultimo viaggio lo ha fatto senza di me ed è stato senza ritorno. Lei immaginava tutt'altro futuro: era attratta dall'arte, dai colori, dai suoni. Avrei voluto che seguisse la sua passione per i viaggi e per tutto ciò che era bellezza». In questi anni Barbara non è mai andata in via dei Lucani, nel palazzo dell'orrore, «fa troppo male. E fa male anche pensare anche che ci siano tanti altri luoghi dell'abbandono. Lì non ci sono mai andata, non ce la faccio, ho un vuoto nello stomaco. Ci sono tanti posti a Roma e in altre città come quello di San Lorenzo e sinceramente non capisco perché non mettano delle pattuglie a presidiare. Tutti sapevano che quello era un luogo di spaccio, violenza, ricovero per irregolari. Una terra di nessuno nel cuore di Roma».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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