Marte, missione solo per donne: le astronaute consumano meno ossigeno e resistono meglio allo stress. La storia: da reiette a predilette

Gli ultimi test dicono che sono le più idonee ma fino agli anni Settanta venivano scartate

Le astronaute Christina Koch e Jessica Meir, protagoniste della prima passeggiata spaziale al femminile (fonte: NASA Johnson, Flickr)
Le astronaute Christina Koch e Jessica Meir, protagoniste della prima passeggiata spaziale al femminile (fonte: NASA Johnson, Flickr)
di Paolo Ricci Bitti
Mercoledì 26 Luglio 2023, 12:37 - Ultimo agg. 27 Luglio, 20:55
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Da reiette a predilette. Scartate dalle selezioni della Nasa poco più di due generazioni fa, adesso si punta su di loro per il viaggio più mirabolante nella storia dell’Umanità: il volo interplanetario diretto a Marte.

Sì, fra le millanta ipotesi di un raid inedito di oltre 500 milioni di chilometri e della durata di oltre un anno, avanza quella di un equipaggio solo femminile. Tre o quattro astronaute che secondo sempre più ricerche e studi potrebbero compiere fra una ventina d'anni l’andata e ritorno fra Terra e Pianeta Rosso con più possibilità di riuscita. Sarebbe il primo e ad altissimo rischio viaggio che non comprenderà l’ammartaggio (ok, non lo scriveremo più), ma “solo” alcune orbite attorno a Marte prima di avviare il rientro verso la “biglia blu”.

Sei mesi per andare, qualche giorno per orbitare attorno a Marte e poi sei mesi per tornare. A bordo dell’astronave solo donne perché consumano meno cibo, meno acqua, meno ossigeno, perché sono più resistenti al nemico più temuto (le radiazioni cosmiche) per avere gli organi riproduttivi interni e perché, infine, possono risultare più affidabili nell’affrontare situazioni di estremo stress.

LE PORTE IN FACCIA

Sono solo ipotesi, ma sono talmente tanti i quesiti senza risposta di queste prime missioni marziane che da qualche parte bisogna iniziare a scrivere qualche possibile risposta. Che rivincita per Linda Halpern e per tutte le donne americane che negli anni Sessanta incassarono solo porte in faccia dalla Nasa: lei scrisse nel 1962 al presidente J.F.Kennedy del suo sogno di diventare astronauta, ma la National Aeronautics and Space Administration le rispose con una lettera passata alla Storia: «Grazie per la sua coraggiosa disponibilità, ma non abbiamo attualmente in programma di includere donne nei voli spaziali a causa del grado di addestramento scientifico e di volo e delle caratteristiche fisiche richiesti». Che ipocriti: per forza che le donne non avevano “quel grado di addestramento”, i futuri astronauti americani erano scelti fra i piloti militari collaudatori, ruolo che era riservato all’epoca solo agli uomini. La Nasa non cambiò idea nemmeno l’anno seguente, quando la sovietica Valentina Tereshkova divenne la prima donna ad andare nello spazio. Di fatto sarà necessario attendere fino al 1983 per celebrare la prima americana in orbita, Sally Ride, che poco prima di imbarcarsi sullo Space Shuttle ricevette una lettera commovente da Linda Halpern, poi diventata avvocata. Non è poi che da allora le quota rosa abbiano colorato tanto lo spazio: sono poco più di 70 le donne con le “ali” da astronauta rispetto ai circa 550 maschi. Tuttavia l’ultima “leva” della Nasa ha selezionato 9 uomini e 9 donne per le missioni Artemis destinate alla Luna, con il nuovo “primo passo” che il presidente Obama ha garantito a una donna. Sempre poco per recuperare il tempo perduto fra pregiudizi confutabili già fra gli anni 50 e 60: il medico chirurgo “Randy” Lovelace, che stava esaminando i futuri astronauti americani, effettuò con fondi privati studi e test sulle donne. Esami identici a quelli riservati ai top gun: ben 13 delle 25 partecipanti risultarono idonee. Migliore apparato cardio-vascolare e più resistenza ai test di isolamento, insomma migliore “tenuta” psichica.

LA RICERCA

Risultati più che incoraggianti, ma già nel 1961 il programma venne cancellato. Risultati che riecheggiano nelle ipotesi che prediligono le donne per le missioni di lunga durata come sarà il viaggio verso Marte, voli in cui sarà determinante risparmiare ogni grammo di peso e ogni centimetro cubico nelle astronavi. La ricerca pubblicata di recente su Scientific Reports evidenzia che gli uomini, mediamente di taglia superiore alle donne, possono consumare fino al 30% in più di energia, fino al 60% in più di ossigeno e fino al 17% in più di acqua, producendo il 30% in più di anidride carbonica. I moduli abitativi per donne potrebbero essere inoltre più piccoli e quindi meno pesanti facendo così risparmiare carburante. Non presenta invece questioni di genere l’ipotesi che resterà tale fino alla fine di queste missioni, ovvero che questo primo equipaggio inviato verso Marte potrebbe non tornare sulla Terra. 

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