La scrittrice Flavia Gasperetti: «Maternità sì o no, basta contrapposizioni e giudizi»

Flavia Gasperetti
Flavia Gasperetti
di Valentina Venturi
Sabato 22 Agosto 2020, 11:32
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Flavia Gasperetti ha scritto “Madri e no. Ragioni e percorsi di non maternità” (Marsilio editore, collana Nodi), un saggio ricco di informazioni, con cui l’autrice cerca di sfatare i luoghi comuni sulla scelta di avere o meno un figlio. Eludendo tentazioni ideologiche o posizioni preconcette, Gasperetti svolge una vera e propria indagine, tra le domande, i percorsi, le posizioni e le scelte della non maternità, portando dati, esperienze e culture spesso in conflitto. Come quello che è successo in Nebraska nel 2008: a causa dell’aumento degli infanticidi, venne promulgata una legge che tutelava le madri che avessero voluto partorire e abbandonare il neonato. Fin qui tutto relativamente normale. Il problema è sorto quando i genitori hanno iniziato ad abbandonare tredicenni: il legislatore ha dimenticato di specificare che i minorenni abbandonabili non dovevano superare una certa età.
 
Come è nata l’idea di un libro sul "non" essere madri?
«Tutto ha avuto inizio da un primo nucleo di 50 cartelle che scrissi un paio di anni fa, in risposta a chissà quale stimolo. L'ascoltare o leggere l’ennesimo testo sul tema mi faceva capire come venisse trattato male o che se ne stesse parlando in modo inutilmente contrappostivo. Alla fine è iniziato dal mio compulsare tutto ciò che viene scritto e detto sull’argomento e dirmi: “Ma non stanno così le cose!”».
 
Un interesse personale?
«Sono stata sempre curiosa di questo argomento, una questione non attinente al femminile in special modo. Secondo me la frase “voglio far esistere una persona nuova nel mondo” è una questione capitale e in qualche modo le risposte che uno dà mi interessano tutte. Mi sono ritrovata, nel mio consumo di informazione quotidiana sui social, sui post o guardando i quotidiani, a leggere da anni ogni notizia e pezzo di opinione sull’argomento».
 
La storia del Nebraska è vera?
«Cercavo degli esempi sul dolore di chi è genitore e poi se ne pente. Quando ho letto la legge del Nebraska ho riso molto: non hanno per errore specificato l’età del bambino. Mi diverte perché credo che le persone che hanno figli facciano vite difficili e abbiano un quotidiano complicato. Sento discorsi non dico sentimentali, ma per i genitori è importante che la loro decisione venga considerata nobile e giusta. Ma l'idea di un signore del Nebraska che abbandona tutti e cinque i figli mi fa ridere».
 
Un capitolo si intitola “Dimenticherai i dolori del parto”.
«La Bibbia dice “con dolore partorirai figli”. Siamo in un Paese particolare, dove dobbiamo partorire con dolore ma in molte Regioni d’Italia partorire non attraverso il taglio cesareo elettivo è difficilissimo e non per volontà della donna, ma perché sono programmati. Certificare la sua qualità di madre passa anche per questa prova iniziatica, del dolore che sarà capace di sopportare. Mi sembra problematico ma penso che come per tutte le cose, come per fare figli come per non farli, l’unica risposta sia “fai come vuoi”».
 
E l’allattamento?
«Da osservatrice e storica mi insospettisco quando vedo che persone che hanno difficoltà ad allattare al seno per tanti motivi, ne soffrono. E poi noti piccoli vespai che si scatenano anche sui social; mi ricordo gli attacchi a Chiara Ferragni che in una foto con il figlio aveva del latte di formula. Ma la donna deve soffrire per forza?».
 
Cosa spiega con “Madri e no”?
«Qualsiasi ideale normativo vuoi imporre sarà una forma di coercizione. Che sai il parto iper medicalizzato o il parto naturale a tutti i costi, se non tiene conto che siamo tutte diverse, sarà un’imposizione».
 
Si definirebbe femminista?
«Certo: siamo il prodotto di tante cose e anche del femminismo. Il fatto che siamo qui a parlare, che abbiamo impeghi, che votiamo, che facciamo una serie di cose è merito del femminismo. È una cittadinanza incompleta ma ci stiamo lavorando!».
 
Ha un augurio?
«Spero che sia un libro che contribuisca affinché tutti noi si parli per fare chiarezza e non per contrapporsi. Questa cosa che i genitori e i non genitori quando parlano finiscono per sentirsi giudicati è una cosa che nella mia esperienza quotidiana resta vera. E colora il dibattito sistematicamente. Madri e non, non vedetevi nemiche una con l’altra: il nemico non siamo noi, sono solo due sentieri paralleli ma non sono divergenti».
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